«Lasciami!» sbraitò Emma, rifilandogli un altro paio di pugni sulla schiena con le sue manine ossute.
«Mi fai il solletico, lo sai?»
La sentì sbuffare sonoramente e continuare a dimenarsi. Tenerla in spalla era un vero supplizio fra ginocchiate nelle costole e pugni sulla schiena, ma almeno gli risparmiava di vedere la sua espressione furente.
«Sei un testone! Non hai nessun rispetto per le mie decisioni!»
Ary si accigliò. «Non puoi proprio parlare di rispetto, tu» scandì con astio, mentre saliva l'ennesima scalinata di quella città abbandonata.
Non sapeva di preciso dove stesse andando, gli bastava solo allontanarsi dai rumori dei due Estranei che lo tallonavano e avvicinarsi sempre di più alla fonte di quell'aria fresca che gli arrivava alle narici.
«Cosa vorresti insinuare?» domandò Emma, indignata.
«Una che non ha nessun rispetto di me non se ne merita altrettanto.»
«Ma che vai blaterando? Io ti ho sempre portato rispetto.»
«Suicidarti per degli stramaledetti Scavii lo chiami rispetto?»
Nessuna risposta.
Svoltò un angolo e finalmente vide i raggi del sole farsi spazio nella polvere di quei corridoi abbandonati. Con due falcate raggiunse la grande spaccatura nel muro che conduceva all'esterno, ma, prima di catapultarsi fuori, il suo istinto lo mise in guardia: c'era qualcuno oltre quelle mura. Ebbe un attimo di esitazione, chiedendosi chi mai potesse attenderlo là fuori, poi si decise a uscire. La luce del sole al tramonto tingeva tutto di un arancione tenue, malinconico, quasi. Mosse due passi sul tetto di un'antica palazzina umana e il suo sguardo si posò sullo Scavii che stava in piedi, di spalle, a qualche metro da lui. Non aveva mai incontrato il fantomatico Zerx, ma dai racconti di Emma e Tie, lo riconobbe subito. Inoltre, quando lo Scavii si voltò lentamente verso di lui, la somiglianza con il figlio fu così lampante da non lasciare nessun dubbio ad Ary. Anche se, c'era qualcosa di profondamente diverso nel suo sguardo. Tranquillità. Un'infinita tranquillità.
«Se non ti muovi mio figlio ti raggiungerà» osservò Zerx, atono.
Ary si accigliò e sentì Emma mormorare il nome dell'alieno, sorpresa nel sentire la sua voce. «Non provi a fermarmi?» domandò di rimando, sospettoso.
«Che ne diresti di fermarti?»
Il mutaforma scosse la testa, interdetto. «No.»
Zerx fece spallucce e tornò a guardare il tramonto. «Ci ho provato.»
«Non mi sembrava un gran tentativo, in realtà.»
«Dici che dovrei prenderti in spalla e riportarti dentro?»
Emma si lasciò sfuggire una risatina e in quel momento Ary capì l'ironia dell'alieno. «Molto simpatico» sibilò a denti stretti e fece qualche passo verso il bordo del tetto.
Guardò in basso e strinse i denti: acqua. Si mise a studiare in giro, girando su se stesso, sotto lo sguardo attento di Zerx, che non fece comunque nulla per fermarlo. Era circondato da altissimi palazzi in rovina tenuti insieme soltanto da quell'intricatissima tela bianca che era C0; quella città doveva essere stata davvero enorme ai tempi degli umani, ma ora era semplicemente un ammasso di rovine mezze sprofondate nell'acqua.
«"La Libertà che illumina il mondo"» mormorò Emma.
Ary inarcò un sopracciglio, immobilizzandosi.
«Ormai sembra più "La Libertà che prova a illuminare il mondo mentre sprofonda nell'Hudson"» aggiunse dopo un po' l'umana, sempre più sconsolata.
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L'umana dal passato
Ciencia FicciónI suoi occhi rossi la fissavano da dietro le sbarre, preoccupati. Era la prima volta che lo vedeva in quello stato, la situazione gli era sfuggita di mano e non gli piaceva affatto. «Non farti uccidere, mi servi viva.» A quel punto non sapeva se rid...