I'm just trying to walk with you between the raindrops

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- Titolo del fest: Pick someone who's supportive
- AU/NonAU/Inspired scelto: Louis prende il bus ogni giorno alle 7am e alle 10pm. Il capolinea coincide con la sua fermata. Scendono sempre per ultimi, lui e l'autista, ma non si sono mai parlati se non per frasi di cortesia. Harry guida i bus ma non ha una macchina. E si sa, a Londra piove spesso
- Tipologia di storia: One shot
- Eventuali Side-Paring: Ziam (accenni vari).  



Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma l'aveva fatto lo stesso.
Certo, non era previsto che andasse a sbattere contro un muro e fracassasse la macchina di suo padre, ma l'aveva fatto. L'aveva presa di nascosto per portare in giro i suoi amici, si era ubriacato e, come un incosciente, si era messo al volante.
Il fatto che fosse rimasto illeso, così come tutti gli altri, non è stato visto come un segno della bontà divina dai suoi genitori, che gli avevano fatto sospendere la patente e l'avevano privato di qualsiasi altro mezzo di trasporto.
Ecco perché, quando aveva trovato lavoro in pieno centro a Londra, era stato costretto ad usare l'autobus. I suoi genitori non erano d'accordo sul fatto che lavorasse quando ancora doveva prendere la laurea, ma lui gli aveva risposto che, se avesse messo abbastanza soldi da parte, si sarebbe comprato almeno una vespa. L'avrebbe fatto coi suoi soldi e loro non avrebbero potuto fermarlo.

Usciva di casa molto presto, Louis, perché l'autobus partiva alle 7 in punto dalla piazzola di sosta e non era mai in ritardo. Certe volte non faceva nemmeno in tempo a fare colazione, ma non aveva importanza, gli piacevano queste sue giornate piene, costellate da lezioni all'università al mattino e da turni al bar la sera. Gli piacevano, perché non lo stancavano, amava studiare e amava quel lavoretto alla cassa che pagava bene.
Era anche molto contento di condividere il viaggio con Zayn, il suo migliore amico, almeno aveva qualcuno con cui parlare, quando si ritrovava solo con quello strano autista che non diceva nemmeno buongiorno o buonasera ai passeggeri.

Zayn lavorava con lui, stava al bancone e, come Louis, aveva accettato questo lavoro per avere abbastanza soldi da parte per comprarsi una bella moto. Saliva sempre due fermate dopo Louis e chiacchieravano del più e del meno in attesa della sigaretta che avrebbe dato inizio alla loro giornata. Dopo le 6 di sera, quella linea dell'autobus ospitava sempre e solo loro due e, col passare del tempo, entrambi avevano iniziato a pensare che l'autista muto fosse in realtà uno zombie.
Un bellissimo zombie, ma questo Louis non lo voleva dire ad alta voce.

Quella sera, alle 10 in punto, mentre il bar chiudeva giù le serrande, salirono sull'autobus per tornare a casa e, come di consueto, l'autista non si voltò nemmeno a guardarli.
"Davvero inquietante, riccioli d'oro" esordì Zayn buttando la sigaretta a terra prima che le porte si chiudessero. Louis sogghignò.
"Riccioli d'oro?" E doveva ammettere che l'amico aveva ragione: non era biondo, ma aveva dei capelli ricci che cadevano boccolosi sulle spalle larghe e un profilo severo, marcato, qualche neo sparso, dei brufoletti a marchiargli quel poco che vedeva del suo viso e gli occhi chiari, forse verdi, ma non ci avrebbe messo la mano sul fuoco.
Era bello, davvero, ma gli faceva anche una gran pena. Saliva su quel bus da settimane e non aveva mai sentito il suono della sua voce.
"Secondo me guida questo bus per punizione, non si può essere così depressi a quella età!"
Zayn certe volte diceva cose per le quali Louis ci avrebbe litigato volentieri perché non poteva essere così superficiale, anche se in effetti anche lui stava iniziando a chiedersi se quel ragazzo tanto bello quanto silenzioso avesse qualche problema.
"Tommo, mi stai ascoltando?" E sapeva essere parecchio odioso, Zayn, quando non gli si dava retta.
"Sì, e penso che stai dicendo una marea di cazzate, hai fumato qualche canna di troppo?"
In realtà voleva solo stesse zitto.
"No, ma domani non verrò al bar, ho già avvertito Liam, mi sostituirà Niall che è bravo anche coi cocktail, per fortuna!"
Aspetta, che cos-
"Dove devi andare, stronzo?" Louis lo conosceva abbastanza bene per sapere che c'era qualcosa sotto.
"Torno a Bradford, amico, mia sorella si laurea dopodomani e credo sia il caso che faccia il viaggio fino a Leeds con la famiglia prima che mi diseredino!"
Non aveva obiettato, Louis, erano mesi che sentiva Zayn parlare al telefono con la sorella esaurita dalla tesi che stava preparando, quindi si era limitato ad annuire, tanto a lui non sarebbe cambiato niente.
A parte per il piccolo particolare che si sarebbe ritrovato solo col l'autista-zombie per chissà quante sere.

Una volta arrivato alla sua fermata, Zayn scese dando una pacca sulla spalla a Louis che, istintivamente, aveva sentito l'esigenza di sedersi più lontano possibile dall'autista. Si era messo in fondo all'autobus ad armeggiare col cellulare quando, dopo una decina di minuti, arrivarono alla sua fermata.
Il ragazzo non se n'era accorto subito, troppo preso a mandare a quel paese Liam che, ancora una volta, non era riuscito a dire a Zayn quel che provava per lui magari anche solo accennando al fatto che gli sarebbe mancato in quei giorni.
"Ehi" sentì ad un certo punto, anche se non ne era del tutto certo.
"Devo chiudere, quindi... se volessi scendere..."
Ah, quindi l'autista-zombie aveva il dono della parola!
"S-sì, ha ragione, mi scusi" aveva blaterato Louis, mentre riprendeva al volo il cellulare che, per l'emozione, stava per cadergli a terra.
Si era alzato, quindi, e diretto all'uscita era stato costretto a passare accanto al ragazzo che sì, a quanto pare aveva proprio gli occhi verdi, riusciva a distinguerli anche al buio.
Deglutì.
"Abita qui?" Non sapeva nemmeno perché l'aveva chiesto, ma ormai la frittata era fatta.
"Buonanotte" gli aveva risposto soltanto il riccio, distogliendo lo sguardo e procedendo a passi svelti nella direzione opposta a quella dove, invece, era diretto Louis.
Che cretino, si era detto, se va via a piedi è ovvio che abiti da queste parti.
Ma poi che cosa gliene importava?
A parte l'aver constatato che oltre ad avere dei begli occhi aveva anche una bella voce?
Nulla, nulla di nulla.
Quindi aveva fatto spallucce e si era diretto a casa, dove i suoi, per l'ennesima volta, gli avevano fatto la paternale per convincerlo a lasciare quel lavoro e dedicarsi seriamente allo studio.
Lui, questa volta, gli aveva risposto che ormai aveva messo abbastanza soldi da parte e che se ne sarebbe andato a vivere per i fatti suoi. Inutili le loro proteste, Louis aveva ventitre anni, poteva fare quello che voleva e, di certo, dei suoi genitori non ne poteva più.
E poi gli mancava pochissimo alla laurea e, se avesse continuato a stare lì, sarebbe stata solo colpa loro se non l'avesse conseguita. Lo stavano prendendo per esaurimento!

Sprofondando nel suo letto disordinato, aveva preso di nuovo il cellulare tra le mani, aperto la conversazione whatsapp con Zayn e gli aveva scritto che le arpie erano state informate, che aspettava solo il suo rientro per infiltrarsi a casa sua come suo coinquilino.
L'amico gli aveva risposto dopo trenta secondi con una nota vocale in cui gli dava del deficiente, e Louis sapeva che era il modo di Zayn per dirgli che era contento, più che altro del fatto che non sarebbe mai entrato a casa sua, ovviamente.
Quindi aveva deciso fosse il caso di farsi una doccia e infilarsi sotto le coperte, in quella casa si gelava sempre, incredibile.

La mattina successiva, dalle finestre filtrava un bel sole. Non era molto caldo, come sempre in città, quindi Louis aveva sospirato, come sempre, al suonare della sveglia.
Doveva sbrigarsi, se voleva essere in facoltà in tempo per discutere col suo professore del secondo capitolo della sua tesi. Se glielo avesse approvato avrebbe potuto considerarla conclusa. Poi si sarebbe iscritto all'esame di storia del giornalismo del lunedì seguente e la sua giornata sarebbe potuta iniziare.
Uscì di casa di volata perché, ovviamente, era rimasto a poltrire troppo tempo per la colazione e l'autobus era sempre puntuale. Alle 7 in punto partiva, tolleranza zero, nemmeno per lui che lo prendeva ogni giorno.
Infatti eccolo prenderlo di corsa, con le porte che per poco non gli tranciarono un piede mentre si chiudevano alle sue spalle. Imbarazzato aveva iniziato a cercare l'abbonamento nella sua tracolla, ma l'autista gli aveva intimato con un cenno della testa di andare a sedersi giacchè erano già in corsa.
Beh, almeno l'avere sempre gli stessi orari poteva essere un vantaggio, pensò.

Circa un'ora dopo, scese alla fermata dell'università dalle porte centrali del bus e corse perché, ovviamente, era in ritardo per il colloquio per il professore.
Per fortuna era un uomo abbastanza tollerante, lo aveva aspettato nonostante avesse una lezione a momenti, e la discussione era andata benissimo. Il suo capitolo era stato approvato e quindi questo voleva dire che finalmente poteva fare colazione in santa pace.
Caffè e un enorme muffin ai mirtilli prima di dirigersi verso il dipartimento di storia del giornalismo, dove avrebbe trovato la lista per l'esame. Era il numero 649. Non ci poteva credere, ci avrebbe messo come minimo una settimana, un'altra settimana a ripetere come un ossesso quel programma che ormai odiava a morte!
Ok, non avrebbe potuto farci niente, quindi guardò l'orologio e diede inizio alla sua giornata accademica. Era giovedì e, per fortuna, aveva lezione solo al mattino.

Quella sera, quando il bar aprì (siccome Zayn non c'era era toccato a lui pensarci), la prima cosa che Liam gli chiese fu se per caso il suo migliore amico gli aveva accennato qualcosa di lui.
Non poteva fare da cupido a quei due, non ne aveva le forze.
"Chiedilo a lui, Payno, è meglio" gli aveva risposto. Niall intanto era arrivato, li aveva salutati sorridendo a trentasei denti e raccontando battute che facevano ridere solo lui, prima di entrare e aspettare che la serata si ravvivasse.
Alle 10 precise, Louis era alla sua fermata, in attesa del bus. Strano, per la prima volta non era in orario, arrivò due minuti dopo.
Le porte si aprirono e, come pensava, il mezzo era vuoto. Louis deglutì, l'autista-zombie non lo guardò nemmeno e lui decise di sedersi al primo sedile libero alla sua destra, in modo da poterlo osservare.
Ci sarebbe voluto un po' prima che arrivassero al capolinea, Louis se ne rese conto solo in quel momento che, per la prima volta, era senza Zayn a fargli compagnia.
C'era un silenzio inquietante, e il ragazzo continuava a fissare l'autista volgendo lo sguardo tra lui e il cartello sulla sua testa che informava che "è severamente vietato parlare al conducente."
Lo prese alla lettera e continuò a non dire una parola finché non arrivarono a destinazione.
"Buonanotte" disse lui per primo e l'autista, intento ad aggiustarsi i ricci ribelli, si era limitato ad un "notte" prima di sparire nell'autostazione.
Louis fece di nuovo spallucce e velocemente arrivò a casa. Decise fosse giunto il momento di iniziare a fare le valigie.
Che poi quella notte abbia fatto sogni strani non è davvero una cosa importante da sapere.

"Zayn, ma quanto dura questa laurea? Comincio a sentire la tua mancanza!"
Era lunedì, ormai, e Louis era sull'autobus, come suo solito, di ritorno verso quella che, da quella sera, sarebbe diventata a tutti gli effetti casa sua.
L'aveva trovata in affitto ad un prezzo davvero ottimo per uno studente e non era nemmeno tanto lontana da dove abitava, poteva continuare a prendere l'autobus fantasma delle 10!
Zayn, dall'altro capo del telefono, gli aveva risposto di smetterla di lagnarsi perché aveva il treno per Londra la mattina successiva, quindi poteva stare anche zitto e poi l'aveva preso in giro perché aveva messo un monolocale davanti alla vespa con cui aveva ricattato i suoi per mesi.
Ovviamente aveva ragione, ma non gliel'avrebbe mai data vinta.
Pioveva, quella sera e, arrivati a capolinea, il suo primo pensiero fu meno male che aveva preso l'ombrello, non lo faceva mai!
Era sulla soglia del bus quando gli venne spontaneo imprecare contro il temporale perché "che cavolo, ho un trasloco da fare, stasera" mentre apriva l'ombrello.
"Ti conviene rimandarlo" disse l'autista. Gli veniva sempre un sussulto quando lo sentiva parlare, visto che succedeva così raramente.
Louis aveva creduto di nuovo di esserselo sognato, magari il rumore dell'ombrello che si apriva misto alla pioggia incessante gli avevano fatto uno scherzo.
"Come, scusa?" chiese.
"Ho detto che ti conviene rimandarlo, dato che non hai la macchina" gli rispose infatti il riccio, stringendosi nel cappotto nero lungo che aveva tirato fuori da chissà dove e aspettando che l'altro scendesse per chiudere tutto.
Fu in quel momento che Louis si accorse che l'altro non aveva l'ombrello e se ne stava lì sotto la pioggia come se niente fosse a spegnere tutto (non c'era nessuno tranne loro, l'atmosfera era ideale per un film horror), mentre il suo istinto era quello di porgerglielo.
Non lo fece, ovviamente, si diresse verso casa rassegnato al fatto che sì, il trasloco era da rimandare.

Harry, intanto, stava maledicendo la sua sbadataggine. Questa storia che ogni mattina dimenticasse qualcosa che poi scopriva servirgli durante la giornata, doveva finire.
Quel giorno era toccato all'ombrello e, diamine, aveva lavato i capelli la sera precedente, non poteva credere di essere lì a trasformarsi in un pulcino.
Aveva scosso la testa mentre pensava che viveva a Londra da sempre e ancora non si era abituato ai temporali improvvisi.
Quel ragazzo, invece, lui sì che era sempre attento. Si rese conto che gli sarebbe dispiaciuto vederlo in difficoltà e non poterlo aiutare, del resto lui non era mai stato in grado di aiutare nessuno.

Harry viveva solo a poche centinaia di metri dall'autostazione. Poche pretese, una casetta modesta con due stanze, in cui ogni tanto ospitava sua sorella di ritorno dai suoi tour.
Gemma era una guida turistica e in pratica, spostandosi in tutta l'Inghilterra, non ha una dimora fissa. Harry le è sempre stato talmente attaccato che, quando si incontravano, si faceva imbottire dai suoi racconti.
Quella sera lei era lì, che lo aspettava con un thé verde e dei muffin ai mirtilli che aveva preparato lei stessa e non vedeva l'ora di abbracciarlo.
"Allora, vi siete presentati, finalmente?" Sempre dritta al punto, Gemma, tutto il contrario del fratello.
Lui era arrossito in maniera imbarazzante, perché sua sorella era convinta che tra Harry e lo studente misterioso dagli occhi di ghiaccio ci fosse un legame profondo e presto lo avrebbero capito, si sarebbero sposati e avrebbero vissuto per sempre felici e contenti.
Non sapeva come dirle che ancora non aveva capito nemmeno quale fosse il suo nome perché il tipo che sta sempre con lui - Zayn gli pareva si chiamasse - gli affibbiava sempre un soprannome diverso quando lo chiamava.
Quindi "di chi parli?" aveva detto facendo lo gnorri, ben sapendo che sua sorella l'avrebbe preso a morsi subito dopo.
"Lo sai benissimo di chi parlo! Allora?" Ma Harry non rispondeva.
"Non dirmi che... Harry!" E ovviamente lei gli aveva dato dei colpi abbastanza forti su una spalla.
"Ehi, mi hai fatto male!" Aveva provato a protestare e lei, a sua volta, gli aveva tolto da sotto gli occhi i muffin e gli aveva detto di sparire da lì. La cosa era ridicola ma, alla fine, gli era anche passata la fame.
La verità era che Harry non ci sapeva fare con le persone, zero totale, nella sua testa erano già troppe le parole che aveva scambiato con quel ragazzo. Non era colpa sua, era fatto così.

Louis il mattino dopo aveva messo la sveglia un po' più tardi.
Non aveva lezione, il turno al bar iniziava alle cinque del pomeriggio, poteva dedicare tutto quel tempo libero al suo trasloco, tanto più che aveva smesso di piovere.
Ci mise poco, perché si disse che tanto, al massimo, sarebbe passato da casa se avesse dimenticato qualcosa.
Quella sera rincontrò Zayn e il suo tragitto in autobus tornò ad essere meno inquietante.
Il suo sguardo si incrociò con quello di Harry appena saliti e furono forse i due secondi più intensi che avesse mai vissuto da tanto tempo. Forse il riccio aveva pensato la stessa cosa.
"Che diavolo è appena successo?" si era intromesso Zayn con una spallata.
"A che ti riferisci?" E Zayn sgranò gli occhi.
"C'è mancato poco vi mangiaste con lo sguardo!"
Louis sorrise e poi gli diede del cretino mettendosi a sedere perché no, era tutta una cazzata o almeno, così voleva far credere all'amico. Dal canto suo, si era sentito violato ma gli aveva fatto un piacere infinito.
Zayn aveva subito cambiato discorso, chiedendo a Louis com'era andata al bar senza di lui, se Niall avesse fatto qualcuno dei suoi soliti casini e se Liam avesse smesso di fare lo sborone con tutti.
"Lo so benissimo che mi muore dietro, ma io non..." Era imbarazzante ascoltarlo, mentre cercava di ammettere apertamente che ricambiava i sentimenti del povero Payne dal primo secondo che lo aveva visto. "...io non sono bravo a prendere l'iniziativa, tu lo sai."
In effetti, Louis poteva ammettere che entrambi facessero proprio una bella coppia di sfigati.
"Vuoi che glielo dica io?" aveva proposto, e Zayn si era illuminato per un secondo prima di "sì, ma solo se ti deciderai a dire al riccio che te lo scoperesti anche sul manubrio di questo autobus scassato" dirgli sarcastico.
"Ma di che parli!" E aveva ricevuto un'altra spallata, perché è pur vero che nessuno dei due è in grado di fare qualcosa per se stesso, ma diavolo se sono bravi a capire cosa tormenta o semplicemente interessa l'altro.
"Parlo di te e di quello lì che tanto chi se ne frega se non parla, con la bocca si può fare anche altro!"
Louis sgranò gli occhi e subito puntò lo sguardo per assicurarsi che l'autista non avesse sentito una parola.
Da lì non avrebbe mai potuto vedere il suo leggero sorriso, per fortuna.
"Per la cronaca, lui parla e..." Sapeva che avrebbe dovuto stare zitto.
"Ah, dunque ci sono stati progressi e non mi hai detto niente! Sei proprio uno stronzo, Louis!"
Intanto erano arrivati a destinazione e Louis ringraziò la coincidenza che lo salvò da quella situazione imbarazzante. Si guardarono di nuovo, per qualche secondo in più di due, mentre le porte dell'autobus si richiudevano.
Louis potè giurare di aver visto delle fossette comparire sul viso dell'autista.
Gli sembrarono perfette.

Liam Payne era tormentato e quella sera aveva deciso di addossare tutto quel tormento sul suo migliore amico. Non ce la faceva più, ma il problema era che non ce la faceva più nemmeno Louis, quindi il fatto che in meno di due ore i suoi due amici fossero a pomiciare sul retro del bar era una pura coincidenza.
Louis pensò che fosse solo una liberazione.

Era un dannatissimo lunedì sera eppure il bar era di nuovo stracolmo di gente. Per carità, a Louis non importava, anzi, considerando la vasta popolazione omosessuale che lo frequentava, le mance erano sempre abbondanti nonostante non fosse un barista.
Quella sera l'autobus era di nuovo in ritardo, di tre minuti questa volta, e il ragazzo cominciò a notare questi particolari, volendo chiedere all'autista come mai, se era semplicemente andato più piano o altro.
Quando incontri qualcuno ogni santo giorno pensi che sia normale.
"Comincia a perdere colpi, signor autista" aveva detto, salendo a bordo, da solo perché "accompagno io Zayn a casa" gli aveva detto Liam prima di tirarselo addosso e sparire.
L'autista però non aveva risposto a Louis, né lo aveva guardato, quindi si disse che ok, avrebbe accettato la sfida, avrebbe insistito, alla faccia del "è severamente vietato parlare al conducente."
Gli si era piazzato di fianco, e lo stava fissando, col puro intento di suscitare in lui una qualsiasi reazione. Probabilmente, se non fosse stato solo, non l'avrebbe mai fatto.
Ma il punto era che Louis è sempre stata una persona curiosa, ecco perché non riusciva a capire il motivo per cui Liam e Zayn ci avessero messo mesi a confessarsi i propri sentimenti. E ora non capiva perché un ragazzo apparentemente della sua età stesse guidando un autobus e non parlasse mai con nessuno. Forse era egoistico, forse sfacciato, ma era curioso e voleva saperlo.

Harry si sentiva minacciato. Sapeva che non era la reazione che una qualsiasi persona normale avrebbe avuto, ma lui si sentiva così, minacciato. Non ci sapeva fare con le persone, quindi desiderava solo essere lasciato in pace.
"Scusa, ma mi annoio da solo, il mio amico stasera mi ha paccato. Non mi farai arrestare se parlo al conducente, vero?" Era un po' imbarazzante e si sentiva anche parecchio stupido a parlare da solo, ma c'era qualcosa in quel ragazzo... qualcosa che lo attirava e chissà, se magari fosse riuscito a sapere anche solo il suo nome, l'avrebbe lasciato in pace.
Forse.
In cambio di tutte quelle parole, Louis aveva ricevuto solo un leggero grugnito e finalmente aveva capito l'antifona: era meglio se tornava a sedersi.
Harry tirò un sospiro di sollievo appena lo fece.
Louis, invece, si sentiva ribollire un po' il sangue nelle vene.

Arrivati al capolinea, non si mosse dal suo sedile, mentre il riccio si stava alzando, stava prendendo la sua borsa e, come al solito, si stava preoccupando di sigillare tutto. Lo aveva guardato perché non sapeva come dirgli che fosse il caso di scendere se non voleva restare chiuso lì. Lo aveva guardato, ma Louis pareva davvero assorto in qualsiasi cosa stesse leggendo sul suo telefono. Quindi capì, sospirò leggermente e poi lo disse.
"Ciao, allora." Due parole, e a Louis furono sufficienti per alzarsi e uscire di lì ricambiando il saluto solo con un cenno della mano.
L'aveva fatto apposta. Subdolamente lo considerò geniale.

Louis adorava la sua nuova casa. La cucina era molto spaziosa, aveva un tavolino mezzano di fronte ai fornelli e oltre quello un enorme tavolo a sei posti con sopra un lampadario in finto cristallo. Di fronte c'era il salotto con un divano color porpora, esattamente come i bordi di tutti mobili della cucina e un televisore poggiato su un mobile dove aveva potuto inserire tranquillamente lettore dvd e playstation. Ai lati, una libreria non molto grande.
La sua camera da letto, poi, era la parte che amava di più della casa: affacciava su una strada alberata che era praticamente sul retro della via principale e dalle finestre arrivava sempre uno strano odore di fiori. Amava il modo in cui la luce filtrava tra i rami.
Era la casa che aveva sempre sognato.

Viveva lì da quasi un mese, ormai, e non gli importava se doveva camminare un po' di più per arrivarci, era felice così.
Quella mattina aveva il colloquio finale col suo professore per la tesi ed era nervoso. Avrebbe dovuto revisionare l'ultimo capitolo e, se fosse andata bene, avrebbe dato l'ultimo esame e poi sarebbe stata solo questione di tempo.
Era felice e anche Harry l'aveva notato, chiunque l'avrebbe notato.
"Buongiorno" dissero infatti, nello stesso momento, cosa che pietrificò Louis davanti alle porte del bus, bloccando l'accesso alle altre persone che necessitavano di salire. Gli era salito il cuore in gola e adesso non sapeva come fare a rimandarlo al suo posto.
"Dovresti spostarti..." aveva detto il riccio rendendosi conto che era necessario.
"Il mio nome è Louis" aveva replicato, pensando di completare la sua frase, ma senza muoversi di un millimetro.
"Sì lo so, Louis... ora ti dovresti spostare altrimenti sarà un problema."
E finalmente era tornato alla realtà: aveva almeno dieci persone dietro di lui che gli sbraitavano contro di avere fretta e di farli salire. Aveva appena fatto una figuraccia colossale, ma l'unica cosa a cui riusciva a pensare era quel "lo so" che aveva appena sentito.
Ma non aveva tempo per capirci di più e, man mano che avanzava, l'autobus si riempiva di gente, quindi tanto valeva aspettare quando sarebbero stati soli, a costo di costringere Liam a portarsi via Zayn anche quella sera.

La revisione del capitolo era andata bene, avrebbe dato il suo ultimo esame circa dieci giorni dopo e finalmente, col nuovo anno, si sarebbe laureato. Era felicissimo, raggiante, avrebbe potuto comprare la vespa che tanto desiderava e, magari, trovare un vero lavoro.
L'aveva detto agli altri e Niall, ovviamente, non aveva esitato ad inventare un happy hour per il puro gusto di festeggiare l'amico.
Era felicissimo, tanto che, quando salì sull'autobus la sera, non fece nemmeno caso al fatto che era di nuovo in perfetto orario.
Stava riguardando quel che aveva scritto, perché non poteva pensare che a qualcuno piacesse qualcosa scritto da lui. Quella tesi era una sfida e lui sembrava la stesse vincendo, quindi era il momento giusto per concentrarsi su un'altra sfida.
Salì e si piazzò di fianco a Harry che stava cercando di non agitarsi al pensiero di cosa lo aspettava.

Perché quel giorno sua sorella al telefono l'aveva messo in tremenda agitazione, prendendolo in giro quando le aveva raccontato le ultime novità.
"Il minimo che puoi fare, adesso, è dirgli il tuo nome, magari dimentica che sei uno stalker che origlia le conversazioni altrui."
E quelle parole gli stavamo iniziando a rimbombare in testa, mentre sentiva la presenza di Louis al di là di quella lastra di vetro che li divideva. Lo sentiva tamburellare con le dita anche se non poteva girarsi a guardarlo perché stava guidando, e quindi "io sono Harry" disse, sperando di allontanarlo.
Povero ingenuo!
"Come facevi a sapere il mio nome... Harry?"
Appunto.
"L'ho sentito dire... dal tuo amico... Zayn, può essere?"
Se ci fosse stata una gara per chi fosse più incredulo, di sicuro l'avrebbe vinta Louis. Stavano davvero parlando?
"Mi era sembrato educato dirti anche il mio nome, a questo punto" continuò il riccio, cercando di giustificarsi.
Louis aveva aperto la bocca in una O e Harry pensò che fosse tenero, anche se lo vedeva solo con la coda dell'occhio.
Quando arrivarono a destinazione la tensione si poteva tagliare col coltello.
Andiamo, alla fine che era successo di strano? Si erano solo rivolti la parola, non sarebbe finito di certo il mondo!
Beh, il cielo non sembrava essere molto d'accordo quella sera perché, appena le porte dell'autobus si aprirono i lampi, che avevano notato in lontananza già da una buona mezz'ora, si erano trasformati in tuoni e la pioggia aveva iniziato a cadere incessante.
Tipico di Londra, e tipico di Harry dimenticare l'ombrello. Non imparerà mai.
"Ti saluto, Louis, buonanotte" aveva detto, infilandosi le mani nelle tasche del cappotto nel quale si stava facendo piccolo piccolo nella speranza di coprirsi.
Ma Harry non era piccolo, era altissimo, e Louis si sentiva in soggezione a stargli vicino mentre gli offriva l'ombrello e gli indicava la tettoia della pensilina come riparo. Era almeno venti centimetri più alto di lui.
"Non puoi affrontare questa tempesta senza nemmeno un ombrello" aveva detto, come se fosse una cosa assurda. Harry sapeva che aveva ragione, ma qualcosa nella sua testa gli diceva di fuggire da lì, il più presto possibile.
Non aveva detto più una parola, mentre tuoni, lampi e fulmini continuavano a squarciare il cielo. Era passato almeno un quarto d'ora e, sotto quella pensilina, non era volata una mosca.
Non una parola, forse semplicemente perché adesso nessuno sapeva cosa dire, o forse perché la situazione era troppo strana da gestire.
Fatto sta che la tempesta si placò, la pioggia diminuì nonostante i lampi, e Harry si allontanò da Louis continuando a stare in silenzio e sparì dietro l'autostazione. Louis lo trovò scortese, avrebbe almeno potuto ringraziarlo, ma lasciò perdere e si diresse a casa un po' intirizzito.

Una doccia era quello che gli serviva per riprendersi ed evitare un malanno, non aveva proprio voglia di rimanere bloccato a letto.
Mentre se ne stava placido sotto il getto d'acqua, non potè fare a meno di pensare a Harry.
Era così strano, enigmatico, mentre lui era così curioso, tremendamente curioso.
Non era possibile che un ragazzo così bello non avesse uno stuolo di ammiratrici (ma anche ammiratori) che bramasse di farlo suo, che lo sognasse ogni notte, perché lui stava cominciando a sentirsi tormentato da ogni cosa che lo riguardasse.
Si rese conto, guardando tra le sue gambe insaponate, che aveva una voglia tremenda di infilargli le mani tra i ricci scomposti, che desiderava assaporare le sue labbra sempre così rosse anche quando riusciva a vederle solo di profilo. Se ne rese conto e cominciò ad ordinarsi di darsi una calmata, era imbarazzante.
L'acqua fredda che si puntò tra le gambe parve servire al suo scopo.
Non aveva appena avuto un'erezione pensando ad uno sconosciuto, no.
Assolutamente.

Harry intanto stava sbuffando clamorosamente. Ovviamente i post-it che aveva disseminato per il suo appartamento nella speranza gli ricordassero di prendere l'ombrello non avevano funzionato. Di nuovo. Quindi si era tolto il cappotto, l'aveva appeso ad asciugare e, man mano che si toglieva il resto dei vestiti, si insultava da solo.
Entrò nella vasca e si insultò ancora, se lo meritava, perché doveva smetterla di essere così cretino.
Perché non aveva ringraziato Louis? Gli aveva offerto il suo ombrello, era rimasto con lui che non aveva spiccicato parola, un grazie sarebbe stato il minimo.
E invece niente, perché lui non era proprio capace, i rapporti umani restavano ancora un mistero, nonostante i suoi ventanni suonati.
Per la prima volta, dopo tanto tempo, si sentì solo, oltre che cretino.
Uscito dalla vasca e infilato l'accappattoio, il cellulare non tardò a squillare. Sapeva già chi fosse senza nemmeno guardare: Gemma.
"Ti sei presentato?" recitava il messaggio e Harry alzò gli occhi al cielo perché sua sorella era davvero pessima come cupido.
Intanto però doveva risponderle, altrimenti l'avrebbe riempito di messaggi uguali a quello per tutta la sera, lo sapeva bene.
"Sì" fu la risposta, che non tardò a scatenare la reazione della ragazza che subito lo chiamò.
Lui si scapicollò dopo essersi infilato almeno i boxer e tutto quello che riuscì a sentire furono frasi sconnesse e ad alto volume.
"Gemma calmati" aveva provato a dire, "non è successo niente, che cavolo!"
Ormai si stava chiedendo se fosse solo soggezione e non reale il fatto che gli piacesse quel ragazzo.
"No, tu ora mi racconti tutto. Come è successo? Cosa ti ha risposto, ti ha sorriso, tutto, hai capito?"
Rassegnato, cercò di girare intorno ai dettagli praticamente inesistenti di quel che era successo poco prima, e gli insulti velati di Gemma non erano mancati, come si aspettava.
"Come devo fare con te, come? Adesso devi scusarti, lo sai?"
"No, adesso mi sdraio a letto perché sono stanco, ciao sorellina!" E, senza alcuna titubanza, chiuse la comunicazione.
Harry sbuffò ma sapeva il motivo per cui la sorella era così apprensiva. Da quando aveva avuto quella delusione d'amore alle medie, non era più stato con nessuno e lei si era sentita tremendamente in colpa, perché il ragazzo in questione era il suo migliore amico ed era sicura che ricambiasse i sentimenti del fratello. Invece si sbagliava, e dopo avergli spezzato il cuore aveva rotto ogni rapporto con lui.
Peccato che per Harry sia stato un mezzo shock e da allora non credesse più tanto nemmeno al concetto di amicizia. Era molto più allegro, Harry, prima dei suoi quindici anni. Non che avesse chissà quale vita esaltante, ma era felice, stava bene. Poi il dirupo, il vuoto, la scelta di restare da solo.
Gemma era sua sorella maggiore, si sentiva in dovere di proteggerlo, solo che lui avrebbe gradito non interferisse troppo nelle sue decisioni, specie se così importanti come la scelta di un partner.
Il sonno prese il sopravvento e, con in testa l'immagine di un Louis intirizzito che lo guardava di sbieco, si addormentò.

"A me quel tipo mette angoscia!"
Zayn parlava mangiucchiando una patatina e dando pizzicotti al suo ragazzo seduto di fianco a lui, mentre Niall sorseggiava beatamente una birra.
Il bar era chiuso, quindi i quattro amici avevano deciso di fermarsi ad un pub che gli piaceva particolarmente, visto che nessuno di loro aveva voglia di tornare a casa presto.
Erano tutti studenti universitari e, chi per un motivo chi per un altro, avevano iniziato a lavorare in quel bar e a stringere amicizia scoprendosi molto simili.
"Non lo conosci, Zayn" aveva replicato Louis, già al secondo drink. La barista, sperando forse di ottenere qualcosa da lui, aveva esagerato con la dose di alcol e in pratica si stava riempiendo il corpo di vodka e sembrava non risentirne nemmeno un po', ancora.
"Perché, tu sì?"
E infatti... il moro aveva ragione, che cosa sapeva Louis di Harry? Nulla, a parte il suo nome, ed era già tanto.
"Cosa centra. Dico solo che non si dovrebbe giudicare un libro dalla copertina." Bevve il resto del drink tutto in un sorso e ne ordinò subito un altro. Scusa pessima per giustificare quel che stava dicendo.
"Tu vorresti aprirlo quel libro, Tommo, l'abbiamo capito" aveva continuato Zayn, scatenando in Niall una risata sguaiata e in Liam uno sguardo circospetto, desideroso di dettagli.
"Può darsi" rispose impertinente Louis, "ma in ogni caso non sono affari tuoi. E ora, se vuoi scusarmi, vado un attimo al cesso." A sciacquarsi la faccia prima di vomitare. Aveva a malapena assaporato il terzo drink che gli era venuta la nausea, la barista stava davvero esagerando. Avrebbe dovuto informarla delle sue preferenze, forse, o forse no, tanto non sarebbe piaciuta nemmeno ad un etero, altrimenti Niall le sarebbe già col fiato sul collo.
Si era guardato allo specchio e aveva dedotto che il suo viso non era ancora color grigio topo, poteva permettersi di restare e, soprattutto, di bere.
Era relativamente presto ed era già ubriaco. Sperò che lo accompagnasse a casa qualcuno, perché non era certo di essere in grado di prendere l'autobus, tantomeno da solo.
"Sei andato a farti una sega?" lo provocò Zayn che sembrava lo stesse aspettando al varco.
"Dai, smettila" l'aveva esortato Liam, dandogli un pizzicotto sull'orecchio. Louis li guardava ed era certo che fosse l'alcol a farglieli trovare imbarazzanti ai suoi occhi.
"Chi tace acconsente, però." Louis sbuffò.
"Avanti, non roviniamoci la serata, e facciamoci un altro giro. Vi va uno shot?" Propose Niall che, non si sapeva come, riusciva sempre a calmare tutti. Zayn diceva sempre che era merito del suo accento irlandese, Liam del fatto che fosse biondo, Louis non ci aveva mai pensato, invece.
Annuirono tutti insieme e fu allora, dopo aver bevuto quello shottino di rum, che Louis si sentì pronto a vomitare.
Lo portarono di peso fuori sperando che l'aria fredda della sera lo aiutasse a star meglio, ma niente, si piegò in un angolo e vomitò dietro una colonna, come un cane.
"Merda" esclamarono tutti insieme, lui compreso, quando si resero conto del disastro che avevano appena combinato.
"Dobbiamo andarcene" propose Zayn, mentre gli altri lo guardavano sgranando gli occhi.
"Ma non abbiamo pagato" gli ricordò Niall. Liam intento ad assicurarsi che Louis si fosse ripreso.
"Prima paghiamo e poi ce ne andiamo, idiota, altrimenti poi non potremo tornare qui mai più."
Niall abbassò piano lo sguardo. Giusto, era proprio un idiota certe volte.
"E' meglio se andiamo a casa a riposare" propose Liam, "io dovrei decidermi a rimettermi a studiare, sono giorni che non tocco libro", aggiunse poi, guardando Zayn con fare accusatorio.
"Scusa" disse infatti il moro, tirando il suo ragazzo a sé e baciandolo lievemente. Liam arrossì.
"Mi avete rovinato la serata, me lo segnerò" si intromise poi Niall, cercando di sdrammatizzare.
"E' colpa mia, ragazzi... andrò a casa, ma voi restate, se volete, vi prego. Io... oh, io dopo stasera non berrò mai più niente preparato da quella avvelenatrice!"
Risero piano tutti insieme, a guardarlo farsi ancora più piccolo mentre si teneva lo stomaco e aveva lo sguardo distrutto. Sembrava avesse bevuto l'intero bar per quanto aveva vomitato.
"Non vuoi un passaggio?" propose Niall, sempre desideroso di sfoggiare le prodezze della sua guida. Louis scosse il capo, guardò l'orologio e sorrise. Era davvero presto, doveva ammetterlo.
"No, prenderò l'autobus, non preoccuparti." Il biondo annuì e, una volta pagato il suo conto, lo lasciarono andare via.

La fermata dell'autobus non era lontana e Louis aveva ancora qualche residuo di alcol in corpo, se ne accorse quando Zayn gli diede una leggera spallata perché aveva visto anche lui l'ora e aveva sperato che di ricevere poi messaggi in cui gli parlava di chissà quali evoluzioni tra lui e riccioli d'oro.
Louis aveva fatto fatica a nascondere l'agitazione che stava provando, quindi l'aveva mandato a quel paese.
Erano quasi le 10:30 e l'autobus era lì alla fermata, puntualissimo.
Louis si chiese se Harry si fosse accorto della sua assenza al solito posto, ma il pensiero gli morì subito nel petto perché lui, tanto per cambiare, era glaciale, fisso alla strada, che a stento gli aveva controllato l'abbonamento, prima di rimettersi a guidare.
Non lo conosceva, non sapeva quanto il riccio fosse bravo a fingere. L'omino dentro di lui si era illuminato appena l'aveva visto, ma non poteva né voleva che se ne accorgesse.
Rassegnato (perché, poi?), Louis si sedette e attese la sua fermata. Piovigginava, e abbozzò un ghigno perché ultimamente, quando era con Harry, accadeva sempre più spesso.

Harry questa volta era riuscito a non dimenticare l'ombrello e ne era felice. Ne era felice perché stava per finire il suo turno e stava per mettersi di nuovo a piovere. Era felice anche perché avrebbe potuto usarlo come scusa per scappare, come aveva fatto sempre, del resto.
Arrivato, però, al capolinea, il riccio pensò che qualcuno doveva avercela con lui perché, quando aprì l'ombrello, tutto fiero di quel gesto, l'oggetto gli si quasi frantumò tra le mani.
Adesso ricordava perché non lo prendeva mai: era rotto, ed erano mesi che doveva comprarne uno nuovo ma, ovviamente, dimenticava sempre di fare anche quello.
Louis era già sceso e stava cercando di accendersi una sigaretta al riparo della pensilina quando sentì Harry imprecare contro il destino che sembrava odiarlo.
"Non ne faccio una giusta, è incredibile!" Louis lo guardava e si sentì in colpa perché trovava divertente la cosa, quando invece non aveva nulla di divertente. Fece un paio di tiri dalla sua sigaretta, convinto fermamente che fosse la miglior cura per una sbronza e vide il riccio lanciare il suo ombrello rotto e restare a fissare il cielo che buttava acqua a secchiate. Gli uscì fuori un sorriso e forse quello fu il momento in cui Louis pensò che Zayn aveva ragione: Harry metteva angoscia.
Louis aveva quasi finito la sua sigaretta quando decise che poteva abbandonare la pensilina e dirigersi a casa ma, proprio in quel momento, un tuono squarciò quel silenzio riempito solo dalla pioggia e Harry entrò d'istinto nell'autobus che aveva ancora le porte aperte. Era bagnato fradicio e non aveva proprio idea di come fare a raggiungere casa, adesso. Camminare non sembrava la migliore delle soluzioni. Mentre lo pensava, un secondo tuono squarciò il silenzio e tutta l'autostazione piombò nel buio più totale. Perfetto, era andata via la corrente, qualcos altro?
"Aspetta!"
No, non voleva sfidare la sorte.
"Non puoi restare da solo" disse Louis che si era quasi fiondato nell'autobus con lui.
Harry lo aveva guardato, per raggiungerlo si era coperto poco e male e ora aveva tutti i capelli attaccati alla faccia, le vans che portava ai piedi zuppe di fango, e metà degli skinny jeans bagnati. Sembrava un pulcino.
"Sarebbe meglio chiudere le porte visto che..." e si era interrotto, perché Harry era già ai comandi, aveva riacceso il motore e aveva chiuso le porte. Un fulmine era caduto a pochi metri da loro.
Cosa gli era saltato in mente di entrare lì dentro?

Harry era rimasto seduto al volante, guardava la strada, poi guardava verso la porta, poi dava un'occhiata a Louis, quel tanto che lo specchio gli permetteva di osservare.
"Guarda che non mordo" gli aveva sentito dire, e lui avrebbe voluto rispondergli che lo sapeva ma che semplicemente voleva solo che quella pioggia finisse.
"Quindi, per favore, dimmi qualcosa altrimenti sento che impazzirò qui dentro." Si era appoggiato a quella stramaledetta lastra di vetro ed era vicino, troppo vicino da sopportare. Sapeva che, alla fine, quello ad impazzire sarebbe stato lui.
Louis lo osservava e aveva tutta l'intenzione di perforarlo con quegli occhi color del ghiaccio.
Cinque minuti.
Dieci minuti.
Niente, nessun cambiamento, nemmeno nelle condizioni climatiche.
"Va bene, adesso vorrei scendere, se non ti dispiace" sbuffò spazientito il castano, era davvero assurdo stare lì per niente.
Harry riaccese di nuovo il motore e premette il bottone che apriva la porta del bus. Mentre si preparava ad affrontare il temporale aprendo l'ombrello e imprecando contro la possibilità di dover buttare le sue vans, poi, qualcosa in Harry si sbloccò.
Non sapeva se era stato il rifiuto, la delusione che Louis gli aveva mostrato, ma "voglio solo andare a casa" aveva detto sospirando, e il castano si era voltato a guardarlo lì seduto con le mani intrecciate tra le cosce e le spalle ricurve. Aveva mollato l'ombrello a terra ed era tornato indietro.
"Esci da lì" gli aveva quasi ordinato. Harry adesso lo stava guardando negli occhi, glaciali dopo aver pronunciato quelle parole. "Subito, Harry, perché se non lo faccio adesso..." continuò balbettando, le braccia lungo i fianchi, pugni serrati.
Harry si era ingenuamente spaventato, non sembrava avesse capito, quindi continuò a guardarlo mentre apriva quella lastra di vetro e toglieva ogni impedimento al contatto.
"Se non fai cosa, Lou..." aveva iniziato, prima che le sue labbra venissero tappate da quelle dell'altro.
Non stava succedendo veramente. Avrebbe potuto ritrarsi, respingerlo, dirgli che aveva osato troppo, che lui non si faceva baciare dagli sconosciuti, ma quelle labbra sottili erano così invitanti, così dolci, che non se l'era sentita di fare nessuna di quelle cose.
Ricambiò subito il bacio socchiudendo la bocca, permettendo alla lingua del castano di accedere al suo palato e scontrarsi con la sua. La pioggia continuava a cadere incessante e ora, a porte aperte, l'aria fredda li stava investendo in maniera fastidiosa. A Louis venne un brivido che Harry sentì su tutto il corpo quando si staccarono e rimase da solo a contemplare la furia di Madre Natura.
Aveva il respiro affannato e una leggera eccitazione, probabilmente avrebbe fumato per calmarsi, se solo avesse avuto il vizio.

Louis era andato via, raccogliendo il suo ombrello e coprendosi come meglio poteva, senza nemmeno voltarsi. Che cosa aveva fatto? Era stata una mossa troppo azzardata, lo sapeva, ma sapeva anche che se Harry l'avesse respinto sarebbe stato molto meglio.
Non l'aveva fatto, anzi, sembrava desideroso persino di averne di più e questo gli fece nascere un piccolo sorriso sul viso, perché era da tanto che non baciava qualcuno senza sapere quali fossero le sue reali intenzioni.
Harry stava iniziando a piacergli sempre più.

"Hai visto un fantasma?"
Gemma ultimamente gli piombava in casa sempre più spesso e sempre senza avvertirlo. Forse permetterle di avere una copia delle chiavi non era stata un'idea geniale.
Harry aveva ancora il respiro affannato per la corsa che aveva fatto nel tentativo di beccarsi meno acqua possibile ed era letteralmente zuppo.
"Fratellino, ma tu tremi e... sei fradicio, perché non porti mai l'ombrello con te?"
Ma lui l'aveva fatto, solo che era rotto. Avrebbe dovuto comprarne uno, se lo avesse fatto a quest'ora sarebbe a casa da un pezzo, non sarebbe rimasto bloccato in una situazione imbarazzante con Louis e, soprattutto, non gli avrebbe permesso di baciarlo.
Oh dio, l'aveva baciato, e lui aveva ricambiato! Doveva dirlo a Gemma? Tanto prima o poi glielo avrebbe chiesto lei.
"Harry, ti hanno tagliato la lingua?" chiese ancora la ragazza e lui, istintivamente, se la passò per il palato e sui denti. Sentiva ancora un sapore acre, nicotina probabilmente. Quella delle sigarette che fumava Louis. Gli stava venendo un capogiro.
"Ok, ho capito, togliti questi vestiti, sono da buttare, e vai a farti un bagno, subito! Io preparo un the caldo, nel frattempo."
Lui si era diretto in bagno come un automa, si era liberato degli ultimi indumenti rimastigli appiccicati addosso dalla pioggia e si era guardato allo specchio. I capelli non avevano più una forma e la pelle del suo intero corpo aveva acquistato un colorito leggermente cadaverico. Tremava, e non solo per il freddo.
Quando uscì dalla vasca e inizio ad asciugarsi piano, sua sorella apparve sulla porta.
"Mentre ti sistemo questo cespuglio mi vuoi dire che è successo?"
Non l'avrebbe scampata.
"Niente" provò a dire, "ho solo beccato in pieno l'ennesimo temporale ed eccomi qui."
Avete presente un detective? Ecco, Gemma diventava così quando suo fratello tentava malamente di nasconderle qualcosa. Cioè quasi sempre.
"Sì, certo... e poi?"
Non l'avrebbe mai scampata con lei.
"E poi... niente, Gemma, niente!" I capelli erano tutti di lato, adesso, lei aveva iniziato a giocherellarci nella speranza vana che, almeno questa volta, acconsentisse a farsi fare le trecce. Non voleva fargliele tutte storte mentre dormiva come l'ultima volta.
"Questo niente si chiama Louis?" Non poteva vedersi in quel momento, ma sapeva di essere arrossito nel momento esatto in cui aveva sentito il suo nome.
Imbarazzante.
"No, è niente... e basta." Non era convincente neanche un po'.
"Fatti fare le trecce, allora" pensò bene di ricattarlo, lei.
"Cos- no, Gemma, ancora con questa storia?"
Ma lei era partita con una litania di eddaieddaieddaieddai che lui aveva iniziato a sbuffare e il desiderio di spingerla via e andarsene era tanto. Ma era sua sorella, non poteva farlo.
"Se non mi dici che è successo con lui ti lego e te le faccio a tradimento, perché ti si legge in faccia che è successo qualcosa, ti conosco, fratellino."
Sconfitto, il ragazzo cercò di tenere a freno il battito accellerato del suo cuore, chiuse gli occhi mentre sospirava e, facendo un paio di respiri profondi, confessò.
"Mi ha dato un bacio" disse, quasi sussurrando. Gemma aveva allungato l'orecchio, come a dire 'non ho capito, puoi ripetere' e "e io ho ricambiato."
Gemma probabilmente stava per esplodere dalla gioia, non ci poteva credere, se lo sentiva, adorava avere ragione!
"Calmati, non è niente, niente di che" aveva detto lui, prendendola per le spalle, implorandole di smetterla di saltellare per tutto il bagno.
Niente, eh? E allora perché si stava quasi drogando di quel sapore di nicotina che gli stava svanendo dal palato?
"Tu sei tutto scemo, fratellino, vedrai se non è niente di che!" E con questa sentenza, uscì dalla stanza, annunciando che il the lo aspettava.
Harry si era pian piano rivestito di indumenti freschi e asciutti, mentre si ripeteva che niente, non era niente, non poteva essere niente. Lui non ci sapeva fare con le persone.

"Aspetta un momento, che cosa hai detto?"
Il solito tempo altalenante di Londra aveva dato il meglio di sé: dopo l'assurdo temporale della sera precedente, che si era protratto poi per tutta la notte, si era palesato un sole cocente. Louis, quella mattina, aveva deciso di approfittarne per andare a correre, tanto si svegliava sempre all'alba, sveglia o non sveglia, e poi era da un bel po' che non lo faceva.
Aveva così deciso di portarsi dietro la sua amata felpa grigia col cappuccio che gli aveva regalato Zayn in uno sprazzo di generosità (o forse solo per non sentirsi più ripetere che la voleva) ma, quando era uscito per la seconda volta di casa, per dirigersi alla fermata del suo caro vecchio autobus, si era reso conto che faceva già abbastanza caldo per permettersi di non indossarla.
Se la sfilò nell'esatto momento in cui il mezzo gli aprì le porte davanti, e Harry volse lo sguardo verso di lui deglutendo per la tensione. Le labbra avevano ripreso a bruciargli in quel momento.
"Ciao" aveva detto Louis, e al riccio era sembrato troppo tranquillo, indifferente, quasi.
Come faceva?
Mosse leggermente il capo come per dirgli che sì, l'aveva sentito, ma avrebbe dovuto accontentarsi di quel gesto. Non poteva fargli notare come gli mancasse il fiato perché andiamo, era necessario denudarsi davanti ai suoi occhi?
Ok, non si era proprio denudato, ma di certo le sue braccia muscolose e toniche erano l'ultima cosa che aveva chiesto di vedere quella mattina appena sveglio.
'Devi baciarlo di nuovo, devi portarlo a casa, che lo voglio conoscere!'
La voce di sua sorella gli rimbombava nella testa e no, non poteva deconcentrarsi, doveva lavorare, doveva guidare, possibilmente non parandosi i marciapiedi.
"Tommo, allora?"
Zayn era salito sull'autobus, come al solito, due fermate dopo l'amico, al quale aveva detto immediatamente che quel pomeriggio, come premio per l'esame che avrebbe dato, sarebbe andato a ritirare la sua moto nuova. Era raggiante, felicissimo, ma questo voleva dire anche che Louis avrebbe continuato a prendere l'autobus da solo perché, improvvisamente, della vespa non gli importava più da un pezzo.
"Vuoi abbassare la voce, per favore?" Zayn l'aveva guardato con aria di sufficienza, si era guardato intorno notando il brusio creato dalle almeno altre trenta persone presenti, e poi era tornato a guardare Louis.
"Sul serio, Tomlinson? Hai paura che ci senta? In questo casino?"
Louis sbuffò prima di "l'ho baciato, sei contento?" ribadire e "no che non sono contento, che cazzo vuol dire?" sentirsi rispondere.
"Non si bacia una persona dal nulla, cioè, io scherzavo, invece tu... tu eri serio! Oh dio, Tommo, vuoi scopartelo davvero!"
Louis non sapeva se l'amico lo stesse prendendo in giro o meno, nè capiva se avesse fatto bene a dirgli subito quella cosa. Sapeva solo che voleva sparisse, e con lui tutti gli altri.
"E se anche fosse? Devo ricordarti come tu e Liam siete finiti insieme? Ci avete messo mesi eppure lo vedevano anche i muri che vi mangiavate con gli occhi!"
"Cosa centriamo noi, adesso?" In effetti era una bella domanda. Louis strinse i pugni, prima di scioglierli e mettersi a giocare coi fili della felpa che teneva in mano. Erano seduti abbastanza lontani dalla visuale di Harry, questo lo faceva sentire al sicuro.
"Centrate, perché non tutte le storie sono come le vostre, non tutte le persone sono come voi. Magari io sono più impulsivo di Liam, magari Harry è più sveglio di te, tutto qua."
Ma perché cavolo stavano discutendo, adesso? L'autobus arrivò alla fermata dell'università, le faceva tutte, perché il campus era davvero immenso da esser stati costretti a creare delle fermate per ogni singola facoltà.
Zayn scese alla seconda, senza salutare l'amico, un po' ferito dalle sue parole. Louis gli avrebbe chiesto scusa, ma adesso non aveva tempo, era arrivata anche la sua fermata.

Harry quella mattina aveva deciso di sfidare la sorte: aveva visto il sole cocente dalla finestra, si era quindi poi affacciato e, constatandone il calore, aveva pensato di uscire in maniche di camicia. Via il cappotto che lo faceva sudare solo a guardarlo.
"Se non mi ammalo oggi, non mi ammalerò mai più" aveva detto sistemandosi la camicia allo specchio e mangiando i pancakes che sua sorella gli aveva lasciato pronti dal giorno prima.
Quindi era di buonumore quando realizzò che le ore passavano e il cielo non accennava a rannuvolarsi.
Il suo autobus era sempre pieno di gente di tutte le età, a seconda degli orari, solo al mattino presto e a metà pomeriggio si riempiva totalmente di studenti universitari che parlavano talmente ad alta voce da assordarlo.
Non che se ne preoccupasse molto, lui doveva solo guidare, ma un po' di silenzio lo avrebbe gradito, il che era il motivo per cui parlare con sua sorella era sempre così insostenibile per lui.
Sul mezzo c'era silenzio solo quando arrivava la sera e, per almeno tre ore consecutive, non saliva mai nessuno, se non in casi sporadici. C'era silenzio solo quando restava solo con Louis.

Louis, quella sera al bar, aveva tutta l'intenzione di chiedere scusa a Zayn, di dirgli che aveva esagerato, in fondo stava paragonando una storia concreta con qualcosa di inesistente. Zayn, dal canto suo, gli aveva offerto una birra, che aveva deciso poi di dividere con lui durante una breve pausa.
Chiusero le serrande come al solito intorno alle 21:30 e Zayn, ovviamente, pavoneggiandosi della sua moto nuova, aveva salutato l'amico e aspettato che Liam si sistemasse dietro di lui per andarsene via.
Louis li invidiò, ma solo per un attimo.
"Beh, ci si vede domani, Tommo" gli aveva detto Niall, mani in tasca e sorriso appena accennato. Lui l'aveva salutato con la mano e si era avviato verso la fermata dell'autobus, che novità.

"Ciao" aveva detto di nuovo, esattamente come quella mattina, sperando in una risposta, adesso che erano soli, ma niente, Harry proprio non ne voleva sapere di accontentarlo.
"Non pensavo di averti strappato la lingua" lo provocò, quindi.
"C-come?" Sorrise a quella reazione.
"Avevo ragione, vedi? Ciao, Harry" ammiccò. Il riccio lo trovò estenuante.
"Ciao Louis." Aveva la felpa aperta addosso, il cappuccio in testa e Harry stava già fantasticando. Tutta colpa di Gemma e delle idee malsane che gli aveva messo in testa, sì, era tutta colpa sua!
"So che è vietato parlare al conducente, ma... ti va di parlare?"
Harry fece spallucce, tanto lui doveva guidare. La scusa peggiore del mondo, cominciava a sentirsi idiota ogni volta che la tirava fuori, anche solo mentalmente.
"Ecco vedi..." iniziò Louis, interpretando il suo silenzio per una concessione "...volevo chiederti scusa. Cioè non proprio, volevo spiegarti. Un amico mi ha detto che non si infila la lingua in bocca alla gente senza motivo e volevo mettere in chiaro il fatto che un motivo c'era."
Harry stava iniziando a sentire calore per tutto il corpo, il cuore aveva aumentato i battiti e no, cavolo, calmati, devi guidare!
"Non vuoi sapere qual'era il motivo?" Harry non rispose. Era imbarazzante, sua sorella l'avrebbe ucciso a mani nude se l'avesse visto. Louis sospirò, nervoso.

Quando arrivarono al capolinea, si precipitò fuori, pronto ad accendersi una sigaretta prima di incamminarsi verso casa. Non aveva più provato a parlare a Harry, la questione era più complessa di quanto pensasse e si era sentito un illuso a pensare che quel bacio avesse potuto sbloccarla un po'.
"Che cazzo" aveva però sentito mentre ormai aveva già fatto qualche passo più in là. Istintivamente tornò indietro, trovando Harry a tamponarsi del sangue che gli usciva dall'indice della mano destra.
"Come hai fatto a tagliarti?" chiese preoccupato, cercando di aiutarlo a fermare il liquido rosso scuro.
"Vieni, entriamo nell'autostazione, un po' d'acqua e dei cerotti andranno bene."
Ma appunto, era un'autostazione e, per quanto sembrasse fornita di qualsiasi cosa, cerotti non ne avevano proprio. A Louis mancò poco che si infuriasse. Harry lo trovò carino.
Ancora più carino quando riprese a concentrarsi sul taglio, alquanto profondo, mentre stavano seduti su una panchina all'esterno. Tremendamente carino quando si portò il dito alla bocca e iniziò a succhiare via il sangue.
"Che stai facendo?" Harry era un misto tra l'inorridito e l'estasiato. Non era possibile una cosa del genere, poteva scommettere tutto quello che aveva che nemmeno sua madre l'avesse mai fatto per lui. Era certo che nessuno ci avesse mai lontanamente pensato.
"Fammi capire, riacquisti il dono della parola a comando?" Lo guardava sornione mentre lo diceva, volto chino su quel dito ferito e occhi fissi nei suoi. Harry pensò che non era più solo carino, era qualcos altro che non voleva dire.
Si rabbuiò per qualche secondo, imbarazzato da quel breve sguardo. Era stato intenso perché, diavolo, Louis aveva il ghiaccio e l'acqua e il cielo al posto degli occhi.
"Penso di sì" disse però, sorprendendosi del suono della sua stessa voce, "ma solo perché volevo dirti che non importa il motivo, a me è piaciuto quando mi hai infilato la lingua in bocca."
La voce roca del riccio era ancora una novità per Louis, sentirla pronunciare quelle parole lo fece sussultare. Dunque aveva ragione.
Dunque era fottuto.
Il bacio questa volta arrivò lento, senza sorprese, quasi si vennero incontro per poi far premere le loro labbra l'una sull'altra a metà strada. Harry potè sentire quasi subito, toccando la lingua di Louis con la propria, il sapore metallico del sangue, del suo sangue, e si emozionò leggermente. La trovò una cosa altamente erotica.
Ecco perché gli mise la mano ferita sul viso e l'altra dietro la nuca, per avvicinarselo di più. Louis fece più o meno lo stesso mentre approfondivano il contatto, gli stringeva i ricci tra entrambe le mani e aveva iniziato anche ad ansimare perché non se la sentiva proprio di staccarsi, ma in qualche modo doveva pur respirare.
"Io non so niente di te" aveva detto poi, le mani ancora tra i suoi ricci, "almeno posso sapere quanti anni hai?"
Harry stava ancora cercando di metabolizzare quello che era successo, notando una leggera macchiolina di sangue sullo zigomo di Louis, macchia che si premurò subito di asciugare. Aveva una pelle liscissima e questa consapevolezza lo stava facendo impazzire.
"Venti, ne ho venti" gli aveva risposto abbozzando un sorriso. Louis sarebbe morto pur di vedere le sue fossette in eterno.
"Come mai fai questo lavoro? Sei così giovane..." Ma adesso Harry non sorrideva più. Ok, forse Louis aveva esagerato.
"Scusa, non volevo intromettermi."
"Grazie, Louis, per il dito, intendo. Ora devo andare" aveva annunciato, senza mezzi termini. Ma perché?
"Perché non parli mai con me, Harry?" chiese alzando la voce, un po' esasperato, forse. Dio, quel ragazzo gli piaceva veramente.
"Io non parlo con nessuno, Louis" lo fulminò, allontanandosi definitivamente. Si rallegrò di non trovare Gemma, una volta arrivato a casa.

"Senti, non devi prendermi per il culo, che vuol dire che vi siete baciati di nuovo?"
"Chi si è baciato di nuovo?"
Giorno di chiusura al bar, i tre amici erano seduti al parco a farsi un paio di canne per passare il tempo prima di entrare al pub di fronte. Liam era arrabbiato perché non aveva passato l'esame che lo tormentava da un anno e Niall aveva appena comunicato a tutti la data della sua laurea. Zayn... beh, Zayn era troppo occupato a punzecchiare il suo migliore amico per ricordare a tutti che si laureava un giorno prima del biondo.
"Quello che ho appena detto e dovete smetterla di fare gli stronzi, ho bisogno di aiuto."
Aveva un tono supplichevole, sapeva già quanto fosse sbagliato perché il coro di "sei già innamorato" arrivò subito.
"Non sono innamorato, voglio soltanto capire perché è così distaccato. Zayn, tu lo sai bene quanto me, prima di qualche giorno fa non gli avevamo sentito dire più di buongiorno e buonasera e adesso..."
"E adesso sei innamorato e magari lo è pure lui." La schiettezza di Niall era sempre spiazzante.
"Ho detto che non sono innamorato, sono solo preoccupato di aver fatto un casino. Magari è una persona introversa, magari ha qualche disturbo, oppure un segreto, magari..."
"Magari sei scemo ed è solo timido perché sei troppo bello per lui."
Niente, i suoi amici non lo prendevano sul serio.
"Andate a fanculo, ne parlerò direttamente con lui questa sera!" I cori di sfottò correlati da fischi di approvazione non si fecero attendere.
"Avete un appuntamento!" Louis sbuffò spazientito.
"No, purtroppo guida solo l'autobus che mi riporterà a casa, tipo adesso."
Li abbandonò così, su due piedi, prendendo in mano il drink che non aveva ancora finito di bere e scolandoselo velocemente.
Pessima idea, la barista era ancora speranzosa, il tasso alcolico era elevato e a Louis stava iniziando a girare la testa.
Per un attimo pensò che era pure ora la finisse di tornare a casa sempre così presto, aveva ventitre anni, non tredici, da quanto tempo non andava a ballare, per esempio?
Doveva sbrigarsi a laurearsi, poi ci avrebbe pensato.
L'autobus lo accolse col suo leggero tepore, non avrebbe dato retta a Harry esattamente come aveva fatto al mattino, se solo l'alcol che gli stava circolando in corpo fosse stato d'accordo. Per fortuna aveva capito che fare una scenata davanti a degli estranei non sarebbe stato saggio.

Harry quel giorno era nervoso, ci si era svegliato e non era riuscito a levarsi quella sensazione di dosso. Quando vide Louis, capì subito che doveva aver bevuto.
E capì anche che quella serata avrebbe preso una strana piega.
L'autobus era meno affollato del solito, ma Harry non sembrò gradirlo, mai come quel giorno aveva desiderato essere sommerso dalla gente pur di non vederlo, pur di non avere l'istinto di accertarsi, in qualche modo, che fosse ancora lì.
Capolinea, una ragazza era scesa alla fermata precedente e aveva tardato un po' a fissarlo prima di farlo. Harry un giorno avrebbe trovato il coraggio di dirle che non era interessato.
Uscì dalla sua postazione, rimise a posto la sbarra di vetro e prese la sua borsa, accertandosi di aver raccolto tutti i documenti che avrebbe dovuto portare all'autostazione.
A dire la verità stava cercando una scusa per ritardare, una qualsiasi, e non sapeva perché, dato che non aveva intenzione di parlargli.
Piegandosi in avanti per raccogliere la sua tracolla, non si accorse di Louis che gli stava andando incontro, quindi si alzò velocemente e quello gli finì addosso, l'alcol in circolo non gli permetteva di mantenere l'equilibrio.
"Ehi, autista, stai un po' più attento" aveva biascicato, testa bassa e cappuccio della felpa calato sulla fronte. Harry, nelle maniche della sua camicia a quadri, aveva sentito un brivido.
E non aveva detto una parola quando Louis, guardandolo infastidito, gli aveva quasi dato un pugno sulla spalla, per quanto potesse sembrare divertente, considerando che la sua altezza non gli permetteva di arrivarci.
Era stato tutto il giorno a pensare che sarebbe stato facile per lui evitarlo, ma adesso, a guardarlo in quelle condizioni, si stava insultando da solo, perché come avrebbe potuto lasciarlo lì?
"Devo andare a casa" aveva detto Louis, mentre la vocina nel suo cervello lo derideva per il fatto che non fosse in grado di reggere l'alcol. Lo sapeva, però gli piaceva bere, ogni tanto, quindi voleva tanto la smettesse.
Si era diretto verso la porta e, incespicando, era inciampato. Sarebbe bastato un secondo in più, e si sarebbe spiaccicato di faccia a terra.
Ma Harry l'aveva preso al volo, cingendogli la schiena e, alla fine, erano inciampati in due, ma senza cadere a terra.
"Sei ubriaco" aveva detto il riccio, come una constatazione.
"Lasciami" gli aveva sputato contro l'altro, e Harry l'aveva fatto, tanto per fargli notare che non poteva farcela. Infatti perse l'equilibrio e, di nuovo, il riccio lo aveva afferrato, questa volta dalla manica della felpa, e lo aveva tenuto in piedi.
"Sei sicuro che ti possa lasciare?" aveva chiesto, la mano ora stretta attorno al suo polso.
"E tu sei sicuro di non essere uno stronzo?" Corrugò la fronte quando se lo sentì dire.
Che cosa aveva fatto per trovarlo così arrabbiato? Oh, lo sapeva benissimo.
"Se fossi uno stronzo ti avrei lasciato cadere a terra" affermò, accennando un ghigno. Non era compiaciuto, Harry, ma voleva provarci, voleva riuscire a farcela, almeno con questa persona.
Louis grugnì mentre lo strattonava per liberarsi dalla sua presa.
"Lasciami stare, devo andare a casa."
E per un attimo Harry pensò che forse aveva fretta perché a casa c'era qualcuno che lo aspettava, ma aveva accantonato subito l'idea perché, in tutti quei mesi, l'avrebbe notato, almeno una volta.
"Ti accompagno, questo perché sono uno stronzo." Chiuse tutto, lo prese di nuovo per il polso e se lo trascinò dietro, tanto le sue forze erano davvero precarie anche solo per pensare di ribellarsi.
Dieci minuti di lamenti ed eccoli, al buio illuminato solo dai lampioni, a camminare.
Se Gemma fosse stata lì, avrebbe saltellato come una fatina protettrice guardando orgogliosa i suoi figli.
"Hai la macchina?" chiese Louis, quasi in cagnesco. Harry scosse il capo.
"Come sarebbe che non hai la macchina! E come pensi di accompagnarmi, scusa..."
"Voglio solo assicurarmi che tu arrivi a casa sano e salvo, senza cadere in nessun cespuglio o nel cortile di qualcun altro per sbaglio" aveva detto Harry tutto d'un fiato, interrompendolo, e guardando dritto davanti a sé. Louis si era scosso un attimo nel sentirlo.
"Con la macchina avresti fatto prima" grugnì il più basso. Harry rise.
"Certo, ma siccome sono stronzo voglio infastidirti il più possibile."
Lasciare di sasso Louis Tomlinson è sempre molto difficile, figuriamoci quando è ubriaco. Beh, Harry era riuscito a pietrificarlo.

La verità era che Harry non aveva mai avuto una macchina. Aveva guidato quella di sua madre prima e di sua sorella poi, ma non ne aveva mai voluta una per sé. Il che era stupido, perché non viveva con loro, e Londra è grande, gli sarebbe servita, solo che... non la voleva.
"Un autista senza macchina, sembra una barzelletta" disse, ridendo sguaiatamente. Ma quanto aveva bevuto?
"Stai fermo, stai..." ma niente, cadde rovinosamente a terra, sbattendo le natiche in modo tale da farlo imprecare dal dolore.
"Oh ok, Louis, sai che ti dico? Vacci da solo a casa!" E aveva fatto dietrofront, mani in tasca come a segnare un confine e la sua risolutezza, quando l'aveva sentito dire, sforzandosi "almeno stasera mi hai parlato, un po'."
Perché era così? Si era voltato, il richiamo della sua voce dolorante era troppo forte. Si era voltato e lo aveva visto reggersi a malapena sulle gambe e guardarlo con aria severa.
Perché era così?
"Sei proprio uno stronzo" gli aveva detto, sempre smorzando le parole, tirandole fuori a fatica, perché sentiva ancora dolore.
"Quante altre volte avrai intenzione di ripetermelo?"
"Fino a quando non te ne andrai sul serio, stronzo."
Ma lui non voleva farlo. Nello stesso istante, il telefono nella tasca dei suoi jeans squillò: un messaggio di Gemma, piuttosto minatorio. Sospirò, lo rimise dov'era e, riconcentrandosi su Louis, si avvicinò piano a lui.
Lui che lo guardava non capendo, nemmeno quando lo vide porgergli il braccio.
"No ma... sono arrivato eh, casa mia è a duecento metri nemmeno, puoi lasciarmi."
"No." E non era servito dire altro, come attirato da una calamita, Louis si era aggrappato al braccio di Harry e, pian piano, avevano raggiunto la sua casa.
Assicuratosi che avesse aperto la porta l'ingresso, Harry si allontanò e, con un "ciao, Louis", se ne andò, lasciandolo con l'amaro in bocca.

"Questa è la volta buona che ti faccio dormire sul pianerottolo, e non importa se non vivo qui, lo faccio davvero! Stai scherzando? Tu dovevi restare lì e fargli da infermiere! Come devo fare con te?"
Gemma prima o poi l'avrebbe fatto uscire pazzo, sembrava una fangirl ossessionata e lui già si sentiva abbastanza stupido senza che ci si mettesse pure lei.
"Volevo farlo, Gem, davvero, ma... c'è qualcosa in lui che mi spaventa." Ma che stai dicendo?
"Qua l'unica cosa spaventosa è la tua stupidità!" E aveva ragione, come sempre, però solo in parte.
Harry vedeva Louis come un uragano, una persona completamente opposta a lui, e sapeva che solo questo sarebbe bastato a non permettergli di farcela.
Era troppo, troppo bello da gestire, troppo difficile da confrontarsi, troppo tutto e lui, come era solito ripetersi, non ci sapeva fare con le persone. Figuriamoci se poi erano persone che gli piacevano.
"Stasera avresti potuto scopartelo, perché so che l'avresti voluto, a me puoi dirlo, sono tua sorella!"
"Proprio perché sei mia sorella non sono affari tuoi" disse sgranando gli occhi. Non poteva credere a quel che aveva sentito.
"Ma lui ti piace, perché sei così?"
Già, perché era così? Sospirò.
"Non è detto che io piaccia a lui" affermò e lo notò subito, lo sguardo torvo della sorella.
"Lo vedi che sei stupido? Ti ha baciato lui la prima volta, mi sembra, forse tanto schifo non gli fai."
A quelle parole, il ricordo del loro primo bacio gli tornò in mente come un'ondata violenta e si toccò istintivamente le labbra. Avevano iniziato a pulsare in quel momento.
"Senti" disse, sperando di sfuggirle "è davvero tardi e sono distrutto, andrei a dormire, ok?"
Lei lo guardò di sbieco, quasi infastidita, ma alla fine annuì e lo lasciò andare.
Una volta disteso sul suo letto i pensieri lo tormentarono per almeno due ore prima che riuscisse a prendere sonno.
Che a lui piacesse Louis era chiaro, limpido, ma il non sapere cosa provasse Louis lo avrebbe fatto stare allerta finché non l'avesse scoperto.

Si dice che il treno passa una volta sola, che la radio canta una volta sola, ma anche che il postino suona sempre due volte.
Quel giorno il postino aveva deciso di insistere con Harry quando gli aveva fatto incrociare lo sguardo di un Louis fin troppo sorridente che lo aveva fissato per dieci secondi buoni prima di salutarlo con la mano. Era di buonumore perché, a quanto pare, aveva una data per la sua laurea e mancavano circa due settimane a quella dei suoi amici.
Avendo origliato la quasi totalità delle sue conversazioni con Zayn era come se avesse fatto parte anche lui di tutto quel processo, ma sapeva che non avrebbe potuto fargli le congratulazioni, sarebbe sembrato un po' inquietante.
"Si vede proprio che è arrivato l'autunno" aveva esclamato la solita ragazza che continuava apposta ad attirare l'attenzione di un Harry indifferente, che si limitava ad annuire o sorriderle quando la sentiva parlare. Sperava davvero di non starle dando false speranze, alcune persone ci mettono davvero poco a costruirsi castelli in aria.
Lui aveva richiuso le porte una volta scesa la tipa e in effetti aveva sentito subito l'aria gelida della sera investirlo. Per fortuna aveva con sè il cappotto, per fortuna sembrava averne uno anche Louis.
Una cosa che, ovviamente, non aveva era l'ombrello.
Ma come diavolo aveva fatto? Come poteva essere sempre così distratto? Erano almeno due giorni che smetteva e ricominciava ma lui, impavido, continuava a fare senza.
Il capolinea era lì e la pioggia era aumentata. Erano di nuovo lì, lui e Louis. E la pioggia.
Gli sembrava di rivivere un eterno deja-vù.
"Dimmi che hai un ombrello" gli aveva detto improvvisamente Louis, giorni dopo l'ultima volta che aveva sentito la sua voce. Scosse la testa.
"Non hai la macchina, e va bene, ma un ombrello, cazzo, a Londra! Certo che sei strano!"
Lo fulminò con lo sguardo.
"Ce l'ho, ma lo dimentico sempre" si giustificò poi, come se glielo dovesse.
"Ottimo, l'ho dimenticato anche io" lo informò e questo lo fece ridere, di gusto.
"Ci toccherà affrontare la pioggia, allora" affermò, esortando il più basso ad uscire dal bus. Qualcosa, però, forse il maledetto postino che suona sempre due volte, sembrava non essere d'accordo.
Andò via la corrente, le porte dell'autobus spalancate e Louis "ho già vissuto questa scena" disse, quando era ormai in mezzo all'acqua, bagnato fradicio.
"Anche io" constatò Harry, guardandolo mentre i capelli gli si appiccicavano sempre più alla faccia e i vestiti addosso. Era uno spettacolo.
"Vieni dentro adesso, però" lo esortò, ma Louis non ne voleva sapere. Scosse la testa più volte e "vieni fuori tu" gli aveva detto, sperando che capisse.
"Ci prenderemo un malanno" provò a lamentarsi, ma Louis sembrò esasperarsi, mosse un passo in avanti e lo acchiappò dal cappotto, incurante del dislivello, non solo tra il bus e il suolo. Lo tirò a sé e premette le labbra sulle sue, forte. Harry non ci poteva credere.
"Tu... mi fai fare cose strane, Harry" aveva detto staccandosi, e il riccio aveva iniziato ad osservare ogni parte del suo viso perfetto, partendo dagli occhi color del mare profondo per finire sulle labbra sottili che, davvero non ci poteva credere, aveva assaggiato di nuovo. Certo, c'era un po' di pioggia nel mezzo, ma avevano un buonissimo sapore.
"Anche tu" gli aveva detto piano, premendoselo addosso.
Poco importava la pioggia che li stava letteralmente annaffiando, i capelli attaccati al viso e i vestiti zuppi, erano compressi l'uno contro l'altro e sembrava che i loro corpi non aspettassero altro che quella unione.
"Io..." provò a dire, continuando a stringerlo, la fronte poggiata alla sua "...sono una persona molto sola, Louis, credo... di non aver avuto mai una conversazione più lunga delle nostre con nessuno, a parte mia sorella." Louis sorrise piano, era così dolce quando lo faceva.
"L'avevo capito" gli rispose quindi, baciandolo un'altra volta, accanendosi quasi sul suo labbro inferiore bagnato dalla pioggia e succhiandolo.
"Ma sei bellissimo e... permettimi di conoscerti, Harry" disse quasi in un soffio, le mani strette attorno al colletto del suo cappotto e il naso a sfiorare quello del riccio, che arrossì e annuì leggermente, prima di poggiare di nuovo le sue labbra su quelle del ragazzo.
"Sono serio. Ti prego, Harry." Il riccio annuì di nuovo.
"Vuoi venire a casa con me?" E si sentì audace a proporlo, quasi volle mordersi la lingua e sperare di non averlo detto veramente, ma "sì" aveva già risposto Louis, senza dargli il tempo di ribattere.
"Sì" aveva ripetuto premendosi contro il suo corpo, sentendo il frusciare dell'acqua che aveva inzuppato i loro vestiti.
E Harry si stava convincendo invano che Gemma, quella sera, avrebbe finalmente smesso di assillarlo, che l'avrebbe fatta sentire fiera di lui, per una volta.
Si stava convincendo che lo stesse facendo solo perché altrimenti davvero, si sarebbero presi un malanno.

"Dove abiti?" gli aveva chiesto, mentre cercava di stargli al passo. Aveva le gambe più corte, Louis, e proprio non riusciva a muoversi a grandi falcate come Harry, soprattutto col la pioggia ad impedirgli i pieni movimenti.
Il riccio non gli aveva risposto, infatti, ma non per la sua solita timidezza, ma semplicemente perché non lo aveva sentito e, in fondo, che importanza poteva avere. Il solo guardarlo lo faceva sorridere come un bambino e si stava domandando da un bel po' quando avesse iniziato a sentirsi così.
Si stava domandando se fosse normale, e se non stesse piovendo cosa sarebbe successo.
Si stava domandando se fosse davvero fottuto come pensava.

"Harry, hai di nuovo dimenticat-OH" Gemma quasi sospirò quando le parole gli morirono in gola. Non conosceva il ragazzo che si era raggomitolato addosso al fratello in cerca di calore, pur essendo entrambi bagnati fradici, quindi aveva fatto dei veloci calcoli e aveva iniziato a battere le mani, raggiante.
"Gemma, ehm... Louis avrebbe bisogno di un bagno e di vestiti puliti, potresti... aiutarlo?"
Lei lo guardò torva.
"Non puoi farlo tu? Avete entrambi bisogno di un bagno, mi state allagando l'ingresso... e lo so che questa non è casa mia, non dirlo!"
Il riccio aveva provato a protestare ma cavolo, aveva ragione e a casa sua c'era solo un bagno. Lo sguardo imbarazzato che si scambiarono i due ragazzi fu eloquente.
"Ehm, ok" disse chinando il capo, "vieni, Lou, ti faccio vedere dove sta il bagno."
Il più basso tremava come una foglia e Harry lo guardava premuroso, sperando davvero non si fosse ammalato, non se lo sarebbe mai perdonato.
Gli mostrò tutte le cose che gli sarebbero servite, oltre a porgergli asciugamani puliti e Louis, ancora tremolante, lo ascoltò annuendo leggermente, ma restando immobile dov'era. Harry pensò fosse per il freddo, ma non era soltanto quello.
Avrebbe voluto fosse stato un po' meno distaccato, avrebbe voluto vederlo preoccupato veramente.
"Vado a vedere se trovo dei vestiti adatti alla tua taglia, inizia a regolare l'acqua, se vuoi" annunciò, prima di lasciarlo solo.
Se Zayn fosse stato lì, l'avrebbe preso per il culo a vita.
Perché si guardava intorno, Louis, mentre pian piano si spogliava, si guardava intorno e si domandava che cosa diavolo ci faceva lì.
"Sei ancora così? Ti ammalerai sul serio se non ti togli quella roba di dosso" disse Harry apprensivo, apparendogli all'improvviso alle spalle.
"Aiutami" chiese piano Louis, e Harry si sentì un attimo mancare a sentirlo così indifeso. Aveva la pelle d'oca e ancora non gli era saltato in mente di stringerlo a sé per scaldarlo un po'. Forse semplicemente non sapeva di doverlo fare.
Lo aiutò e, quando si rese conto di averlo quasi del tutto nudo di fronte a sé, l'istinto fu di voltarsi, prendere la porta e uscire da lì, ma Louis no, Louis era curioso, era più impulsivo, quindi "anche tu ti ammalerai se non ti togli quei vestiti, perché non fai il bagno con me?" propose, mettendo in totale difficoltà il riccio che ora voleva solo sparire.
"Perché... io non... no, Louis, avvisami quando hai finito" disse, quasi convinto, mentre si voltò di scatto e lo lasciò di nuovo da solo.
Chiuse la porta alle sue spalle e ci poggiò la schiena.
Cretino.
Idiota.
Deficiente.
Perché l'hai fatto venire qui se non riesci nemmeno a guardarlo?
Perché sono cretino.
Un idiota.
Un deficiente.
Sospirò, e andò da sua sorella, seduta sul divano, ma per niente concentrata sul programma televisivo che stava fingendo di vedere.
"Che altro hai combinato?" subito lo rimproverò appena vide la sua faccia da funerale.
"Niente... è questo il punto" rispose, facendo inarcare un sopracciglio alla sorella.
Sentiva di aver voglia di piangere e che, per una volta, i rimproveri di Gemma gli avrebbero fatto bene, quindi iniziò a tirare su col naso, mentre lei sbuffava e "dov'è lui?" chiese, quasi temendo le dicesse che era scappato da una finestra.
"Si sta lavando, stavo andando a cercargli dei vestiti asciutti ma... oh dio, sono un imbecille, Gem, non ne faccio mai una giusta!" si lamentò, mentre la sorella, sospirando, gli si avvicinò piano.
"Che hai combinato, adesso?" chiese, poggiandogli una mano sulla spalla, e quando lui le raccontò, la ragazza a stento si trattenne dal confermare che sì, era un imbecille.
"Te l'avevo detto che non gli facevi schifo" si limitò ad affermare, mandando ancor più in confusione il ragazzo.
Non doveva succedere, per quanto lo volesse non doveva e basta.
Non ce l'avrebbe fatta, lo avrebbe solo fatto star male e sapeva già che Louis non lo meritava, anche se non lo conosceva abbastanza per affermarlo con certezza.
"Cosa devo fare?" chiese, desideroso di risposte esaudienti.
L'espressione di Gemma fu eloquente, non aveva bisogno di parole, infatti lui capì, andò a prendere dei vestiti a caso, tanto della sua taglia non avrebbe mai trovato nulla, e tornò al bagno.
Louis era appena uscito dalla vasca, l'aveva fatto lentamente e si stava finalmente scongelando un po'. Gli piaceva il sapore che il bagnoschiuma di Harry gli aveva lasciato addosso ma, allo stesso tempo, lo infastidiva, perché quello era il suo stramaledetto odore!
Sentiva che sarebbe uscito pazzo e nessuno lo avrebbe aiutato. Nemmeno lo stesso Harry che adesso lo stava fissando con lo sguardo triste.
"Sei ancora bagnato" disse piano, guardando i suoi ricci scomposti e zuppi.
"E tu sei già asciutto" sorrise. Oh sì, Gemma aveva proprio ragione, gli piaceva, gli piaceva tantissimo.
"Ti lascio il bagno, ho sentito che ha smesso di piovere, andrò a casa" comunicò cercando di concentrarsi su qualsiasi cosa che non fosse il suo viso perfetto e ancora umido.
"Come a casa, non... è tardi, perché non resti?" Ancora quella audacia inutile. A che serve, se tanto non riuscirai nemmeno a sfiorarlo?
"Perché penso di aver già disturbato abbastanza, e non si deve parlare al conducente" disse mantenendo la calma, i pugni serrati, trovando improvvisamente interessantissima la maniglia della porta alle spalle di Harry.
"Me ne vado, perché ti vedo tremare e non mi va ti ammali per colpa mia."
Uscì passandogli di fianco, il tremore più forte quando lo sentì sfiorargli il braccio col proprio. Aveva freddo, adesso, ma non solo per via dei vestiti zuppi.
Perché Harry non l'aveva fermato? Nessuno dei due riuscì a darsi una risposta.
Louis uscì da quella stanza raccogliendo le sue cose e poi da quella casa, sotto l'occhio accusatorio di Gemma alla quale non disse una parola, a parte per farsi dare qualcosa dove riporre i suoi vestiti bagnati.
Avrebbe restituito a Harry i suoi, sicuramente, ma non prima di averci dormito, almeno per quella notte.

Come previsto, entrambi si ritrovarono il mattino seguente con la febbre. Non molto alta, ma abbastanza per bloccarli a letto.
Gemma si era trasformata in una amorevole infermiera per occuparsi del fratello, mentre Louis subiva le cure alternate e alquanto fastidiose di Zayn e Liam. Niall era un po' ipocondriaco e non amava star vicino a gente malata, cosa per la quale era continuamente preso in giro da tutti.
"Tommo, dunque riccioli d'oro ti ha proprio fregato, adesso ti ammali pure come una femminuccia!"
Erano passati due giorni da quando era stato a casa di Harry, ed al nervosismo che già aveva si era aggiunto quello per l'aver dovuto saltare l'esame al quale si era iscritto.
Avrebbe dovuto aspettare un altro mese, ovvero ben oltre la laurea dei suoi amici, e questo lo irritava più della febbre e più di Harry che era ancora un enigma per lui.
"E' solo una febbriciattola, Zayn, non mi scocciare!"
Sbuffava in continuazione, mentre tirava su col naso lamentandosi della sua voce roca. Si odiava quando gli bruciava la gola, soprattutto perché questa volta se l'era cercata. Avrebbe passato a letto un altro giorno, con quei due a sfidarlo continuamente a Fifa e riempirlo di pasticche infilate nel brodo caldo che nessuno sapeva preparare meglio di Liam, e voleva solo uccidersi.
Aveva i vestiti di Harry ripiegati sulla sedia vicino alla scrivania e ogni tanto ci buttava un occhio, meravigliandosi del fatto che Zayn non li avesse ancora notati, e stava pensando a quando avrebbe dovuto restituirglieli, a come avrebbe fatto, a cosa gli avrebbe detto.
Sbuffò e cercò di concentrarsi su altro.

A casa di Harry la situazione era decisamente diversa.
Gli Styles sembravano nati per fare i cuochi e per essere delle amorevoli persone di casa, quindi Harry era quasi contento di avere sua sorella che gli gironzolava intorno, che cucinava per lui e gli controllava la temperatura mentre si assicurava che prendesse lo sciroppo.
Era contento che anche lei avesse imparato dalla madre perché, ora che non viveva più con lei, non avrebbe saputo come altro fare.
Aveva chiesto scusa a lavoro venti volte per esser costretto ad assentarsi, specie all'ultimo momento, ma smise di importargli nel momento in cui realizzò che non avrebbe visto Louis per un po' e questo, secondo lui, sarebbe stato un bene.
Mi sarebbe passata, si diceva. E se lo diceva con ferma convinzione. Fortunatamente mai ad alta voce, sia mai sua sorella gli ricordasse che era solo una vana speranza.
"Domani starai meglio, fratellino, ma non ti azzardare ad andare a lavoro" l'aveva redarguito lei, mentre gli passava una camomilla. Fuori c'era un po' di nevischio misto a pioggia e sì, di certo non ci teneva ad avere una ricaduta immediata dopo che non aveva fatto altro che starnutire e tossire per tre giorni.
Più che altro non ci teneva a rivedere Louis, anche se sapeva che non avrebbe potuto fare molto per evitarlo.

Per la prima volta dopo mesi, Louis salì sul suo solito autobus e... l'autista non era Harry.
Superato il primo attimo di confusione, che lo portò persino a pensare di aver sbagliato mezzo, si accomodò in un angolo e si guardò intorno spaesato.
Non che lo avesse sempre calcolato, ma era sicuro che mai, MAI, Harry avesse saltato un giorno di lavoro. Si lasciò prendere un po' dal panico, e fu solo quando, due fermate dopo, Zayn salì a fargli compagnia, che capì: aveva avuto la febbre, probabilmente sarà successo anche a lui.
Tirando un sospiro di sollievo, il suo amico gli diede una pacca sulla spalla e iniziò a parlargli dell'imminente festa di laurea che avrebbe fatto insieme a Niall.
"Manca un mese, sembra stiate organizzando un matrimonio!" si era lamentato, e aveva passato tutto il viaggio fino all'università così. Quando arrivò, pregò tutte le divinità che conosceva affinché il suo professore fosse abbastanza indulgente da permettergli una interrogazione anticipata perché diamine, anche lui doveva laurearsi!
"Ti manca il tuo ragazzo, Tommo?" lo aveva punzecchiato Zayn lasciandolo solo. Ah, allora si notava... ma ehi, quale ragazzo?
"Mai quanto manca a te il tuo, cretino di un Malik!" Che aveva detto?
"Ah, quindi è il tuo ragazzo, lo ammetti! Sei una merda, Tomlinson, una vera merda!"
Gli aveva mollato un calcio non troppo forte mentre scendeva dal bus e si allontanava. Non gli importava della gente che l'avesse potuto sentire, né di quell'autista che, chissà, magari conosceva Harry e avrebbe collegato... ma no, come avrebbe potuto? Doveva darsi una calmata!

Il suo professore aveva ascoltato il ragazzo parlare per quasi dieci minuti prima di dirgli che andava bene, l'avrebbe sentito il giorno successivo, e Louis l'aveva ringraziato, forse con troppa enfasi, mentre andava via.
Era strano, si stava rendendo conto che non avrebbe più messo piede lì dentro se non per altre due o tre volte, e questo voleva dire solo una cosa: niente più autobus delle 7. Gli sembrava così inverosimile, assurdo.
'Ma c'era sempre quello delle 10' gli aveva ricordato la vocina nella sua testa e questo l'aveva fatto annuire e sorridere, mentre iniziò a passeggiare fuori dalla facoltà e si accese una sigaretta.
Quello era il giorno in cui avrebbe iniziato a cercarsi un altro lavoro, magari anche senza lasciare il primo, tanto per avere più soldi.

"Fratellino, posso partire tranquilla?" gli aveva chiesto Gemma mentre gli premeva una mano sulla fronte per assicurarsi che non fosse più bollente. Harry aveva annuito, dicendole che ormai stava bene e che doveva lavorare se voleva guadagnare abbastanza da permettersi ancora quell'appartamento.
"Dovresti cambiare lavoro, mi fa rabbia che tu abbia messo da parte la tua passione."
Harry amava scattare foto. Nulla di particolare, ogni tanto prendeva il suo cellulare e faceva qualche scatto a quel che gli piaceva, fosse anche una foglia appassita sull'asfalto.
Lo amava, ma aveva smesso di dedicarcisi quando aveva realizzato di non avere abbastanza soldi per permettersi una macchina fotografica di quelle serie né tantomeno alcun aggancio per entrare in quel mondo. Avrebbe fotografato anche i matrimoni, se glielo avessero chiesto.
"Ne abbiamo già parlato, Gem, non sono poi così bravo come credi" disse afflitto, sapendo quanto sua sorella non fosse d'accordo. Scosse il capo, infatti, resasi conto che quella conversazione non avrebbe portato da nessuna parte, quindi lo salutò e andò via.
Lui finì di mettere da parte i piatti che avevano usato per la cena appena conclusa e si andò subito a sdraiare sul letto a leggere.
Louis.
In quel momento, pensò, avrebbe volentieri voluto una foto di Louis da osservare.

La quiete, la confusione, erano durate poco, o forse no.
Quella mattina Harry era sull'autobus, ma questa volta era Louis a non esserci. Inconsciamente arrivò subito a pensare che doveva essere malato come lo era stato lui, quindi non se ne preoccupò, almeno fino a quando non se lo ritrovò a bordo la sera.
"Ciao" si sentì dire, e Louis pensò non avesse risposto semplicemente perché aveva fatto una faccia scioccata quando l'aveva visto. Si era domandato, con ben poca modestia, se gli fosse mancato in quei giorni, non potendo sapere, ovviamente, che fosse stato assente anche lui.
No, invece. No, si stava ripetendo Harry in testa. Aveva sbagliato tutto, doveva smetterla, cavolo, doveva passargli, lui non poteva, non doveva. Non sapeva nemmeno perché, ma non doveva. Voleva, ma non doveva. Quindi no, non gli avrebbe più risposto, non gli avrebbe più parlato, al diavolo sua sorella che già lo vedeva felice e fidanzato, non sarebbe successo, non poteva, semplicemente perché non ne era capace.
Infatti non gli piaceva come lo faceva sentire, non gli piaceva il modo in cui il suo cuore accelerava i battiti quando solo guardava Louis di sfuggita. Lui lo sapeva quando era successo, quando aveva iniziato a sentirsi così ed era stato brutto, orribile, passare mesi interi a soffocare la voglia matta che aveva di parlargli, di entrare nel suo mondo, di esprimere il suo parere sulle cazzate che Zayn gli raccontava. Lo sapeva, e proprio per questo si rendeva conto che non avrebbe potuto sopportarlo, anche se ormai non era più un ragazzino e di quel che era successo alle medie non gli importava più.
Lo sapeva, come sapeva di essere stupido a fare un ragionamento simile, ma al momento non riusciva ad articolare niente di meglio, né tanto meno avrebbe potuto spiegarlo a Louis, che era sempre così curioso, sempre così presente anche da lontano, e che non lo avrebbe lasciato andare.
Lo aveva capito nel momento in cui lo aveva guardato triste, genuinamente triste, nel bagno di casa sua.

Il fatto era che Louis era davvero curioso, tremendamente curioso, proprio come aveva detto e fatto capire a Harry, e quella sera aveva tutta l'intenzione di parlargli, di restituirgli i vestiti che era tutto il giorno che teneva in una tracolla che gli stava spezzando una spalla. E soprattutto di chiarire tante cose, a partire dalla voglia assurda che aveva di fare l'amore con lui da quando lo aveva baciato la prima volta.

"Volevo ridarti questi" disse piano, nella testa la voce di Zayn che gli dava del dodicenne alla prima cotta. Harry allungò semplicemente un braccio per prendere la busta e, scendendo dal bus, aspettò che lo facesse anche Louis, così da poter chiudere tutto.
Non una parola, non un cenno di ringraziamento, semplicemente se ne andò, senza neanche guardarlo. Louis si grattò la testa non riuscendo a capirne il motivo.

Zayn e Niall si sarebbero laureati ad un giorno di distanza l'uno dall'altro e il fatto che avessero deciso di organizzare una festa unica gli stava decisamente sfuggendo di mano.
"Se non fossi certo che Niall sia etero, penserei che tu stia organizzando un matrimonio segreto con lui" aveva detto Liam al moro, soffiandogli nell'orecchio. Era una cosa che a Zayn piaceva da morire, lo faceva letteralmente impazzire, e infatti finiva sempre per dargli un bacio prima di rispondergli.
"Sei un cretino." Un modo tutto suo per ribadirgli quanto lo amasse. Liam sorrise a quelle parole a cui ormai era abituato, in fondo si era innamorato di lui anche per quelle.
La festa si sarebbe svolta in una discoteca non troppo grande, ma sempre stracolma di gente. Non che quei due avessero chissà quanti amici ma si sa, gli studenti sanno sempre come imbucarsi alle feste.
Louis era l'unico che pareva poco entusiasta dell'avvenimento ed era dispiaciuto perché ancora non aveva davvero voglia che i suoi amici se ne accorgessero e, quindi, gli facessero domande.
Ma i suoi amici gli vogliono bene, e quindi avrebbe dovuto aspettarsi il "è tutto ok?" di Liam o il "torna sulla Terra, Tommo" di Zayn, mentre Niall ridacchiava poco convinto sullo sfondo.
Lui li guardò, tutti e tre, mentre se ne stavano seduti su un muretto vicino al loro bar che ancora doveva aprire, prese un tiro dalla sua sigaretta e, sbuffando, disse semplicemente "volevo solo invitarlo alla festa."
Non fu necessario chiedere di chi stesse parlando perché il "minchia, Tomlinson è innamorato" di Zayn aveva letteralmente squarciato il silenzio, reso ancora più imbarazzante dal rossore apparso sul viso di Louis.
Sì, cazzo.
Purtroppo era così.
Si era innamorato di Harry, ma lui pareva proprio non volerne sapere.
Forse era semplicemente arrivato troppo tardi.
"Senti chi parla" aveva detto, provando a sdrammatizzare, e puntando lo sguardo verso Zayn e poi verso Liam. Niall decretò la vittoria di questo primo round per Louis.
"Torniamo seri" continuò poi il biondo, facendo quasi scompisciare gli altri, perché lui quando mai era serio, "racconta che è successo."
E Louis dovette finire la sua sigaretta prima di riuscire a trovare le parole giusto, perché come poteva spiegare ai suoi migliori amici che la cosa nata come un gioco, come una scommessa, si era trasformata in qualcosa di serio?
"Senti, Tommo" provò a dire la sua Zayn, "io non penso proprio che lui non ti voglia, anzi, credo sia l'esatto contrario. Non ti ha sfiorato l'idea che, forse, abituato com'è a stare da solo, si sia spaventato?"
Louis sussultò. Poteva essere esattamente così, in effetti alcune cose combaciavano. Gli altri approvarono.
"Che cosa dovrei fare, quindi?" chiese, sospirando, quasi senza forze.
"Dagli tempo, non insistere troppo, anche se ti manca" si intromise Liam "perché lo so che ti manca, altrimenti non staresti qui a parlarne con noi."
Louis perse un battito. In che casino si era cacciato.
"Tomlinson, sono fiero di te" gli disse poi Zayn, dandogli una pacca su una spalla, Niall che sorrideva piano guardandolo.
"Perché?" chiese timido.
"Perché finalmente hai permesso a qualcuno l'accesso al tuo cuore."

Louis sapeva perfettamente di essere una persona piena di difetti, e che questi avevano spesso condizionato le scelte della sua vita.
Beh, nonostante tutto, per quello che stava per fare non avrebbe mai avuto alcun rimorso.

Quando salì sull'autobus delle 10, sentì subito un groppo in gola, mentre si imponeva di ignorare Harry, nonostante quella sera fosse tremendamente bello, forse più del solito, o forse era sempre lo stesso, ma ormai per lui era tremendamente bello a prescindere.
Harry non aveva distolto lo sguardo dalla strada, perché aveva già visto prima di accostare che, a parte lui e Zayn, non sarebbe salito nessun altro a quella fermata. Louis infatti ringraziò per la presenza provvidenziale dell'amico, altrimenti non sarebbe riuscito a fare niente.
Harry era nervoso, invece, gli tremavano le mani, ma doveva andare avanti, guidare e sperare che quella serata finisse presto.
Zayn ogni tanto buttava un occhio verso di lui e poi tornava a guardare il suo amico visibilmente agitato.
"Smettila, finirai per romperle" disse, indicando le mani di Louis. Erano chiuse a pugno e le stava stringendo talmente forte da essersi fatto venire le nocche bianche. Di quel passo si sarebbe spezzato un osso con un po' di forza in più.
Zayn era sempre scherzoso, è vero, ma quando c'era da preoccuparsi, era sempre in prima linea. Era il migliore amico che Louis potesse desiderare, e infatti lo ringraziò col labiale, per essere lì a sincerarsi che non facesse una scenata all'autista che era di nuovo tornato ad essere uno zombie.
Certo, non poteva garantire per quelle due fermate in cui l'avrebbe lasciato solo, ma almeno poteva provare a farcelo arrivare tranquillo.
Lo salutò e, con un cenno, gli fece capire di restare calmo, ma Louis aveva smesso di essere calmo nell'esatto momento in cui l'amico l'aveva lasciato lì.
Si alzò dal suo posto praticamente subito e si avvicinò a Harry, il quale continuava a guidare come se nulla fosse, ringraziando i suoi indumenti che gli coprivano le braccia che avevano la pelle d'oca.
"Domani i miei amici fanno una festa per la loro laurea. Avresti dovuto sentire la discussione di Niall, ti sarebbe piaciuta sicuramente, mentre quella di Zayn... di quella non ho capito quasi nulla, quindi non saprei dirti."
Gli stava parlando senza ricevere nemmeno un cenno del fatto che lo stesse ascoltando, e si sentiva così stupido, con quella sbarra che li divideva e lui che non lo guardava.
"Verresti con me?" osò chiedere, e finalmente Harry si voltò. Lo fece solo per un secondo, ma lo guardò, lo osservò e, al bagliore dei lampioni che si susseguivano per la strada, i suoi occhi erano talmente verdi che Louis si sentì mancare. Era lì ad aspettare una risposta che non arrivò, quando si fermarono al capolinea e dovette pure fargli spazio per farlo uscire dalla sua postazione.
Ma non lo fece, non subito almeno. Sapeva come aprire quella sbarra, quindi lo fece lui, sfiorando per caso la sua mano con la propria. Mano che ritrasse subito, come se avesse preso una scossa.
"Basterebbe anche un semplice no, e non mi offenderei, Harry" disse, impedendogli di uscire da lì, nonostante la sbarra aperta.
Harry deglutì, perché quello sguardo... dio, quello sguardo era glaciale! Non riuscì a reggerlo, se avesse continuato a guardarlo avrebbe fallito, gli avrebbe detto che non vedeva l'ora di andare a questa festa con lui e l'avrebbe baciato per ringraziarlo.
Ma c'era qualcosa dentro di lui che gli diceva che tutto questo era troppo, quindi abbassò lo sguardo e Louis si sentì sconfitto, alzò le mani in segno di resa, e lo lasciò andare.
"Vaffanculo" disse a bassa voce "vaffanculo, Harry" e andò via.
Harry pianse. Poco, ma lo fece, dandosi del cretino, per la sua fottuta paura di vivere.

Come in ogni locale notturno che si rispetti, le luci psichedeliche e l'alcool fioccano.
Quella sera fioccava anche la gente, sbucata da ogni dove, che lo riempiva come un uovo.
Niall era già ubriaco, ma soprattutto era felice, perché aveva appena rimorchiato la, secondo lui, ragazza più bella del mondo.
Anche i suoi amici erano brilli, soprattutto Louis, che aveva passato l'intera giornata a cercare di non pensare alla sera prima, e aveva fallito miseramente.
Perché Harry si comportava in quel modo? In fondo era stato lui a rivolgergli la parola per primo, perché aveva smesso?
Non riusciva a trovare una risposta, sebbene quel che gli aveva detto Zayn continuava a perseguitarlo. Poteva essere l'unica verità accettabile, ma non era accettabile per lui.
La barista del loro pub preferito, quella sera, si era messa tutta in ghingheri perché sperava che, magari da ubriaco, avrebbe potuto finalmente ottenere qualcosa da lui.
Ne era ossessionata, le piaceva da morire, immaginate quindi la sua espressione sgomenta quando lo vide avvinghiato ad un ragazzo. Era riccio, un po' più alto di lui e, per un attimo, mentre lo baciava, Louis cercò di evitare i paragoni col riccio che avrebbe voluto fosse al suo posto, cercò di cacciare indietro le lacrime, perché se l'amore lo faceva stare così di merda beh, voleva sapere come fare a disinnamorarsi.
"Che cazzo fai!" intervenne Liam, che pareva essere l'unico sobrio in tutto il locale. Louis sembrò non gradire quella intrusione e lo strattonò via imprecando un po' nel mezzo del "lasciami stare" che gli urlò contro.
Però si era staccato dal ragazzo riccio che era brillo quanto lui, ma capace ancora di capire che entrambi non volevano essere lì.
Chissà, magari anche lui aveva qualcuno che stava cercando di dimenticare, perché basta poco, basta veramente poco, per convincerti che non ti importa, almeno per un po'.
Quindi si erano guardati, si erano sorrisi sommessamente e, quando Louis aveva provato a riavvicinarsi, il ragazzo gli aveva sì permesso di baciarlo ancora una volta, ma poi l'aveva allontanato perché era giusto così.
Andò a cercare Liam per chiedergli scusa, e l'aveva trovato, ovviamente, con Zayn, il quale gesticolava visibilmente agitato, forse anche un po' nervoso.
Conosceva benissimo il suo amico, sapeva che era per ciò accaduto poco prima.
"Ehi Tommo" gli urlò, cercando di sovrastare la musica troppo alta, "se hai problemi, sei represso, cerca di sfogarti con qualcuno che non sia il mio ragazzo, chiaro?"
Liam stava lì che li guardava cercando di dire che non era niente, che in fondo, anche se era caduto, non si era fatto niente. Che c'era una festa e non dovevano rovinarsela.
"Hai proprio ragione, Payne. Ecco perché me ne andrò a casa, grazie e ancora congratulazioni, chiedete scusa al biondo da parte mia, eh."
I due ragazzi non dissero più niente, semplicemente lo lasciarono sparire tra la folla, perché forse, era meglio se ne andasse, era ovvio che non gli interessava stare lì, si sarebbero chiariti poi a mente lucida.
Si fece portare a casa da un taxi e, appena poggiata la testa sul cuscino, si addormentò.
Furono gli unici momenti in cui non pensò a Harry.

"Di cosa hai paura? Hai trovato qualcuno che ci tiene, che ti ricambia, mi spieghi che problemi hai? Certe volte penso tu sia stato adottato!"
Gemma aka tornado era tornata. Mai momento avrebbe potuto essere peggiore.
"Io non sono come te" le aveva ripetuto almeno mille volte e lei si era stancata, talmente stancata che stava per prenderlo a schiaffi, per la prima volta nella sua vita.
"Oh lo so, io mica sono scema!"
Nonostante lo stesse rimproverando, gli piazzò davanti una tazza di the perché erano giorni che lo vedeva afflitto per motivi che proprio non riusciva a capire. In pratica lo stava drogando di the.
"Hai ragione" disse sorseggiando "non lo sei."

La sua routine riprese come prima, anche se stava iniziando a pensare che, forse, lavorare per tante ore non fosse più una scelta così saggia.
In fondo, però, era stato lui a deciderlo, perché voleva guadagnare di più, perché sperava di potere, un giorno, ridedicarsi a quel che gli piaceva sul serio, ma nessuno sembrava dare retta ad un autista d'autobus senza alcun curriculum, quindi ci aveva lasciato stare.
Non avrebbe mai chiesto a sua sorella di regalargli la reflex che tanto sognava, perché lui semplicemente... non parlava, gli veniva più facile tenersi tutto dentro, anche perché l'unica volta che non l'aveva fatto gli era capitato Louis e ancora non aveva imparato a gestirlo.
Nemmeno quando lo rivide, con lo sguardo freddo, strafottente, di chi non lo conosce affatto.
Avrebbe dovuto sentirsi bene, perché era questo che voleva, il distacco, invece a quanto pare si sentiva peggio di prima. Gli mancava parlargli.
Che scemo.

Capolinea.
Ormai faceva alcuni gesti in automatico e davvero, sperava che anche quel giorno sarebbe filato liscio, ma no, qualcosa sembrava non essere d'accordo.
Scoppiò un temporale, dal nulla, e lui si mise a ridere tra i denti perché gli sembrava di rivivere un deja-vù: lui solo sul bus con Louis e la pioggia a bloccarlo perché, ovviamente, aveva dimenticato l'ombrello.
"Permesso" si sentì dire alle spalle. Era di fronte alle porte spalancate e impediva a Louis si uscire. Si spostò senza fiatare e pensò di averla scampata anche quella sera, pensò che sì, magari in una decina d'anni, avrebbe smesso di pensare a lui.
Magari se ne sarebbe andato, avrebbe smesso di prendere quel bus, e non l'avrebbe più rivisto.
Lontano dagli occhi, lontano dal cuore, no?
"No, un cavolo, adesso non me ne vado" disse Louis interrompendo i suoi pensieri, "adesso resterò qui fino a quando non mi dirai almeno buonanotte, perché penso di meritarmelo, Harry. Un minimo di considerazione, penso di meritarmela da te, anche perché non ti ho fatto niente e, se te l'ho fatto, devi dirmelo."
Si era fermato sotto la pioggia, che l'aveva bagnato tutto in pochi secondi ma lui sembrava non curarsene, aveva tutta la sua attenzione rivolta a Harry, occhi puntati nei suoi.
"Forse ho intaccato la tua corazza, forse sei una persona a cui piace stare da sola, forse ti ho scombussolato, ma non posso campare di forse, lo capisci? Se non volevi ti baciassi, ti chiedo scusa, se non dovevo parlarti, anche, però devi dirmelo, Harry, io non sono un indovino."
Harry lo stava guardando, senza fiato, si stava quasi dimenticando di come si respirasse quando scese dall'autobus e si fece bagnare dalla pioggia anche lui. Si stava avvicinando a Louis come attirato da una calamita. Deglutì, ma continuò a non dire nulla.
Continuò a non dire nulla finché non fu che ad un paio di centimetri da lui, abbastanza vicino da sentirlo respirargli addosso, abbastanza da potergli poggiare una mano su una guancia e dirgli, finalmente, "non chiedermi più scusa per avermi baciato. Fallo di nuovo, se ti va."
Un tuono esplose proprio in quell'istante, tanto che Louis fu davvero convinto di non aver capito bene.
"Come?"
E il bacio arrivò così, quasi come se fosse pianificato, perché Louis non aveva capito davvero, quindi fu Harry a prendere l'iniziativa. Sapeva di pioggia, di zucchero e di tutte le sigarette che Louis aveva fumato quel giorno. Sapeva della voglia che avevano di starsi addosso, ecco perché Louis spinse Harry all'indietro finché non inciamparono sull'ingresso del bus e caddero uno sull'altro. Finalmente aveva capito.
Gli tolse la tshirt praticamente appiccicata addosso per l'acqua, e si fermò qualche secondo ad ammirare il suo torace tonico e coperto di qualche tatuaggio davvero singolare.
E lui che pensava che i suoi fossero strani!
"Sei bellissimo" disse "mi era mancato il suono della tua voce." E si piegò a baciarlo, gli catturò le labbra, per poi spostarsi al collo, mordendoglielo in più punti. Harry ansimò e si sentì già eccitato a tal punto che, quando Louis sfregò la sua erezione in procinto di formarsi, ansimò più oscenamente.
"A me eri mancato tu. Scusami, sono... un idiota."
Erano sempre uno sull'altro, Louis seduto su di lui che lo guardava e gli spostava, giocandoci, i ricci dal viso.
"Il fatto è che... penso di amarti, probabilmente da sempre, e da quando l'ho capito ho iniziato ad avere una paura matta."
"Di cosa?" lo interruppe Louis, entrambe le mani ad accarezzargli il viso.
"Di non poterlo sopportare. Sono scemo, proprio come dice mia sorella."
Distolse lo sguardo, ma Louis glielo fece di nuovo puntare nel proprio.
"Sì, un po' lo sei, io pensavo ce l'avessi con me." E scosse il capo, Harry, sembrando ancora più piccolo agli occhi di Louis, che si piegò per baciarlo di nuovo e sussurrargli "voglio che fai l'amore con me."
Harry deglutì, non poteva credere a quello che aveva appena sentito.
"Ma..." provò a protestare "...sei... insomma io..." balbettò. Louis si tolse la maglietta zuppa e lo scrutò.
"Non dirmi che sei vergine" esclamò prendendolo in giro.
"No, certo che no, solo che... sì, insomma, non ho mai fatto l'attivo perché..."
"Meglio, vorrà dire che avrai la tua prima volta, con me." Arrossì, era così deciso mentre gli diceva certe cose che si sentiva davvero piccolo, sotto il suo corpo.
"O-ok, ma... dimmelo, poi... se non sarò bravo, ecco."
Louis si intenerì, continuava a balbettare imbarazzato e si intenerì a guardarlo mentre lo faceva.
"Non mi importa se non sarai bravo, mi importa sentirti. Voglio sentirti, Harry."
Perse il respiro a quelle parole. Nessuno, mai nessuno prima gli aveva detto una cosa del genere, e gli diede quasi sicurezza, forza, quando capovolse le posizioni e si mise sopra di lui.
"Va bene... va bene... ehm, non ho niente con me, ma posso giurarti che sono pulito, non... non ti farei mai del male." Louis sorrise.
"Ti vuoi calmare? Sono pulito anche io e, in ogni caso, mi fido di te."
Si erano aiutati a togliersi i jeans a vicenda, a fatica, perché erano zuppi di pioggia, non prima di essersi liberati dalle scarpe. La pioggia continuava a cadere copiosa e i lampi a squarciare il cielo. Non c'era più nessuno nell'autostazione e pareva comunque non esser sembrato strano che le porte di quell'autobus fossero rimaste aperte.
I due ragazzi si stavano baciando, furiosamente quasi, e Louis si meravigliò dello spirito di iniziativa del riccio che gli stava letteralmente disegnando cerchi e chissà che altro immaginari con la lingua su tutto il corpo. In particolare aveva scoperto quanto gli piacesse succhiargli le cosce sode, mentre teneva in mano il suo membro eretto e lo masturbava.
Probabilmente gli aveva lasciato anche dei segni rossi, perché la pelle gli pizzicava lì dove le labbra del riccio erano passate.
Gli aveva impedito di toccarsi perché non voleva venisse così presto, e aveva iniziato a giocare con le dita attorno alla sua apertura prima di penetrarla con due di esse senza fare il benché minimo complimento.
Louis gemette, perché le dita di Harry erano lunghe, affusolate, e gli quasi sfioravano la prostata, gli sembrava incredibile. Gemette e gli si spezzò il fiato in gola quando il riccio inserì un terzo dito guardandolo. Sorrise felice, e forse furono le sue fossette accentuate, ma Louis era quasi al culmine, di già, lo sentiva.
"Ti prego, non ce la faccio più" disse in un soffio, e Harry sforbiciò, godendo di quella visione. Louis era in estasi e vederlo in quelle condizioni mandava in estasi anche lui.
Sostituì subito le dita col suo membro, e spinse a fondo sempre più veloce mentre "guardami" gli diceva tra un gemito soffocato e l'altro "guardami mentre ti dico che ti amo" continuò, affondando in lui, e ripiegandosi sul suo corpo, la testa nell'incavo del suo corpo.
"Ti amo" aveva risposto Louis, e Harry, che era ancora fermo in quella posizione così confortevole, aveva iniziato a piangere, perché non era possibile che fosse vero.
Che scemo.
"Ti amo davvero, Harry, non piangere. E' una cosa bellissima, perché la provi anche tu."
E infatti il riccio si calmò, riprese a spingersi in lui, sempre più forte, finché venne e Louis lo seguì dopo pochi secondi.
"Ripetimelo."
"Cosa?"
"Lo sai cosa."
Louis lo guardò, accasciato al suo fianco, la testa sul suo petto. Gli accarezzò i capelli sfatti dalla pioggia e "ti amo" gli disse, baciandogli la fronte, "ti amo da morire."
Harry sorrise, era l'unica cosa sensata che riusciva a fare. Sorrise e non riuscì a smettere. Esattamente come la pioggia, che continuò a cadere incessante per le successive due ore, che loro passarono seduti su quel pavimento, uno appoggiato all'altro, e finirono addormentati.

Quando si svegliò, Louis si accorse di essere steso a terra, che la pioggia aveva smesso e che fuori era ancora buio. Le porte del bus erano sempre spalancate, ma Harry non c'era.
Si guardò intorno circospetto e si accorse di avere di nuovo i vestiti addosso. Come aveva fatto a rivestirlo senza svegliarlo? Ma, cosa più importante, perché era andato via?
Il suo primo pensiero, anche se era notte fonda, fu di precipitarsi a casa sua, anche se non ricordava bene dove abitasse.
Ci mise un po', ma alla fine individuò la porta giusta, dopo aver azzeccato praticamente al volo la strada. Aveva avuto un flash dell'altalena che stava nel cortile esterno e che, praticamente, prendeva tutto lo spazio. Se la ricordava perché era coperta da un telo trasparente, esattamente come in quel momento.
Si avvicinò al campanello e iniziò a premerlo, incurante davvero dell'orario, tanto al massimo avrebbe svegliato anche Gemma che, sicuramente, l'avrebbe fatto entrare e aiutato a far ragionare il fratello.
Peccato, però, che nessuno andò ad aprire, almeno fino a quando non era ritornato sui suoi passi ed era già sulla strada.
"Lou..." soffiò piano, stropicciandosi gli occhi ancora impastati dal sonno, "che ci fai qui?"
E a Louis sembrò ribollire il sangue nelle vene.
"Che ci faccio qui? Che ci fai tu, qui! Ma che razza di persona è una che fa sesso con un'altra, la riempie di belle parole e poi la abbandona in mezzo alla strada? Credevo avessi risolto i tuoi problemi interiori, credevo mi avessi detto di amarmi!"
"Io... non posso, Lou..."
E fu un attimo: Louis tornò indietro, gli piombò addosso e gli diede uno schiaffo.
"Ecco cosa avrei dovuto fare quel giorno, avrei dovuto picchiarti, non baciarti. Pensare che mi sono fidato di te, vaffanculo!" E se ne andò.
Harry rimase lì, con la mano a sfiorarsi la guancia che Louis gli aveva colpito, mentre nella sua testa pensava che, se solo l'avesse fatto finire di parlare, l'avrebbe fatto, l'avrebbe baciato ancora, e non avrebbe più smesso.

Mancava pochissimo alla sua laurea. Ormai Louis andava all'università solo per le ultime revisioni della sua tesi e avere dritte dal suo professore sulla commissione, quindi non prendeva più il bus delle 7, ma solo quello delle 10.
Ecco forse perché non si era accorto che Harry non c'era. Non un giorno o due, non c'era mai.
Mai.
Se ne rese conto una sera in cui Zayn salì sul mezzo per primo e buttò l'occhio verso l'autista credendo di trovare una faccia familiare. Gli sembrò veramente strano che se ne fosse accorto così tardi.
Quella sera, Zayn gli stava spiegando quello che lui e Liam avevano pianificato da un po', ovvero acquistare il bar in cui lavoravano e trasformarlo in un pub che, magari, avrebbe finalmente chiuso un po' più tardi delle 10. Avevano da parte abbastanza soldi per farlo e ad entrambi piaceva stare lì, "ci sono quasi tutti i nostri ricordi migliori, tra quelle quattro mura" aveva detto, e Louis era contento di poter ancora far parte del team, fintanto che avesse trovato un lavoro più inerente ai suoi studi.
Il suo professore gli aveva già dato delle dritte per delle agenzie di comunicazione e fotografia dove proporsi come stagista e lui già non vedeva l'ora, così non avrebbe pensato a Harry.
Così non avrebbe pensato al fatto che non c'era.
"E' di nuovo malato?" gli chiese Zayn, come se lui dovesse saperlo per forza.
"Non lo vedo da..." sbuffò.
"...da quando avete scopato? Credevo che... insomma, non mi racconti più un cazzo!"
Louis aveva cercato di dirlo in maniera normale, come se non valesse poi così tanto per lui, ma ormai i suoi amici sapevano in che guaio si fosse cacciato e sapevano che non ne sarebbe uscito facilmente.
"Perché non vai a casa sua? A quanto ho capito, hai persino sua sorella dalla tua parte. Vai da lui, magari non a notte fonda, e resta lì finché non ti spiega che problemi hanno i criceti nel suo cervello!"
Zayn, da quando stava con Liam, era diventato un po' meno superficiale, forse perché aveva imparato a provare certi sentimenti profondi e si era reso conto che non fanno sempre male come pensava Louis che era arrivato a ventitre anni e non si era mai innamorato di nessuno.
Beh, fino a quando non aveva incontrato Harry, ovviamente.

Harry che si stava grattando la testa mentre cercava di placare il dolore tra le tempie causato dall'ansia. Stava per fare una cosa assurda, come se licenziarsi non fosse già stato assurdo abbastanza.
"Puoi pagarla a rate, in caso avessi bisogno ti aiuterò io, ma comprala, fratellino, datti una gioia, ogni tanto."
Gemma gli stava accarezzando una spalla mentre guardava con lui le varie offerte relative a delle reflex. Niente di esagerato, gli sarebbe bastato anche una macchina con degli obiettivi standard per iniziare, almeno si sarebbe lasciato sommergere da quello e non avrebbe pensato a Louis.
Lo aveva allontanato senza volerlo, ma non aveva comunque il coraggio di andarlo a cercare e dirgli che era tutto sbagliato, che lui era sbagliato. Sua sorella aveva persino smesso di nominarglielo.
"Ok" disse poi, all'improvviso, "ho scelto." E Gemma sorrise, esortandolo ad alzarsi da quella sedia e ad uscire.

La laurea di Louis era finalmente arrivata. I suoi genitori, coi quali i rapporti erano ormai quasi nulli da quando se n'era andato di casa, erano lì fieri come se fosse tutto merito loro. Louis non li sopportava, ma non poteva certo tenerli all'oscuro.
Liam e Zayn arrivarono poco prima di Niall, che era in compagnia della sua nuova ragazza di cui pareva essere innamorato perso. Tutti quei cuori non facevano bene a Louis, ma non poteva certo tenere all'oscuro anche loro.
La discussione fu veloce, il ragazzo non prese il massimo dei voti ma quanto bastava per permettergli di avere già un paio di colloqui per delle agenzie di mediocre livello. Niente di esaltante, ma almeno avrebbe potuto iniziare a riempire il suo curriculum.
La sala era gremita di gente perché quella mattina, oltre lui, si sarebbero laureati la maggior parte degli studenti dell'ultimo anno e questo forse fu il motivo che non gli fece notare subito quel ragazzo che continuava a scattargli foto.
Forse perché, a parte l'autobus o la strada buia e spesso bagnata dalla pioggia, non è che l'avesse mai visto in situazioni normali. Sì, era vero, quando si erano ritrovati nel bagno di casa sua aveva potuto studiarlo bene, e anche quando avevano fatto l'amore, ma adesso, con quell'aria così professionale, i capelli ricci leggermente più corti e quel look sportivo, stentava a credere ai suoi occhi.
Si era appena svolta la proclamazione e, tra applausi e fischi, Louis aveva iniziato a stringere la mano dei professori che componevano la commissione d'esame. Non gliene fregava nulla, voleva solo girarsi e andare da quel ragazzo.
Quel ragazzo che stava ancora lì e che, finalmente, aveva tolto la macchinetta dal viso e gli aveva sorriso.
"Scusatemi" disse ai suoi amici che stavano andando ad abbracciarlo fieri, probabilmente già pensando alla festa di quella sera. Li superò e andò incontro al riccio che, forse sentendosi braccato, iniziò ad indietreggiare verso l'uscita.
"Aspetta, Harry, non te ne andare." Si era aggrappato al suo polso e lo aveva sentito tremare.
"Volevo... ecco, io volevo dirti che... non è che non posso, è che..." balbettava. Balbettava sempre quando doveva dire qualcosa di importante. Balbettava anche se gli dava le spalle e non lo guardava. Respirò profondamente, prese coraggio e puntò quindi gli occhi nei suoi.
"Cavolo, Lou, non puoi presentarti a casa mia a notte fonda, io non sono lucido se prima non bevo il mio caffè al ginseng! Ma tu... non mi hai fatto finire di parlare e adesso mi odi. Non voglio che mi odi."
La presa di Louis sul suo polso si era allentata leggermente, mentre la sua espressione si poteva descrivere soltanto come sorpresa. Non se lo aspettava, per niente.
"Se non ti ho odiato in tutto questo tempo sento che potrei iniziare a farlo ora! Ma ti rendi conto che io mi ero fatto chissà quanti castelli in aria? Ti prenderei a pugni, adesso, davanti a tutti!" Harry sorrise nella risolutezza delle sue parole e a Louis mancò il fiato quando vide le sue fossette. Gli erano mancate, terribilmente.
"Fallo, penso di meritarmelo."
Ma ovviamente non lo fece. Gli ristrinse il polso e lo tirò a sé, per baciarlo, però. Non gli importava delle probabili reazioni negative dei presenti, né dello shock che avrebbe procurato ai suoi genitori, aveva bisogno di baciarlo, di sentire di nuovo il profumo di fragole e zucchero che le labbra di Harry emanavano. Lo baciò come se fosse l'ultima cosa che avrebbe potuto fare nella vita.
"Non sapevo fossi un fotografo" disse poi a bassa voce, spalmandoglisi ancora addosso.
"Non ancora, ho un colloquio tra un paio di giorni e mi hanno chiesto del materiale. Ho pensato fosse giusto iniziare dalla cosa che amo di più."
Annullare di nuovo la distanza tra loro gli sembrò la cosa più giusta da fare in risposta a quelle parole. Lo baciò quasi perdendo il respiro in quegli istanti, sentendo la sua lingua cercare implorante la propria e facendolo sorridere tra i denti.
"Ti preferivo quando non parlavi" disse, chiedendogli poi con chi avesse il colloquio.
"Anche io devo andare lì" esclamò. Gli accarezzò il viso e finalmente si allontanò quel tanto che bastava per prendergli la mano ed intrecciarla con la propria.
Harry arrossì a quel gesto e fissò le loro mani intrecciate per secondi interminabili prima che Louis attirasse la sua attenzione con un "ehi, cosa c'è?"
"Niente" rispose "è che ti amo così tanto che non posso crederci." Gli diede un bacio su una guancia e lui sorrise come un bambino.
"Mi farai venire il diabete, smettila!"
I due andarono verso Liam e Zayn che si stavano stuzzicando mentre Niall cercava di spiegare alla sua ragazza che non erano sempre così. I ragazzi li guardarono in viso, poi puntarono l'attenzione verso le loro mani e la gioia esplose nei loro sguardi.
"Hai visto che l'amore non fa così schifo, Tommo?" aveva detto Zayn, dando un bacio a fiori di labbra a Liam.
"Ragazzi, ehm... mi dispiace da morire ma... la festa di stasera è annullata, cioè... se volete andate voi, io..." Harry lo stava guardando sgranando gli occhi.
"Tu hai da fare con riccioli d'oro, non ti preoccupare, ci penserò io a tenere alto il livello, fingerò di essermi laureato di nuovo" disse Niall divertito come al solito dalla situazione. La sua ragazza, invece, tanto divertita non era e gli diede un pugno su una spalla.
"Non ti preoccupare, tesoro, starò sempre dove potrai vedermi" le disse, baciandola dolcemente.
Li lasciarono lì, mentre Harry iniziò a pensare che erano proprio un gruppo simpatico, ma si lasciò comunque prendere dal panico.
"Perché non andrai con loro? E' la tua festa, Lou..." disse.
"Perché so che tu non verresti, non è vero? E io ho perso già fin troppo tempo."
Harry lo guardò e alla fine annuì perché aveva ragione, non sarebbe mai andato a quella festa, nemmeno se ce lo avesse trascinato Louis. Non era fatto per stare in mezzo a troppe persone, specialmente senza la protezione della sbarra di vetro del suo autobus.
"Voglio stare con te, ho deciso che sei tu il mio regalo di laurea."
Harry si commosse di nuovo, tanto che gli prese anche l'altra mano e la intrecciò alla propria. Non disse una parola, mentre sospirava piano e sentiva il respiro di Louis sulla pelle.
"Perché non ti odio, Harry, non ti odio affatto" disse, prima che il riccio prendesse l'iniziativa e lo baciasse, lì, per strada, senza pensare a niente.
Chiamarono un taxi e Louis gli indicò l'indirizzo di casa propria. Lì c'era una cosa che voleva mostrare a Harry e di cui andava fiero come un bambino.
"E' una vespa" constatò il riccio quando la vide parcheggiata di fianco all'entrata.
"Sì, adesso con questa potremo andare a lavorare insieme, potremo fare tutto insieme. Niente più autobus, e... se dovesse piovere che importa, tanto ormai..."
"...siamo abituati" completò la sua frase sorridendogli felice.
Si diedero un ulteriore bacio e "vieni" gli disse Louis prendendolo per mano.
Entrarono in casa e si chiusero la porta alle spalle.
Ne uscirono solo la mattina successiva, quando Gemma bussò spaventata dal messaggio del fratello che le diceva di correre lì.
Ne uscirono perché la ragazza si sentiva in dovere di preparare loro un pranzo succulento per festeggiare e aveva tutto ciò che le serviva a casa di Harry.

"Sapevo che non era possibile fossi così scemo, fratellino!"  




I'm just trying to walk with you between the raindropsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora