Cap.1
Lo avevo a pochi metri da me, con la pistola in mano, puntata verso un ombra a me sconosciuta. Il suo braccio muscoloso era teso, i bicipiti erano ben accentuati, i suoi capelli ricci era alzati dal leggero venticello che tirava in quel momento. Parti un colpo…
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5 anni prima.
Ero come al solito alla stazione della metro. La solita, vecchia, gremita stazione sotterranea in pieno centro di Londra, e come al solito ero in un estremo ritardo
L: porca puttana! Non arriverò mai… ti odio metro del cavolo.
Mi aspettavano nel bar in cui lavoravo da circa mezz’ora, ma ho un tempismo che fa cilecca, erano le 10 di mattina ed ero reduce da una notte brilla. Oh! Ma ancora non sapete chi sono. Risolviamo il problema. Mi chiamo Louise, ho da poco compiuto 20 anni e lavoro in un bar in pieno centro di Londra. Sono sempre stata una BAD-GIRL, e da adolescente ho avuto parecchi problemi con la droga, scappavo di casa, ma in compenso, strano a dirsi, a scuola sono sempre andata bene. Appena finita la scuola, ossia a 16 anni, mia madre era morta, uccisa da un pazzoide e mio padre cadde in una profonda depressione, e non ne uscì più. Resiste con estrema fatica, e i medici non sanno più che pesce pigliare con lui. Lo imbottisco di medicinali, anti-depressivi, ma non fanno nessuno effetto: la notte è sempre teatro di urla, invocazioni alla mamma e richieste di morte. Non ce la facevo a vivere in questo modo, cosi precipitai di nuovo nel mondo della droga e dall’alcool e iniziai a spacciare per portare qualche soldino a casa, quel poco che occorreva per acquistare un pasto. Naturalmente fui sgamata dagli sbirri che mi rinchiusero per 6 mesi in quell’ inferno del carcere minorile con accuse di “uso di sostanze illecite” e “spaccio di droga”… che grandi bastardi! Ero ripulita da circa 2 anni ma ieri sera… bhè mi feci. Avevo dimenticato l’ebbrezza che la droga portava. Era rilassante e mi faceva sentire bene con me stessa… insomma, andò a finire che mi portai uno a letto. La metro arrivò come al solito con una ventina di minuti. Entrai dentro quel vagone schiacciata da ragazzini petulanti che dovevano correre a scuola dopo una sana oretta di sega, vecchietti a cui puzzava l’alito e i tipici maniaci sessuali delle 10 del mattino. Fortunatamente, non restavo mai per troppo tempo dentro quello schifo. La mia fermata era TRAFALGAR SQUARE che distava due fermate da dove mi trovavo io. Alle 11 ero arrivata al bar. Sgattaiolai dentro dalla porta sul retro, sperando con tutto il cuore che Stephanie mi avesse timbrato il cartellino. Mi tolsi con una velocità super sonica la canotta che indossavo, e mi misi la polo bianca del bar e il grembiule nero e corsi al bancone, sfoggiando uno dei miei sorrisi migliori….
X: Ancora tardi Louise?!
L: merda…
X: un altro ritardo e considerati licenziata
L: scusi mr.Brown.
Appena si girò lo mandai silenziosamente a quel paese. La mattina trascorse velocemente, tra una chiacchierata con Stephanie, qualche centinaio di caffè preparati, qualche sputacchio di altri vecchietti sulla polo, e le solite palpatine al mio lato B da parte di ragazzini 17enni in cerca di attenzioni. La solita noia…
Staccavo dal turno alle 20 precise ogni sera e decisi di vedermi con la mia migliore amica. No! Non Stephanie. Stephanie è la solita collega troia. Non la sopporto e non la sopporterò mai, ma era l’unica che poteva farmi piccoli favori a lavoro. A parte questo la odiavo. La mia migliore amica è Lucy. La conosco sin da quando eravamo alle elementari, ma aveva una vita sicuramente migliore della vita. Apparteneva ad una famiglia medio-ricca, e da poco era entrata alla ROYAL BALLET SCHOOL. Aveva realizzato un sogno, un sogno a cui ambiva da un sacco di tempo, e di talento ne aveva. Ne aveva da vendere.
Avevamo un appuntamento ad un pub alle 22,30. Corsi subito in quel buco di casa che mi ritrovavo. Entrai da una piccola porticina in legno, che si trovava al 3 piano di un vecchio casone popolare nei sobborghi di Londra. Era piccola, e per niente accogliente. Dall’accesso si accedeva direttamente alla cucina, piccola e con elettrodomestici vecchi di cent’anni. Sul piccolo tavolino di legno c’erano ancora i resti di una colazione consumata in fretta e in furia, e le ciotole delle pappette che Holly, la donna che mi aiutava con mio padre, gli dava da mangiare
L: HOLLY! SEI IN CASA?
Ho: SI LOUISE!
La raggiunsi nella stanzetta di mio padre. Era una stanza mediamente grande, vuota, spoglia, fredda, la morte arieggiava in continuazione e quel lettino... sdraiato sopra, delirante, l’uomo più importante della mia vita. Non avevo mai avuto buoni rapporti con lui, ma vederlo cosi, su un lettino d’ospedale, inerme, che si nutriva di pappette e omogenizzati come i bambini era, ogni volta, uno spettacolo da brividi. La notte, quando mi svegliava puntualmente con i suoi urli e le sue invocazioni alla mamma, mi avvicinavo a lui, gli stringevo la mano, e gli cominciavo a raccontare della mia giornata e di quello che avevo combinato ecc. anche se lui non capiva niente. Cosi appena si riaddormentava, me ne tornavo in camera e pensavo alla mamma, al suo profumo, alla sua torta al cioccolato della domenica, a quando mi portava al cinema a vedere i cartoni della Disney, quando mi comprava i vestiti nuovi, quando mi consolava…
In discoteca andò tutto tranquillo, nel senso che va come di solito può andare in discoteca. La mattina dopo mi svegliai a mezzogiorno, e in segreteria c’era un messaggio…
X: Sei licenziata…
E sti cazzi, non ce lo mette quel figlio di puttana? Mamma che nervoso…
Spazio Autrice:
Salve a tutte! Questa è la prima FF che pubblico qui su Wattpad e mi scuso per la brevità di questo primo capitolo, ma spero comunque di avervi trasmesso qualche sensazione che sia bella o che sia brutta. Lasciatemi qualche parere e accetto ben volentieri i consigli c: