Capitolo 1 - 17 Febbraio

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17 Febbraio

Cammino svelta su un marciapiede mal ridotto, stringendomi nel mio nuovo cappottino nero, tra le vie poco conosciute di Milano. Le scarpe che porto ai piedi hanno iniziato a darmi fastidio dal primo passo che ho fatto quella sera, dopo averle messe. Come tutte le donne, adoro le scarpe con i tacchi, soprattutto se altissime. Le amo finché non sono io a doverle portare e a subire questa atroce tortura. Inutile tortura, sottolineerei.

«Non credere che se continui a fissarle, scompariranno per magia!» mi sorride brillante Aurora, indicando con un cenno le mie fastidiosissime scarpe nere.

La fulmino con uno sguardo. Maledetta lei e questi tacchi che mi ha obbligata ad indossare. Maledetta lei e la sua idea innovativa di passare la serata a ballare in una sconosciuta discoteca di Milano.

«Ho freddo, mi fanno male i piedi e sono stufa di camminare... ma fra quanto arriviamo?» le domando.

Abbiamo parcheggiato la macchina ad almeno un chilometro dal punto in cui siamo ora. Aurora aveva paura di non trovare un parcheggio, ma secondo me la voleva tenere alla larga da questa zona. Non mi sembra proprio un quartiere di alti livelli.

Aurora è davanti a me, il cellulare in mano con l'applicazione di Google Maps aperta. Si blocca di colpo e le finisco addosso.

«Arrivate!» urla mentre svolta a destra.

Osservo una ventina di persone in fila, davanti ad un portoncino di ferro rosso, degno dei migliori film horror. Ed io non amo i film horror. Il capannone era costituito da alti muri di mattoni e le grandi finestre erano state oscurate, credo da vernice nera.

«Amica ci sei?» mi sventola una mano davanti agli occhi Aurora.

Mi rianimo all'istante e mi metto in fila con lei. Davanti a noi osservo il ragazzo rasato che porta al collo una sorta di collare appuntito. Mentre lo guardo chiedendomi il perché, si gira e mi sorride. Ha gli occhi azzurro ghiaccio. Sono impressionanti, non riesco a capire se siano naturali o lenti a artificiali.

Ma io che ci faccio qua?

Continuo a chiedermi perché mi sia fatta convincere a venire in questo posto. Io non amo le discoteche, in realtà le odio proprio. Tutta quella gente che ti viene addosso mezza

ubriaca, mentre cerchi di reggerti in piedi su due trampoli. Non fa per me.

«Hai fatto colpo!» mi sussurra all'orecchio Aurora, ridendo come una stupida.

«Non hai ancora bevuto e sei già ubriaca... perfetto!» scoppio a ridere anche io per togliermi dall'imbarazzo dato da quell'affermazione.

«Gli altri non sono ancora arrivati...» aggiunge lei.

Gli altri. Ecco un'altra ragione per la quale non arei dovuta venire. Eravamo in questo posto solo perché Aurora doveva fare colpo su Lorenzo.

Lorenzo è un mio collega, che Aurora aveva conosciuto qualche mese prima, quando si era imbucata alla festa di Natale della mia azienda. Un ragazzo piuttosto carino di ventotto anni, che credeva ancora di poter sfondare nel mondo del Rap. Non so se ce l'avrebbe mai fatta, ma chi ero io per distruggere i sogni di qualcun altro. Ero la prima a sognare ancora ad occhi aperti.

«Forse sono già dentro!» oppure non verranno, spero incrociando le dita.

«Ragazze!» sento esclamare.

Mi volto e mi ritrovo una mano sulla schiena e il viso di Lorenzo davanti agli occhi. Mi saluta con un bacio sulla guancia e poi passa ad Aurora. Quando Lorenzo si sposta mi ritrovo a guardare dritto negli occhi Massimo. Capelli corti castani, barba incolta e occhi nocciola. Massimo incarna la mia attuale cotta. Acquisto recente dell'azienda in cui lavoro, quindi mio collega da qualche mese è al centro dei miei pensieri dal primo momento in cui gli ho stretto la mano e ho fatto la sua conoscenza. Trentatré anni portati divinamente e un sorriso disarmante.

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