Capitolo 32

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Una moltitudine infinita di Scavii correvano da una parte all'altra della stanza, sbraitando gli uni agli altri senza il minimo rispetto. Erano un turbinio di tutine bianche attorno al colosso di squame grigie. Il Padrone se ne stava disteso su un letto immenso, degno della sua mole, a fissare dritto davanti a sé con gli occhi che erano due piccolissime fessure.

La sua rabbia era praticamente palpabile.

«Mio signore Tremal» lo richiamò un semplice Scavii al bordo del letto, che non attirò minimamente la sua attenzione con quelle parole. L'alieno aspettò diligentemente qualche istante, ma non vedendo nessuna risposta si accinse a svolgere il suo compito: gli punse con una siringa la pelle nell'incavo del gomito e il Padrone reagì subito ruggendo e alzando il braccio di scatto come una frusta. Il malcapitato che aveva osato iniettargli dell'antidolorifico si ritrovò con la testa conficcata nel soffitto. Gli altri Scavii si fermarono per un solo istante a osservare gli ultimi attimi di vita del loro simile, poi ripresero le loro mansioni, ma stavolta in silenzio e facendo bene attenzione a non avvicinarsi più del dovuto a Tremal.

«Li ucciderò...» grugnì, con la sua voce gutturale. «LI UCCIDERÒ QUEI MALEDETTI TRADITORI, CON LE MIE MANI!»

Sentire una mano sulla spalla la fece letteralmente saltare dallo spavento.

Quel gigante furioso, gli Scavii, la frenesia... Era tutto sparito. Era di nuovo nel suo corpo, nella stanza ghermita di cavi, con Ary al suo fianco e Tie dietro uno schermo più grande di lui a fare le sue cose.

«Emma?» la richiamò il mutaforma, con un filo di voce.

Lei gli rivolse uno sguardo confuso; non sapeva spiegarsi cosa fosse successo, stavano parlando del più e del meno quando aveva avuto quella specie di visione, un istante esatto dopo che aveva appoggiato la mano sul cubo di ghiaccio... Si voltò a guardare la sua stessa mano e notò che era su quella di Ary, che l'aveva presa così delicatamente da non farsi nemmeno sentire. Osservò le sue dita intrecciarsi con quelle di lui come se appartenessero a un'altra. «Vuoi congelarti?» Disse Ary, portandole la sua mano sul petto, per scaldarla con il suo naturale calore.

Emma non riusciva a parlare o anche solo a pensare. La visione di quell'immenso mostro, quel Padrone, come lo aveva chiamato la voce nei suoi pensieri, l'aveva angosciata. Incastrò la testa sotto quella di Ary, chiudendo gli occhi e abbracciandolo. Sentirsi fra le braccia di lui, così calde e così forti, l'aveva sempre rassicurata, ma non quel giorno. La visione continuava a riproporsi fra i suoi pensieri impedendole di rilassare il respiro o di rallentare il battito frenetico del cuore.

«Che cosa succede?» domandò Ary, allarmato tanto quanto lei dalla sua improvvisa agitazione.

Emma scosse la testa, strusciando la fronte sullo sterno di lui. «Non capisco, è stato come un sogno a occhi aperti, ma qualcosa dentro di me dice che accadrà davvero.»

«Cosa accadrà?»

Emma alzò lo sguardo, terrorizzata. «Ci verrà a prendere Ary, ci ucciderà.»

Nell'immensa sala comune abbandonata in cui il multietnico gruppo stava in cerchio a osservare l'umana, i passi furenti di Diux, che se ne andava avanti e indietro immerso nei suoi pensieri, rimbombavano su tutte le pareti.

«Ma come cavolo fa a essere ancora vivo?!» sbraitò lo Scavii, dopo un po'.

Tutti si voltarono a guardarlo, specialmente Emma, seduta su di un piccolo sgabello malandato al centro della sala. Aveva appena finito di raccontare la sua "visione" (o come l'aveva definita Tie: condivisione di immagini e suoni tramite contatto di materiale plasmato da parte dell'umano-C0) a tutti, sollecitata da Ary, e Diux era subito andato in escandescenze.

«Ti ho sempre detto di non sottovalutare la fibra dei Padroni» osservò Zerx, atono come suo solito.

«Non importa» sbottò immediatamente il figlio, arrestando la sua marcia. «Non sanno dove siamo, non potranno mai trovarci. Che ci cerchi pure quel maledetto, nel frattempo noi gli distruggeremo tutto quello che lo circonda.»

«A proposito di questo,» irruppe Tie, mordendosi un labbro rosso, le sue striature bianche avevano una luminescenza sinistra in quel momento, come a voler rispecchiare le sue preoccupazioni, «temo ci scopriranno presto.»

La stessa rabbia che dominò gli occhi di Diux si fece strada fra le labbra di Ary come un ringhio cupo. «Che cosa hai combinato?» gli domandò il mutaforma.

Tie fece involontariamente un passo indietro, allontanandosi dall'amico e dall'altro alieno, che lo puntavano entrambi con sguardi di puro odio. «Io non ho fatto nulla!» mise le mani avanti, impaurito. «È stato l'umano. Sta sfruttando tutti i collegamenti che avevo preparato per Emma e si fa letteralmente delle giratine nei sistemi delle altre città.»

Diux si portò i palmi delle mani sul volto a coprirsi gli occhi e scosse debolmente la testa. «Lo scopriranno subito e risalire alla sorgente sarà uno scherzo...» concluse, in preda alla disperazione.

«Però è stato utile, ha fatto vedere a Emma il pericolo» cercò di minimizzare Tie.

«Condannandoci a morte nel mentre! Grazie tante» sibilò acidamente Diux, guardando il soffitto muffito.

Calò un silenzio teso. Persino l'inflessibile Zerx, notò Emma, si stava grattando nervosamente il mento in preda all'agitazione. Solo l'idea di quel mostro a chilometri di distanza da loro che progettava di ucciderli tutti la terrorizzava. Ma cosa poteva fare? Si guardò le mani che tremavano. Aveva paura come tutte le volte che aveva incrociato lo sguardo con Ago. Terrore puro. Ma stavolta non c'era solo la sua vita in ballo. Assurdamente, quella ormai era la cosa meno importate. «Facciamolo stasera...» propose, alzando lo sguardo e passandolo lentamente sui presenti: Ary, Tie, Diux e, infine, Zerx. «Anticipiamoli.»

Lo Scavii ricambiò la sua occhiata, piegando le sottili labbra grigiastre in un sorriso macabro. «Ha un senso.»

Tie scosse nevroticamente la testa. «Ma io devo ancora finire alcuni algoritmi, non...»

«Hai tutto il pomeriggio per farlo e se non basta li finirai quando sarò là dentro» lo interruppe Emma.

Il metà-marziano si riavviò i capelli all'indietro con le mani. «Potrei farcela...»

Emma annuì, determinata. «Si fa stasera.» Passò nuovamente in rassegna gli altri e anche quando il suo sguardo si incrociò con quello truce di Ary, la sua determinazione non vacillò. Fu la sua espressione decisa forse, o il fatto che ne avevano parlato per giorni e giorni convincendosi entrambi di quanto fosse la cosa giusta da fare, ma il ragazzo le sorrise infine fiero. Fiero di lei e del suo coraggio. Le annuì di rimando e quello le diede forza. «Non ho capito in quale delle città siano, ma Ice deve saperlo» disse poi Emma.

«Chi sarebbe Ice?» domandò confuso Diux.

Ary roteò lo sguardo. «È il nome che ha dato Emma al tizio congelato» spiegò brevemente, scocciato.

"Fai qualsiasi cosa serva per convincerlo" poi si infastidisce solo per un soprannome. L'umana si fece sfuggire un sorrisetto compiaciuto, ma si diede immediatamente della stupida: non era di certo quello il momento in cui bearsi della gelosia dell'altro. «Dicevo che lui deve saperlo per forza. E quella città sarà la prima che colpiremo, saboteremo, distruggeremo, invaderemo o qualsiasi cosa faremo, non l'ho ancora capito, così quel Tremal non avrà nemmeno il tempo di rialzarsi che si troverà sotterrato dalle macerie.»

«Ho già provato a sotterrarlo, e non ha funzionato» mormorò Diux, carico d'odio. «Fallo a pezzi, non mi interessa come.»


L'umana dal passatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora