Capitolo 18.

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Quando un grido sgretolò il silenzio nell'aria, facendo sussultare sia me che Newt, ritornai bruscamente alla realtà. Non appena guardai fuori dalla finestra e notai come Ben fosse stato circondato da tutti i Radurai, mi precipitai fuori dall'edificio, ignorando i continui richiami di Newt. Ogni passo fatto era una fitta allucinante alla schiena, ma per quanto la pelle bruciasse e tirasse senza tregua, sentivo di dover arrivare lì il prima possibile per interrompere quella pazzia. 

Ogni Raduraio aveva in mano una specie di lungo bastone, con legato in cima un ramo bello tozzo e corto con cui formava una linea perpendicolare, e tutti sembravano volerlo usare contro Ben per spingerlo all'entrata del Labirinto.
Una volta che fui abbastanza vicina, sentii Alby pronunciare: "Ben, sei stato condannato all'Esilio per il tentato omicidio di Thomas ed Elena. Gli Intendenti hanno parlato e la loro parola non cambierà: tu non tornerai mai più."

I Radurai si strinsero attorno a lui, obbligandolo a indietreggiare sempre più verso l'entrata del Labirinto. Notando la distanza che mi separava dai Radurai, compresi che nelle mie condizioni non sarei mai riuscita ad aiutare Ben, così mi limitai a urlare loro contro, ordinando ad Alby di fermare quello scempio. 
Riuscii nel mio intento, attirando l'attenzione di tutti i presenti e ottenendo addirittura un'occhiataccia da Alby. Mi avvicinai ancora, catturando così anche l'attenzione di Ben, che drizzò il collo in mia direzione come un mastino pronto ad attaccare.
Vidi Zart schierato in prima linea, che con quel bastone a forma di T spingeva il ragazzo malato lontano cercando di tenerlo a bada il più possibile, mentre Ben ripeteva più e più volte la stessa parola. "Cattivo, cattivo, cattivo..."

L'attenzione dei Radurai perdurò poco sulla mia figura, dato che non appena Alby diede l'ordine di procedere, ognuno tornò a focalizzarsi sul proprio bastone.
"Vi prego!" bofonchiò il ragazzo malato, sputacchiando. Lo vidi inciampare sui suoi stessi piedi e rantolare a terra per rimettersi in piedi, guaendo come un cane ferito. 
Feci un altro passo in direzione di Ben, quando delle braccia salde mi fermarono. Non mi servì girare la testa per riconoscere che fosse Newt, tanto preoccupato quanto me. 

"Non possono fargli questo..." mormorai, lasciandomi andare alla presa del ragazzo, comprendendo che quell'impresa fosse più grande di me. "È-È uno di voi!"
"Sono dei traditori! Lei! Lei!" sbraitò ancora Ben, oscillandosi da un lato all'altro e puntandomi il dito contro. "L'ho vista! Cattivo! Cattivo, cattivo, cattivo!"
Poi, come se un attimo di lucidità lo avesse pervaso, Ben sembrò aver appena avuto un'illuminazione, dato che si rizzò dritto e si guardò intorno, come realizzando solo in quel momento della situazione in cui si trovava. 

Parve avere dei pentimenti istantanei riguardo le sue parole, perché preso dal panico iniziò a lanciarsi da bastone a bastone, implorando pietà. Quando il ragazzo malato mi rivolse il suo sguardo, per la prima volta notai tristezza e paura. Sentimenti del tutto umani che non avrei pensato di vedere mai più nei suoi occhi iniettati di sangue.
"Scusami. Credimi, mi dispiace, non ero io. Non so cosa mi sia preso. Perdonami." biascicò, allungando il braccio in mia direzione come se avesse sperato di afferrarmi anche da così distante.

Era colpa mia se Ben era in quella situazione. Avevo disubbidito agli ordini di Alby, lo ero andata a trovare nella speranza di aiutarlo e invece non avevo fatto altro che peggiorare la situazione. Delle lacrime iniziarono a minacciare di uscire dai miei occhi e in quel momento realizzai il tutto: se Ben fosse morto quel giorno, sarebbe stata solo colpa mia. 
"Smettetela! Vi prego..." urlai quando i Radurai iniziarono a stringersi sempre di più su di Ben, che si stava avvicinando pericolosamente all'entrata del Labirinto. Era ormai sera e le porte si sarebbero chiuse a momenti, non potevano fargli quello.

Avrebbero potuto rinchiuderlo in Gattabuia finché non avesse finito questa cosiddetta Mutazione. Avrebbero potuto legarlo al letto e questa volta mi sarei tenuta distante. Lo giuravo. Quella volta mi sarei tenuta distante. 
Minho lanciò uno zainetto oltre le porte che, come risvegliate dal tocco con l'oggetto, con un cigolio meccanico iniziarono ad avvicinarsi.
"È solo colpa mia!" ululai, cercando di rendere le mie parole chiare sopra il tremore della mia voce, che si spense presto in un sussurro. "Vi prego..." 

The Maze Runner - RememberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora