Chapter one

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«Aileen, svegliati. Siamo arrivati»
«Mmh» mugugnai.
Aprii lentamente gli occhi, ma appena vidi che era tutto sfuocato li richiusi. Mi stiracchiai e poi li riaprii, sbattendoli più volte per mettere a fuoco e abituarmi alla luce. Sbloccai la portiera dell'auto, presi lo zaino e lo misi in spalla, chiusi la portiera dietro di me e raggiunsi mio padre che si era fermato a pochi metri da quelle che sarebbe stata la mia dimora per un tempo indefinito.

«È molto bello qui»
Ruppi quell'assordante silenzio che si era formato fra di noi.
«Sono felice che ti piaccia, ci starai bene, ne sono convinto»

Cominciai ad osservare il paesaggio che mi circondava: di fronte a me si trovava una tipica casa di montagna in legno, abbastanza vecchia ma carina, e ovviamente dal lato opposto della casa, separata dalla strada, c'era il bosco.
Dietro la casa, un dirupo di molti metri con un fiume che scorreva sul fondo fra le rocce.

«Dici che la nonna è in casa?»
Chiede girandosi verso di me.
«Non lo so, prova a bussare»
L'idea di rivedere dopo tanto tempo i miei nonni mi elettrizzava.
Mio padre andò a bussare alla porta.
Dopo qualche secondo si sentirono dei passi e la porta si aprì: comparve sulla soglia un volto stanco, quasi preoccupato, segnato dalle rughe e pallido. I capelli castani scoloriti dal tempo, e degli splendidi occhi blu che trasmettono allegria a chiunque li incroci. Mi sorrise.
«Dio Leen quanto sei cresciuta»
Sorrisi andandole incontro.
«Ciao nonna»
La abbracciai.
«Entra pure, in sala ci dovrebbe essere il nonno se non è andato fuori»
Annuii e entrai in casa, ma mi fermai subito appena sentii parlare la nonna e papà.
«Lei come sta?»
«Sta come stava ieri, l'atro ieri e l'altro ieri ancora»
La nonna sospirò.
«Quando finirà questa sofferenza?» «Non lo so...ma voglio che Leen stia qui con voi. Prendetevene cura io non ci riesco. Mi fa male ammetterlo, ma non l'ho più calcolata da quando lei è stata male...»

Mi rifiutai di ascoltare altro e andai in cucina a bere. Lei, solo Lei...non pronunciano nemmeno più il suo nome. Cercai un bicchiere, ma non ricordavo nulla di questo posto.
Quando ero piccola ci venivo spesso, ma poi, dopo che mia madre si ammalò, mio padre si rifiutò di riportarmici. Anzi, quasi si dimenticò di me. Diceva che questo posto gli ricordava tutti i momenti passati insieme e gli faceva male ricordare.
È distrutto si vede. La mamma non mostra miglioramenti. E in più nessuno mi ha mai detto che malattia ha. Ho insistito talmente tante volte, e tutte le volte se ne uscivano con: «certe cose è meglio non saperle».
Sono così stufa.
Quasi non me la fanno vedere.

Sbuffai aprendo uno scaffale, quello sbagliato. Ne aprii un altro, c'erano i bicchieri. Ne presi uno e lo riempii d'acqua. Comincia a berlo appoggiandomi al tavolo e guardando fuori dalla grande finestra che dava sul bosco.

«Allora Leen, è tutto pronto. Io devo andare»
Respirai forte, facendogli capire che non ero ancora molto d'accordo su questa situazione, nonostante le innumerevoli discussioni.
«Va bene»
abbassai lo sguardo e sorrisi.
Mi venne incontro e mi abbracciò.
Lo strinsi forte a me.
«Bene, allora ti faccio sapere quando vengo a trovarti. A presto, ciao»

Mi salutò un'ultima volta e poi se ne andò. Lo sentii salutare anche la nonna e il nonno, che mi ero dimenticata di salutare.
«Non ti fermi neanche un pò?»
«No, devo andare lo sai. Fate in modo che non accada niente, vi prego. È ancora piccola»
«Se lei fosse qui con noi, lo avrebbe fatto»
«Sì ma lei non è qui. E sappiamo tutti perchè non è con noi.»
«Non siamo noi a decidere quando però dovrà accadere e quando accadrà non potremo fare nulla e questo lo sai anche tu».

Non rispose, varcò la soglia della porta un'ultima volta. Io, consapevole che non l'avrei rivisto varcare più quella soglia per mesi, entrai in sala contemporaneamente ai nonni, confusa dal loro precedente discorso.
Salutai il nonno, presi la valigia e mi spostai in stanza. Non gli chiesi nulla, non li avrebbero riposto.

****

«Aileen non puoi non mangiare nulla. Non ti piace?»
«No no è che sta sera non ho proprio fame. Mangerò appena me ne verrà»
Il suo viso era dispiaciuto, ma mi permise di mangiare, facendomi promettere però che avrei mangiato tutto ciò che mi avrebbe preparato il giorno seguente.
Mi rimisi a tavola dopo aver sparecchiato il mio posto, aspettando che finissero anche loro. C'era un gran silenzio, nessuno aveva niente da dire, così mi misi a guardare fuori dalla finestra ingannando il tempo.

Il bosco mi trasmetteva tranquillità e soggezione.
È bello guardarlo perchè non ti fa pensare a niente, ma ti dà la sensazione di essere osservata.
«Solo io mi sento osservata?»
Chiesi, sperando fosse una sensazione comune a chi arriva qui e non è abituato alla visuale bosco.
«È normale, tra pochi giorni non ci farai più caso.»
Annuii rassicurata e continuai a guardarlo, quasi ipnotizzata.
Osservai ogni tronco, ogni albero, ogni cespuglio, quando vidi un'ombra correre verso l'interno del bosco sussultai spaventata.

Il nonno si alzò e chiuse le tende.
«No non chiudere, ho visto qualcosa»
«Sarà stato un'animale»
«Ma era troppo grande per essere un animale»
«Sono sicuro che sia stato un cervo, qui è piano»

Sicuro della sua tesi, il nonno sparecchiò la tavola e aiutò la nonna a pulire i piatti.
Non era un cervo, era troppo grande e nero.

Riaprì la tenda ma la nonna la richiuse subito.
«Leen sarai stanca, vatti a riposare»
«Non ci penso neanche, prima voglio andare a vedere che c'è in quel bosco»
«È calato il sole, e quando cala il sole nel bosco non si e tra.
Le creature della notte non sono amichevoli quanti quelle del giorno. Domani ne riparliamo, ora a letto signorina e niente discussioni»
«Va bene»

Salii in stanza e chiudi la porta a chiave. Camminai avanti e indietro indecisa su quello che avrei potuto fare, analizzando pro e contro della situazione:
1. La nonna ha ragione, è buio e potrebbero esserci animali cattivi.
2. Data il mio senso di orientamento potrei benissimo perdermi e non tornare, dovendo passare la notte nel bosco.
3. Potrei cadere e farmi male.

Forse dovrei aspettare domani, andare con il nonno e scoprire che era solo un povero cervo che scappava.
Ma da cosa?
Non sono esperta, ma penso che si debba cacciare di giorno, non di notte.
Magari ha sentito un rumore e basta.
Mi convinsi che era così, che sarei andata con il nonno il giorno seguente e che mi meritavo del riposo.
Mi cambiai e mi misi sotto le coperte.
Spensi la luce e chiusi gli occhi, quando una voce mi chiamò.
Spaventata, non collegandola a nessuno che conoscessi, accesi la luce ma in stanza non c'era nessuno.
La spensi di nuovo e richiusi gli occhi.
La voce ricomparve, ma capii che non proveniva dalla stanza, ma dalla mia testa.
Più che altro rimbombava nel mio cervello come se fosse un eco.

Sono già diventata pazza?

Leen, aiutaci

Mi alzai dal letto e mi recai alla finestra per controllare se ci fosse qualcuno.

Leen, vieni.

Era come se fosse il bosco a chiamarmi.
Possibile?

Prima di chiudere la finestra, vidi nuovamente qualcosa muoversi.
La curiosità prese il sopravvento sulle altre emozioni e decisi di uscire.
Presi una torcia e un maglione pesante dato che sicuramente fuori faceva freddo.
La voce continuava ad assalirmi, se volevo farla smettere, dovevo andarci, per forza.

La testa cominciò a farmi male ad ogni parola, così mi affrettai facendo attenzione a non fare rumore mi diressi all'entrata.
I nonni non si sarebbero accorti di nulla, sarei rimasta fuori solo dieci minuti.
Giusto il tempo di vedere da dove provenisse la voce.

Feci un bel respiro e presi un pó di coraggio.

«arrivo»

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