Prologo.

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12 anni prima.

"È una bella giornata, nonostante stia nevicando."
Mio padre spostò lo specchietto retrovisore, in modo da potermi osservare meglio, accarezzandosi il filo di barba che gli incorniciava il volto.
Mia madre sospirò guardando la strada, mentre mio padre faceva una curva.
"Non prenderle molto larghe certe curve, la strada è ghiacciata potresti slittare e perdere il controllo della macchina."
La strada era deserta, si vedeva una macchina passare ogni tanto nel senso opposto, appena sopra al guard rail.
Era difficile per me riuscire a vedere oltre quella sbarra di ferro, che ci separava dalla corsia opposta.
Il freddo mi gelava i muscoli del corpo ed era quasi impossibile muovermi.
"Stai calma donna, fino a prova contraria so come si guida."
Disse mio padre tra l'irritato e l'ironico.
Per poi strizzare gli occhi.
"L'unica cosa che da fastidio è la neve, il parabrezza si è ghiacciato e sembra che stenti a ritornare normale."
Storse il naso per poi strofinare il vetro con la manica del suo parka piumoso, per cercare di spannare il vetro.
"Lou, stai bene? Ti sento molto silenzioso."
Mia madre mi fissò attraverso il riflesso dello specchietto, spostandosi una ciocca bionda che si era posata davanti al suo occhio.
"Non capisco perché Lottie e Phoebe sono rimaste con la zia e io invece sono stato trascinato a forza in questa vacanza familiare."
Dissi sbuffando contro il finestrino, che sembrò appannarsi ancora di più.
L'aria era molto fredda e se respiravi a bocca aperta, potevi vedere la condensa formarsi davanti la faccia.
"Beh Louis, tua zia non ti ha mai visto, sai, non la vediamo da 12 anni, esattamente da una settimana prima della tua nascita, e col fatto che non siamo più riusciti a muoverci, e poi lei ha detto che tuo cugino è impaziente di conoscerti. Da quando ha saputo che suoni il piano sei diventato una specie di mito per lui."
Mia madre parlava con occhi speranzosi.
Forse un po perché sperava che il fatto che mio cugino mi adorasse, nonostante non mi avesse mai visto, sarebbe potuto essere un buon pretesto per riallacciare i rapporti con la zia.
Sapevo che non si parlavano da tanto, e sapevo che il "non siamo più riusciti a muoverci" era solo una scusa.
Sentivo parlare mamma e papà la sera, quando passavo nel corridoio a sera tarda per prendere le medicine.
Sentivo parlare anche i domestici tra di loro.
Robert era un bravo cameriere, certo, ma non sapeva tenere un segreto, e questo lo sapevano tutti in casa.
La fortuna è che le uniche persone che sapevano qualcosa da lui erano la sorella, che lavorava nelle cucine, e la moglie, che invece si occupava della pulizia della casa.
Sarò sincero, avevo un buon rapporto con loro.
Infatti odiavo quando venivano chiamati "servi" o addirittura "plebe".
Odiavo che la mia famiglia avesse così tante proprietà.
Odiavo il fatto che la mia famiglia fosse una delle più importanti della borghesia londinese.
Avevo un etichetta fissa.
Io ero solo il figlio di papà, o il signorino raccomandato.
Nessuno si è mai preso la briga di conoscere chi sono in realtà, ed è per questo che ho preferito sempre e solo la compagnia del mio pianoforte e del mio unico amico, Niall.
"Troy, non pensi che quel camion stia andando troppo veloce?" disse mia madre riscuotendomi dai pensieri.
Un brivido mi attraversò la schiena, dandomi la forza di mettermi dritto sul sedile.
Improvvisamente l'espressione di mio padre si trasformò, facendosi seria.
"Louis facciamo un gioco, adesso mettiti al centro tra i due sedili. E chiudi gli occhi."
Lo obbedì, sentendo come se fosse giusto farlo.
Mi misi al centro dei sedili, con le gambe al petto, e chiusi gli occhi aspettando che qualcuno gli dicesse qualcosa.
Sentì mia madre chiamare mio padre con la voce tremolante ed immediatamente ebbi paura.
Sapevo che qualcosa non stava andando, e la voglia di riaprire gli occhi era tanta.
"Snowflake, snowflake, little snowflake. Little snowflake falling from the sky..."
La voce dolce di mio padre risuonò nella macchina, stringendomi il cuore.
Mio padre si mise a cantare la ninna nanna che mi cantava mia madre quando facevo gli incubi.
La sua voce era ferma e carica di sentimento.
Anche se non sapevo bene quale.
"Falling on my nose.
Falling in my hand.
Snowflake, snowflake, little snowflake..."
Un rumore assordante mi fece aprire appena gli occhi.
L'ultima immagine che mi ricordo, sono le mani intrecciate dei miei genitori, e poi il resto..

Nero.

Fantasy In C Major[Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora