Capitolo 7

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13 giugno
Los Angeles

Caro papà,
Non so se mi hai mai visto. Io-sono-Noah.
Tuo figlio. Sangue sporco e semi punk del tuo sangue sporco.
Mi hai dato il nome di Noè, ma lui era un eroe. Lui verrà sempre ricordato, ma io, la mamma, Emily, tu...noi no. Noi siamo figli degli eroi, macchioline sbiadite e pseudo-globalizzate. Si, ci sono persone che diventano Qualcuno, altri che non lo saranno mai. Ma nessuno è felice abbastanza, nessuno è puro quanto un eroe della Bibbia. Ma sono eroi, in fondo? Io non sono credente, non penso che esista un creatore. Mamma mi ha raccontato degli dei greci: loro sono eroi. Ho deciso di riporre la mia fede in loro. Zeus, Ade, Efesto, Poseidone, Ares, Artemide... Atena.
Ho sognato spesso Atena. La dea bella e saggia, la migliore amica della debole Pallade.
Penso che abbia i capelli scuri, ma non neri. Durante la notte si siede con me, in un prato, e insieme leggiamo, e ridiamo, e piangiamo.
Sogno il suo sorriso, la bocca rosea appena aperta, i denti bianchi splendenti.
Se la immagino umana? Si, la immagino in grado di provare emozioni. Sarà lei a rendermi migliore, lo sento. Quando sarò in difficoltà, lei scenderà sulla Terra per salvarmi.

- No- aveva sussurrato Atena, guardando le righe scritte in bella grafia, troppo precisa per uno spirito complesso e anarchico come il mio.
- Come no? -
Lei aveva balbettato, scioccata. - Come...come potevi...tu non mi conoscevi...ma hai scritto di me...io...io...ti prego, spiegami-
Io avevo sorriso, ma tristemente, quasi con una distaccata nostalgia. - Ho sognato una ragazza, ti somigliava, ma non eri te. Era più alta, meno bella ma più folgorante. E lei mi parlava, mi parlava di mio padre, di Balthazar...di tutti. -
-Prima di conoscerli? -
Avevo fatto "no" con la testa, senza sorridere. Per alcuni secondi avevo fissato il cielo.
- In quel periodo ero triste, capirai dopo. Il diario è stato scritto dalla prima audizione, e la prima pagina nel backstage, con la band. Ancora non conoscevo Balthazar, né te -
Lei aveva ripreso, con un sospiro preoccupato appena accennato.

La mamma dice che ti somiglio, che le ricordo quando l'hai conquistata, in quel bar universitario.
Ho i tuoi capelli neri, ma più lisci, corti e spettinati. I miei occhi sono verdi, come quelli di mamma, simili alle foglie delle foreste canadesi, scuri.
Non penso che ti faccia piacere sapere che ho un orecchino nero, piccolo ma aggressivo, al lobo sinistro, e un anellino di metallo scuro alla bocca.
Giocavo a calcio, ma non è mai stata la mia passione. E' la musica, qualsiasi genere, visto che sono un tipo molto aperto: il mio preferito è il punk-rock. Penso che sia un genere libero, libertà musicale, come diceva il vecchio Kurt. I Ramones, i Clash, i Blink - 182, i Green Day, i Nirvana e i My Chemical Romance sono la mia vita.
La mia voce non è melodica, ma graffiante e roca, strana per un diciassetenne.
Il mio gruppo si chiama Over the edge, ma te ne parlerò un'altra volta, se vorrai.
Non ho lasciato la scuola, (sono sempre stato assetato di sapere), ma il fatto che abbiamo deciso di iscriverci al talent ha un prezzo troppo alto: la mia popolarità è snervante, e il liceo sta diventando troppo soffocante per me. A volte sento il bisogno di staccare, così cammino sulla spiaggia, anche d'inverno, e parlo con Emily dei miei dubbi, delle mie ansie. Anche se lei non ricambia mai, visto che è felice della sua vita, circondata da bei ragazzi e dalla sua migliore amica.
In realtà l'anno scorso è stato duro per lei: la sua amica Juliette è morta di leucemia, stroncata dalla malattia che ti priva di sogni, amore e speranza, e che ti obbliga a trasformarti in un essere calvo e incostante. Penso che se mai dovessi diventare famoso, donerei soldi a qualche associazione contro la leucemia.

- E l'hai f...-
L'avevo interrotta: - Si, l'ho fatto-

Comunque, mia sorella è fantastica. In tutti i sensi: ha frequentato alcuni corsi alla Columbia, e ora lavora come modella e stilista. Sembra che stia riuscendo bene.
Ogni tanto parla di te, sai? E' convinta che tornerai, ma io so che non è vero.
E non mi dispiace, perché so che non ti importa di vedermi, ma volevo comunque parlarti della mia vita.
Ora sono seduto su una poltrona di velluto rosso, in uno studio di LA. E sto pensando a come sarebbe stata la mia vita con te al mio fianco: la mia adolescenza, gli anni in cui ho deciso che niente aveva autorità su di me...come sarebbero stati?
Forse migliori, forse peggiori, ma sarebbe in ogni caso dipeso da te.
Perché forse, se ci hai lasciato, è stato perché non eri in grado di prenderti cura di noi, della mamma, delle nostre vite.
Fai lo scrittore? L'astronauta? Emily ha detto che non si ricorda nulla sul tuo lavoro, che secondo lei avevi soldi da buttar via, visto che la riempivi di regali.
Ma a me non ne hai mai fatti, vero?
Comunque basta, oggi è uno dei giorni più felici della mia vita, e voglio godermelo.
Quindi ti saluto, ma ti prometto che ti riscriverò molto presto.
E perché no, magari sarò anche famoso.
NOAH

- Per oggi può bastare- avevo sospirato guardandola, mentre lei riallacciava con cura il nastro nero.
- Sei sicuro? -
- Mai stato più sicuro di così. -
E in realtà l'avevo detto perché la parte migliore stava per arrivare. Presto, troppo presto.

Young & Unclean - Giovani e ImpuriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora