- Sì, mamma, come no! - Gridò, sbattendo la porta bianca dietro di sé e sentendo i borbottii che seguirono dal piano di sotto, si tirò i riccioli castani che gli ricadevano sul viso in segno di frustrazione: la rabbia ancora gli formicolava nelle vene. Si guardò intorno in quella stanza totalmente estranea, cercando di capire dove potesse mettere gli oggetti che più lo rappresentavano: la coroncina di fiori, l'acchiappasogni, i cd di Stevie Wonder e la stampa del quadro "Notte stellata" di Van Gogh. Tutti quegli oggetti erano ancora in uno degli scatoloni che doveva disfare. Aveva odiato il trasloco: il dover lasciare la sua vera casa per andare a vivere in qualcosa che di suo non aveva proprio nulla, se non il cognome sul campanello.
Andò verso la finestra e passò l'indice sul sottile strato di polvere che ne ricopriva gli infissi, fece una faccia schifata al sentire la consistenza del materiale che aveva sul dito e si pulì le mani sul tessuto spesso e ruvido dei pantaloni che aveva indosso. La aprì ed uscì fuori dalla stanza, ritrovandosi sul tetto. Aveva le sopracciglia ancora aggrottate per la rabbia che sua madre aveva fatto scaturire, cercando di confortarlo: i suoi nuovi compagni di scuola erano venuti a conoscenza del suo orientamento sessuale e non si erano trattenuti nel commentarlo con parole grevi e volgari.
"Frocio", "Finocchio", "Malato".
Quelle parole ancora gli rimbombavano nel cervello, martellanti come il becco di un picchio sulla corteccia di un albero, quando il piede gli scivolò da una delle tegole, credette di stare per cadere di sotto, quindi chiuse gli occhi e lasciò il corpo a peso morto, ma un braccio lo bloccò.
- Ops. - Lasciò che l'esclamazione gli slittasse via dalla bocca, mentre apriva gli occhi e osservava il suo salvatore.
- Ciao. - Rispose quello, mentre le stelle, illuminandolo, gli conferivano un colore argenteo.
- Mi dispiace esserti piombato addosso, io non... - Il ragazzo riccio cercò di giustificarsi, gesticolando e grattandosi la nuca, ma l'altro tagliò a metà il suo discorso, presentandosi.
- Sono Louis. -
- Harry. - Gli tese la mano, Louis la strinse e poi tornò con un balzo sul tetto davanti a quello del riccio.
- Allora, che ci fai qui, Harry? - Lo guardò con un sorriso sornione, ma gli occhi tradirono una persistente curiosità.
- Cercavo un posto per pensare e che mi ricordasse casa: il cielo è sempre lo stesso, quindi questo mi sembrava un posto adatto. - Anche le sue labbra si incurvarono all'insù. Osservandolo attentamente per la prima volta, si accorse della sua bellezza: i capelli - "durante il giorno castani", pensò Harry - erano ricoperti dalla sabbia d'argento della notte, gli occhi, limpidi come l'acqua di un ruscello, brillavano sotto la luce delle stelle ed il naso, delicato ed un poco a patata, rifletteva il chiarore della luna. Si perse nella contemplazione dei lineamenti di Louis, mentre quello gli raccontava qualcosa che lui non stava minimamente ascoltando, poiché stava usando tutta la sua concentrazione per fissarlo.
- Harry? Ci sei?- Tentò di richiamarlo con un gesto della mano, come per riscuoterlo da un sogno.
- Cosa?- L'altro scosse la testa, facendo sì che i riccioli gli carezzassero la fronte, mentre l'altro ridacchiava. -Io non...- Riprese, ma le parole gli rimasero incastrate tra i denti. - Ho molti pensieri, ultimamente, e mi ci sono perso.-
"E mi sono perso anche nei tuoi occhi comunque." Quella frase gli passò repentina nella mente e Harry non capì se l'avesse solo pensata o se l'avesse detta davvero. Data l'espressione immutata sul viso di Louis, capì di non aver tradito le sue idee. "Stupido" Si rimbeccò. "Ora ti innamori degli sconosciuti come fanno le ragazzine dodicenni. Smettila."
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Under the moonlight. || Larry Stylinson
Fanfiction"-Ops.- Lasciò che l'esclamazione gli slittasse via dalla bocca, mentre apriva gli occhi e osservava il suo salvatore. -Ciao.- Rispose quello, mentre le stelle, illuminandolo, gli conferivano un colore argenteo." One shot Larry AU pubblicata anche s...