Sono ancora qui, in qualche modo. Seguo i miei genitori verso il cimitero. Mia madre piange tutte le lacrime che ha in corpo, mio padre come al solito ha quel suo sguardo ferreo, ma noto la sua mano tremare leggermente. Sono presenti parenti che vedo circa una volta all'anno e che non si sono mai interessati personalmente a me. Alcuni piangono, altri fanno solamente le condoglianze ai miei genitori. Nonostante tutto mi dispiace un po' per loro, soprattutto per mia madre. Sapeva anche lei che ero incurabile dal malessere che mi ha sempre accompagnato, e da qualche anno si è arresa nell'aiutarmi. Sperava che fosse una cosa curabile con il tempo, ma neanche lei ha mai capito che si è già morti nel momento in cui non si ha niente per cui lottare. Dopo la morte di Marco, verso la terza media, credo di aver perso l'unica forza che riusciva a farmi stare in piedi. Per due anni sono sopravissuto, ma l'enorme vuoto dentro di me mi impediva di fare attività al di fuori del mangiare, bere e dormire. Dopo questo lasso di tempo sono riuscito finalmente a sognare Marco. Non parlava, era immobile. Aveva solo sorriso e mi salutava agitando la mano. Questa è stata la goccia che mi ha convinto a farla finita. Ora sono in pace, Marco si avvicina a me e prende la mia mano. Mi sussurra solamente 'Ora possiamo andare', e mi conduce fuori dal cimitero, dove ci investe una luce calda e splendente. Non mi importa dove finiremo, se in paradiso o all'inferno, Marco mi sorride, e mi basta questo.