CAPITOLO 1

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La strada scorreva veloce.

Il viaggio in mare era stato troppo traumatico: nessuno spazio in cui muoversi (a parte il grande spazio sulla prua pieno di gente), mare aperto, nessuna possibilità di cambiare vista all'orizzonte...

Insomma, una noia mortale. Per fortuna era durato relativamente poco e poi, c'erano mio padre e mio fratello gemello.

Il navigatore della macchina emise un bip, della serie "gira a destra adesso che ti perso l'uscita giusta".

Sospirai. -Papà, dovevi girare-.

Mio padre tolse gli occhi dalla strada per lanciarmi uno sguardo interrogativo.

Era un bel uomo, alto più di un metro e ottanta, con i capelli ramati e gli occhi azzurri. Non mi ero mai chiesta come mai mia madre si era innamorata di lui non appena lo aveva visto.

-No, dobbiamo andare dritto- rispose pigiano sull'acceleratore e cambiando la marcia.

L'Audi A3 rispose subito e i campi che stavamo attraversando furono superati.

-Ma dobbiamo andare in città! - sostenni guardandomi in giro.

-La strada è giusta, Anoushka-.

Ecco, quando eravamo Anouscka e Dimitri non c'era da discutere. Mi domandai cosa gli succedeva per essere così nervoso; di solito cambiare posto lo metteva di buon umore perché facevamo disperdere le nostre tracce.

Dai sedili posteriori si levò un lamento mentre Dimitri si stiracchiava. Alzai gli occhi al cielo: nell'ultimo periodo mangiava e dormiva, dormiva e mangiava.

Lo intravidi guardare fuori dal finestrino, poi il mio sedile fu leggermente schiacciato in avanti mentre lui ci appoggiava il busto e la testa e si lasciava andare.

-Papà- disse con voce addormentata nel mio orecchio -quanto manca? -.

-Circa un'ora-.

Dimitri emise un verso di lamentela, poi guardò l'orizzonte. -Possiamo venire qui a correre, Anouk-.

Stavo per esultare, ma nostro padre interruppe le mie fantasie.

-No. Saremo in città. Niente orecchie e niente code, ne abbiamo già parlato-.

-Cosa?- domandammo in coro io e Dimitri.

L'irritazione cominciò a prendere il sopravvento dentro di me. Poi, a un tratto, Dimitri scoppiò a ridere; mio padre fece per girarsi e riprenderlo, ma prima vide me e fu contagiato da mio fratello.

Cosa avevano di ridere?! Poi capii...alzai una mano e tastai il mio orecchio sinistro che non c'era più, sostituito da un orecchio da lupo sopra la testa.

-Non è divertente!- dissi loro incrociando le braccia - e stai zitto, Dimka, che a te spunta sempre il destro!-.

Arrabbiata tornai a guardare fuori dal finestrino.

La mano di papà mi toccò il ginocchio. -Vedremo se potremo ritagliarci qualche ora per correre, cuccioli. D'accordo?-.

Dimitri lanciò un urlo di gioia e io mi limitai a sorridere e a stringere la mano di mio padre.

Era stato l'Alfa di un branco molto potente. Un branco che era stato sterminato e di cui lui era l'unico sopravvissuto. Un sopravvissuto grazie a mia madre.

Io e mio fratello gemello ricordavamo poco niente di quel periodo: solo tante zampe e tanti lupi che correvano dietro di noi e dietro nostro padre.

Sentii l'orecchio rientrare e lasciare di nuovo spazio a quello umano.

Dimitri rimase sporto verso di noi e facendomi sentire tranquilla. Erano la mia famiglia, erano il mio branco.

Cuccioli di AlfaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora