L'ultimo sguardo

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Era il 13 novembre del 2013 quando io e quella splendida donna dai lunghi boccoli rossi consacrammo il nostro matrimonio davanti a Dio nella splendida città del Jackson, Mississippi.
I due anni successivi al matrimonio non furono semplici; arrancavamo con fatica a fine mese oppressi dalle tasse e dal costo dell'affitto: erano poche le volte in cui riuscivo a mettere da parte qualche soldo in più da potermi permettere di regalare una rosa o dei cioccolatini alla mia fantastica moglie.
Bastava poco per far comparire un sorriso su quel viso caratterizzato da un colore candido: lei sapeva che non ci era possibile vivere sommersi tra sfizi e gingilli preziosi e pertanto non azzardava mai richieste dai costi insostenibili.
I primi mesi era dura per me vederla rinunciare alle uscite che le sue amiche organizzavano solo perché preferiva impiegare i pochi soldi rimasti nelle bollette della luce, così, appena mi si presentò l'occasione, accettai un piccolo lavoretto straordinario come portinaio notturno. Era molto faticoso reggere gli orari che mi erano stati imposti dai due contratti lavorativi ma in palio c'era una qualità di vita un po' più al di sopra di quella che già conducevamo e così mi costrinsi a farmi andare bene la situazione.
Poi, un giorno, tutto cambiò.
L'industria in cui quotidianamente lavoravo, in quell'anno, aveva deciso di ampliare i suoi orizzonti in tre città asiatiche e altrettante città europee; pertanto ci vennero offerti all'incirca 15.000 posti di lavoro per ogni sede.
Non esitammo un attimo sul da farsi e così, nel gennaio 2015, ci trasferimmo nella meravigliosa capitale Francese, stereotipo dell'amore, dell'eleganza e della luminosità.
Il costo dell'affitto si ridusse drasticamente e mia moglie trovò lavoro come assistente veterinaria in un prestigioso studio della città qualche mese più tardi rispetto al trasferimento: finalmente riuscivamo a condurre una qualità di vita soddisfacente con tanto di colazione al bar e serata al cinema nei giorni festivi.
Sottomessi per tanto tempo alla vita costosa e difficile del Jackson, io e mia moglie non ci eravamo mai potuti permettere di svolgere cene galanti in lussuosi ristoranti dai lampadari di cristallo e così pensai che forse a Parigi, prima o poi, avremmo potuto realizzare anche quest'altro nostro sogno. Il pretesto mi balzò subito alla mente: si avvicinava la data del nostro terzo anniversario, il quale, senza ombra di dubbio, meritava dei festeggiamenti fatti in grande dal momento in cui sarebbe stato il primo ad essere festeggiato.
I soldi in realtà erano quelli che erano e, chiudendo un occhio sui lampadari di cristallo, composi il numero e prenotai a "La Belle Equipe". A lei non dissi niente riguardo ai progetti per la serata, l'avvisai solo di vestirsi distintamente e le promisi di regalarle un anniversario perfetto come, in fondo, ci saremmo meritati già da tanto.
Arrivammo al ristorante verso le 20:45 e fummo subito accolti calorosamente da un giovane cameriere.
Non era un locale super lussuoso ma, certamente, era caratterizzato da una grande eleganza: una discreta vetrata si affacciava su una strada molto popolata e, all'esterno, vi si trovava qualche tavolino. L'interno era ampio: una carta da parati damascata ricopriva buona parte della sala mentre alcune luci soffuse donavano un'atmosfera intima e piacevole.
Lei era bellissima: indossava un tubino nero che le lasciava appena scoperte le ginocchia, i tacchi non erano particolarmente alti e i suoi lunghi capelli rossi erano raccolti in una particolare pettinatura che dolcemente le incorniciava il viso mettendo in risalto il suo piccolo nasino all'insù e i suoi zigomi pronunciati.
Ci concedemmo un brindisi con tanto di vino rosso consigliato dalla casa e, poco dopo, arrivarono le pietanze che avevamo ordinato: due teneri filetti di manzo accompagnati da patate maison e insalata con salsa vinagrette.
Passammo buona parte della serata a ricordare scherzosamente i tempi in cui eravamo due giovani ragazzini protagonisti di un amore spensierato e a fantasticare su un futuro che, con tanto di sacrifici, saremmo riusciti a costruire sempre uno accanto all'altro.
Una volta finito di consumare le pietanze principali, il giovane cameriere al quale era stato affidato il nostro tavolo ci portò un variegato menù dei dessert non consapevole, però, che qualunque dolce noi avessimo scelto non sarebbe mai potuto arrivare...
È strano come le cose possano mutare a distanza di un solo attimo: un momento sei seduto al tavolo con la donna più bella di tutti i tempi, ridete, scherzate e sfogliate le immagini dei dessert in cerca di quello più prelibato, mentre l'attimo dopo il mondo sembra crollarti addosso; in quell'istante, in quei millesimi di secondo che passano tra l'impugnare l'arma e premere il grilletto, mi ritrovai sommerso dalle paure e dai rimpianti di tutta una vita.
Lui era lì, poco distante dal nostro tavolo, pronto a porre fine alle nostre esistenze con una freddezza che mai avrei creduto possibile.
Quale essere disumano era riuscito a resisterti? A resistere alla tua tremenda bellezza, a resistere a quello sguardo che era in grado di parlare, a resistere a quella bocca che dio solo sa quante volte mi sono dovuto trattenere dal baciarla.
Non riuscivo a fare a meno di guardarla.
Per un istante mi convinsi che quello che stava accadendo fosse solo un incubo e che l'indomani l'avrei trovata accanto a me, nel letto, avvolta in un leggero lenzuolo di seta che le lasciava la schiena dolcemente scoperta.
Ma invece lei era lì, per terra, inginocchiata ad una decina di passi di fronte a me.
Non mi era permesso fare niente di diverso dal guardarla, ed è brutto sapete? Avere davanti la ragazza che da sempre si è amata consapevoli che ormai sia giunta agli ultimi respiri e non poter fare nulla per donargliene altri ancora.
Come può una figura così indegna essere in grado di strappare tutti i sogni, i desideri, i traguardi ed i ricordi a qualcun altro in meno di dieci secondi?
Come può una persona rubare la vita ad un'altra senza avere nemmeno un pretesto valido? E "valido" ci terrei a metterlo bene in evidenza perché, per me, uccidere in nome di una religione travisata non ha niente a che fare con l'attendibilità.
Mi chiesi se quell'uomo potesse avere la minima idea di quanto io amassi quella donna.
Mi chiesi se lui potesse essere in grado di immaginare, anche solo a grandi linee, tutte le difficoltà che la vita ci aveva messo davanti più e più volte e che noi eravamo riusciti a superare sempre con onore, sempre insieme.
Le grida popolavano la strada a cui si affacciava "La Belle Equipe", ma non erano sufficientemente forti da sovrastare il rumore degli spari; di quello sparo.
In un momento la donna su cui avevo basato tutto il mio futuro era distesa per terra, con lo sguardo gelato.
Iniziai a realizzare che anche a me, ormai, sarebbero avanzati solo pochi secondi.
La guardai ancora, ma questa volta con un'intensità che mai in passato avevo osato utilizzare.
Mi concentrai su ogni dettaglio che la caratterizzava: le sue forme sinuose poggiavano sul terreno, circondate e ricoperte da sangue, la pettinatura si era disfatta e c'erano ciuffetti ribelli che spuntavano da ogni parte e aveva un colorito biancastro che metteva ancora più in risalto i tanti nei che da tempo stanziavano sulle sue clavicole e sul suo lungo e magro collo.
Guardai per un'ultima volta quella cicatrice dalla forma bizzarra che portava sulla spalla sinistra riguardo la quale non era mai stata capace di dirmi con certezza come se la fosse causata.
Il mio tempo stava per finire e non riuscivo a fare a meno di provare rabbia all'idea che tutte le esperienze e tutto l'impegno impiegato per condurre uno stile di vita decoroso sarebbero svaniti.
L'indomani, i sacrifici di tutta una vita sarebbero stati ridotti a mezza riga di giornale e a qualche servizio in televisione; saremmo stati all'ordine del giorno sui social e avremmo popolato le bocche di tutti i 'reporter', compresi anche coloro che non lo fanno di professione.
Alla fine, però, ciò che è successo sarebbe ugualmente rimasto solo un mare di parole come riguardo tutte le altre disgrazie del mondo: niente di più, niente di meno.
Neanche questa volta si sarebbe stati in grado di apprendere realmente verso quale disastro il mondo si sta avviando anche se, tutto sommato, probabilmente ci è già dentro.
Il Mondo potrà propagandare lo slogan "Not Afraid" per quanto tempo vorrà che tanto nessuno si accorgerà veramente in che razza di situazione ci si sta imbattendo fino a quando non la toccherà con mano. Si potranno spegnere le luci della Torre Eiffel e illuminare con il tricolore francese tutti i più grandi monumenti esistenti in segno di lutto e memoria, si potrà anche chiudere il parco di Disneyland Paris dopo 63 anni ma tanto la situazione non migliorerà finché tutti non si decideranno a rimboccarsi le maniche e a reprimere queste forme di estremismo. Anzi, la situazione potrà soltanto peggiorare dal momento in cui, con lo spegnimento delle luci e con la chiusura del parco divertimenti, si spegneranno anche i bagliori di speranza e di serenità che da sempre essi trasmettono.
Quante altre persone dovranno sottostare ad attimi di terrore di questo genere prima che qualcosa di veramente efficace possa essere compiuto?
Perché nessuno sfoglia seriamente quei libri tanto grossi e polverosi i quali si ritiene affermino che un uomo è libero di disporre della propria vita e delle vite altrui come meglio preferisce?
Quante altre 'persone' dovranno farsi esplodere prima di accorgersi che nessun Dio, in quanto tale, professa di volere uno sterminio di massa solo per prevalere sulle altre religioni?
Perché nessuno si accorge che, cristiani, musulmani, islamici o ortodossi che siano, stiamo tutti fallendo allo stesso modo? Che stiamo fallendo come persone e che ci stiamo riducendo al distruggerci da soli in nome di qualcosa che noi stessi abbiamo creato.
Lo guardai: ci riuscii.
Lo guardai e mi chiesi quale essere umano potesse provare così tanta indifferenza di fronte ad un altro uomo al punto di ucciderlo a sangue freddo; al punto di mettere una fine a quei battiti cardiaci che parevano essere sopra una montagna russa.
Quanta paura si prova in un momento del genere.
In un momento in cui si ha la consapevolezza che domani, il "domani", per sé stessi non lo potrà più essere; la consapevolezza che da un momento all'altro non sarebbe esistito più nulla e che tutto quanto ormai sarebbe giunto al suo termine.
Quanta paura provai: quanta tristezza, quanto rammarico, quanti rimpianti, quanto odio e quanta rabbia provai.
Il fatto è che la vita gioca senza rispettare le regole: non avvisa, non aspetta, non da l'occasione di terminare ciò che si sta facendo, non dà l'opportunità di fare per un ultima volta la cosa che più ci piace fare; la vita un attimo da e l'attimo dopo toglie.
Il rumore di uno sparo accompagnò i miei ultimi battiti cardiaci, poi: il silenzio.

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⏰ Last updated: Dec 01, 2015 ⏰

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L'ultimo sguardo||Micol CerettaWhere stories live. Discover now