Epilogo

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Correva tra roccia franata e corridoi puntellati da grosse travi. La Bestia lo rincorreva famelica, sentiva il suo fiato sul collo, il suo ghigno malefico. Il corridoio terminava in un baratro sul cui fondo, decine di metri più sotto c'era un'accecante luce azzurra. Doveva buttarsi, ma gli mancava il coraggio. Quando si voltò indietro la Bestia era lì, lo chiamava.

"Lucien" era Valerie.

Si destò con uno scatto.

Era disteso a letto, il suo letto, al piano soppalcato che aveva costruito all'interno del suo magazzino a Folkrith. Un tuono brontolò lontano, in sottofondo il frusciante ticchettare della pioggia. Norman entrò nella stanza da letto con una tazza fumante tra le mani, raccolse una sedia e la trascinò accanto al letto. Si sedette e rimase a fissarlo.

"Cos'è successo?" Norman, dopo aver soffiato sulla sua tazza bollente, rimase a fissarne il contenuto, con un'espressione a metà tra la stanchezza e la disillusione.

"Non ne ho idea, tanto per cambiare. Ti hanno trovato sul bordo del Portale Azzurro, asciutto e ricoperto di sangue rappreso che, a quanto pare, per la maggior parte non era tuo. Ti hanno tenuto gli Aladel, per un po', finché non ti ho fatto trasferire di nuovo qui" Lucien si sforzò di ricordare. Niente. Si ricordava di Eluay e del folle piano di attraversare il portale assieme a Valerie.

"Valerie. Dov'è Valerie?" Norman scosse la testa.

"Non ricordi nulla di cosa è successo dall'altra parte?" Lucien provava disperatamente a ricordare. Niente, l'ultima cosa che ricordava erano gli occhi viola scuro di Valerie, il suo sorriso e le sue lacrime prima di attraversare il portale. Poi più nulla.

Scosse la testa.

Norman si alzò, dandogli un'affettuosa pacca sulla spalla.

"Riposa ora"

Norman scese al piano terra e, poggiata la tazza, uscì dal magazzino. Un cavaliere attendeva fuori, il cappuccio sollevato sulla testa, per proteggersi dalla pioggia e da sguardi indiscreti.

"Non ricorda nulla" gli confermò Norman. Il cavaliere annuì.

"Sei sicuro?"

"No" rispose Norman accentuando il tono sarcastico.

"Avremmo ancora bisogno di persone come te" Norman sorrise.

"No grazie. Sono in pensione ora, non voglio più sapere niente di nessuna Bestia, nessun Aladel e soprattutto nessun Connor" Flynn perse quasi subito il sorriso.

"Voi sapete cosa gli è successo, giusto? E' inutile che ti affanni a negare, vi conosco troppo bene per sapere che voi siete a conoscenza di cosa gli è successo, a lui e a sua sorella" il cavaliere distolse lo sguardo.

"Voi umani vivete per così breve tempo che sentite il bisogno di vivere le vostre vite nel modo più intenso possibile, ignorando quale dono prezioso sia il non sapere. Buona fortuna Norman, e grazie di tutto" concluse l'altro avviandosi.

L'Incoronato guardava la vita del lago fluttuare nelle acque blu dalle ampie vetrate della sala dove, mesi prima, aveva incontrato i due Connor, sorseggiando una bevanda dal colore del grano, che gli Umani chiamavano thé. Il cavaliere entrò e s'inginocchiò al suo signore.

"Sei di ritorno. E' tutto risolto?"

"Si, mio signore. Lucien non ricorda nulla" L'Incoronato sospirò deluso.

"Quindi, in definitiva, cosa sappiamo?"

"Valerie Connor è quasi sicuramente morta, quindi possiamo contare solo su Lucien ed, eventualmente, sui suoi figli, se mai ne avrà. Non abbiamo notizie dei nostri e non sappiamo con chi abbia parlato e come sia sopravvissuto così a lungo senza infettarsi o come sia tornato. Rimane solo da decidere cosa fare del pezzo della chiave"

L'Incoronato poggiò la tazza di thé e lo raggiunse raccogliendo una scatola di legno dal tavolo centrale, invitandolo ad alzarsi.

"Molto bene. Hai svolto il tuo compito in modo impeccabile. Il Guardiano della Natura è molto fiero di te. So che non dev'essere stato facile mantenere quella facciata per tutto quel tempo. In fin dei conti, la ragazza umana ti era molto cara..."

"... Signore, io non intendevo mancare di rispetto a lei o al Guardiano della Natura..."

"No – lo tranquillizzò l'Incoronato con un sorriso sincero – Conosco bene l'intensità dei sentimenti Umani. Nemmeno noi Aladel siamo abbastanza forti da resistervi, nessuno potrebbe biasimarti per aver ceduto. Al contrario – continuo abbozzando un sorriso – Ho deciso di premiarti" Aprì la scatola di legno. All'interno, stesa su un cuscino blu, c'era una corona di cristallo e legno di betulla.

"Dovrai proteggere il giovane Connor e tenerlo sotto controllo per tutta la sua vita. Non so come abbia fatto a recuperare il pezzo della chiave, ma non deve cadere nelle mani sbagliate. Finché nessuno sa che è in mano sua, saremo al sicuro"

Eluay annuì, mentre l'Incoronato lo premiava per i suoi servizi.

Riapparì in mezzo alla palude con un boato di fumo nero. In ginocchio gridava il dolore della bruciatura che le sfigurava il volto. L'intensa luce dello Spirito l'aveva investita un istante prima che riuscisse a sfuggire. Il Minotauro, sentite le urla di dolore, la trovò. Era furibondo, ricoperto di sangue e ferite.

"Hai mandato gli Spiriti a ucciderci? Folle" La Dama Sorridente non lo degnò nemmeno di uno sguardo. Era seduta contro il fusto di uno di quegli orribili alberi morti.

"Decine di Bestie scomparse in pochi istanti, non hai nulla da dire a riguardo?" Non aveva armi, ma anche a mani nude poteva spezzarle il collo senza troppi problemi. La Dama Sorridente, però, riemerse dal dolore con una risata, una risata piena e velata da un'inquietante tono di follia.

La parte sinistra del suo viso era bruciata, l'occhio si era colorato di nero. Si distese sull'erba umidiccia, tra il fango e la polvere, ignorando completamente le minacce del Minotauro.

"Ce l'ho fatta, il mio piano ha funzionato. Ora devo solo attendere"

Le Cronache Delle Sei Armate - Vol.1:Sangue ConnorDove le storie prendono vita. Scoprilo ora