«Dovevi proprio sparargli?» domandò Emma, con le spalle al muro, le braccia incrociate sul petto e gli occhi fissi sulla schiena di Diux.
L'alieno rialzò la testa dal circuito su cui stava lavorando da ore, imprecando nella sua lingua. «Sì e lo rifarei» disse poi, lanciandole un'occhiataccia. «Non puoi andare a infastidire mio padre?»
Emma si scansò dal muro e lo raggiunse, posizionandosi al suo fianco e guardando il suo lavoro. Cavi su cavi, scatolette colorate, mollette, pinze e magneti: non sapeva minimamente cosa fosse quella roba, o a cosa servisse, ma le venne comunque voglia di toccare. Alzò l'indice sinistro e lo avvicinò a un cavo di un graziosissimo turchese acceso.
«Ma sì, dai» bofonchiò Diux, distraendola. «Dopo tutto il casino che abbiamo fatto per farti arrivare viva fin qui, muori folgorata.»
Emma ritrasse la mano e si grattò le bende che aveva sul collo. Dalla vita in su le prudeva ogni singolo centimetro di pelle, era la sostanza che le avevano messo addosso per farla guarire dalle ferite, aveva spiegato Zerx, precisando una cosa: «NON GRATTARTI» le urlò contro Diux, facendola trasalire.
L'umana sospirò a lungo, roteando gli occhi. «Prude da impazzire» lamentò, mordendosi un labbro.
Lo Scavii fece spallucce, continuando imperterrito nel suo lavoro.
Emma mosse qualche passo per la stanza, annoiata. I suoi occhi errarono fra le pareti, impigliandosi poi su di un piccolo insetto che si dimenava in una ragnatela tentando, invano, di sfuggire dal suo destino. Le venne subito in mente una delle canzoni che aveva trovato anni e anni prima nelle collezioni di suo padre, che era sempre stata una delle sue preferite nell'adolescenza. Iniziò a canticchiarne il ritornello sovrappensiero:
«Come on baby, don't fear the reaper,
Baby take my hand, don't fear the reaper...»Si sentì irrimediabilmente osservata e appena girò la testa si ritrovò di fronte Diux in piedi che la fissava con tutti e quattro i suoi occhi ridotti a fessure. «Vattene» sibilò, indicandole la porta.
«Dai Diux, là fuori mi annoio ancora di più... Ci sono solo ragnatele e corridoi infiniti in questo posto!»
Lo Scavii sbuffò. «Vai da qualcun altro, io sto lavorando.»
«Se tu non gli avessi sparato saprei da chi andare» lo rimbeccò subito Emma, tornando, per l'ennesima volta in quei due giorni, sullo stesso argomento.
Diux le puntò un dito contro, minaccioso. «Ti ho facilitato le cose, non lamentarti.»
Emma scosse la testa. «Non farò nulla prima di avergli parlato.»
«Spero che la tua decisione non dipenda da lui.» La fulminò con lo sguardo, facendosi sempre più alto e minaccioso.
«Ho addirittura la possibilità di scegliere?» domandò Emma, alzando un sopracciglio.
Diux le rivolse un sorriso sghembo. «No, effettivamente no. Se tu decidessi di non aiutarci ammazzerei il mutaforma, ti farei fare un bagno nel suo sangue e poi ti butterei comunque nella batteria.»
Emma si finse stupita. «E basta? Ti facevo più civile.»
Lo Scavii rise di gusto, voltandole nuovamente le spalle e tornando al suo circuito. «Se tanto hai già deciso di aiutarci, che senso ha parlargliene?» domandò, tagliando un cavetto. «Se fossi in lui, per quanto la causa possa essere nobile, non permetterei mai alla persona che amo di rischiare la vita per i miei nemici mortali.»
«Ary non mi ama» borbottò Emma, imbarazzata. «Credo» aggiunse dopo un po'.
«Ma lo hai visto?»
«E tu cosa vorresti saperne?»
Diux alzò la testa dal suo lavoro e si voltò lentamente verso Emma. «Forse lo so anche troppo bene.»
A quelle parole gli occhi di Emma si illuminarono di curiosità. «Racconta.»
Lo Scavii si rimise ostentatamente al lavoro. «Non ci penso nemmeno.»
«Mi rimetto a cantare.»
«Tanti anni fa non ero così» iniziò Diux, guardando dritto davanti a sé. «Ero uno Scavii come tutti gli altri, tranquillo, sottomesso, sognavo di diventare un buon tecnico, e, come vedi,» sventolò per aria le pinze che aveva in mano, «ho studiato molto per riuscirci. Ero così tanto normale da detestare mio padre e tutti i suoi assurdi piani e me ne allontanai appena ne ebbi la possibilità. Poi, sai come vanno le cose: incontri quella che ti sembra la creatura più perfetta dell'universo, la quale ricambia, ma c'è il classico terzo tipo, che è grosso, cattivo e potente, che non potendo averla con le buone decide di prenderla con le cattive, e quando dico cattive, intendo così cattive che lei muore. Quel giorno ho capito quanto la nostra società fosse malata, così sono tornato da mio padre, che avrebbe preferito non rivedermi mai più che vedermi in quelle condizioni. E da lì è partito tutto: ho fatto qualsiasi cosa mi venisse chiesto, sono addirittura stato tre anni con una di quelle maledette nobili solo per farmi notare dal Padrone che serviva e ottenere il giusto lavoro per mio padre e conoscere il capo dell'ordine di cui faccio parte. Se non mi fossi mai innamorato ora sarei uno stramaledetto tecnico il cui più grande problema nella vita è il tipo di lega da usare. Quindi, credimi, so bene di cosa si stia parlando.»
Emma si morse un labbro, non poteva vedere il volto di Diux, ma dal suo tono e da come stava immobile a fissare il muro di fronte a sé, capì la sua sofferenza. Se non sai cosa dire: sdrammatizza. «Ma lo sai di più quando sei fra le gambe di Kaunis o fra quelle di Alagliastra?»
Lo Scavii si voltò a guardarla malissimo, con la mascella contratta. «Alayeara.»
«Quella blu.»
Diux scosse la testa, esasperato. «Pensa alle tue di gambe e a quanto ti divertirai quando spiegherai le cose al loro unico frequentatore.»
Emma abbassò lo sguardo. Secondo le previsioni di Diux, Ary avrebbe dormito per cinque giorni ininterrottamente, ciò voleva dire che lei aveva altre 72 ore, circa, per trovare il modo meno doloroso di dirglielo. Si sentiva così tanto in colpa da sperare, per un attimo, che lui non si svegliasse così presto e che Diux, preso dall'impazienza, la costringesse a procedere nel loro piano, ponendo fine a tutti quei dubbi e paure. No, sarebbe stato troppo ingiusto, Ary non si meritava un trattamento del genere, non da parte sua. Ma come poteva dirglielo? Ehi Ary, ho deciso di aiutare gli Scavii, sì, i tuoi acerrimi nemici, quelli per cui noi umani siamo diventati voi mutaforma, e, pensa un po', quasi di sicuro ci lascerò le penne, ma lo faccio per te, per il tuo futuro. Senza di me. Sì, proprio ora che iniziavi a fare progetti. Sospirò. Non c'era un modo giusto di presentargli la questione, ma una cosa era certa, e in quello concordava persino Diux: doveva essere lei a parlarci. Doveva essere lei a dirgli tutto: il piano degli Scavii, la sua decisione di aiutarli di sua spontanea volontà, i rischi che comportava. Tutto quello, ne era certa, se Ary l'avesse appreso da chiunque altro avrebbe dato di matto.
«COSA?!»
L'urlo di Ary fece letteralmente tremare le pareti.
Emma e Diux si voltarono di scatto l'uno verso l'altro, con espressioni di puro sgomento.
«Si è svegliato...» mormorò l'umana, con un filo di voce.
L'alieno assottigliò lo sguardo. «Chi c'era a controllarlo?» domandò subito, con la sua solita razionalità.
«Tie...»
«Che nome avevo fatto quando avevo detto di non lasciarlo mai da solo con...?»
«Tie» sussurrò Emma, sentendosi svenire.
Diux si fece sfuggire solo una singola parola nella sua lingua, che Emma percepì chiaramente come un insulto alla sua persona, poi si voltò verso un grosso ammasso di cavi e ne prese uno tranciandone un lungo pezzo e iniziando ad annodarlo con foga.
Emma aggrottò la fronte, osservandolo. «Che stai facendo?»
«Un guinzaglio.»
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L'umana dal passato
Ciencia FicciónI suoi occhi rossi la fissavano da dietro le sbarre, preoccupati. Era la prima volta che lo vedeva in quello stato, la situazione gli era sfuggita di mano e non gli piaceva affatto. «Non farti uccidere, mi servi viva.» A quel punto non sapeva se rid...