Saaalve, come promesso ecco un nuovo capitolo!
Questa volta ho fatto molto in fretta, chi l'avrebbe mai detto? Aahahah dopotutto finire finalmente questa storia è uno dei propositi per il nuovo anno, anche perchè avevo pensato ad un seguito, ma non ne sono convinta... ora è ancora presto, ma spero di sapere in seguito da voi cosa ne pensate!
Comunque, secondo voi come avranno reagito tutte le persone che Jess ha lasciato a casa? E sopratutto, Harry? Ovviamente, perchè sto qui a chiedervelo? (?) Vi lascio al capitolo!
Fatemi sapere cosa ne pensate eh!
Grazie mille, Anna.
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«Allora, vuoi dirmi che cos'hai?» mi spronò mio fratello fissandomi con un'espressione tra l'arrabbiato e l'esasperato, io sbuffai alzando gli occhi al cielo e lasciai vagare lo sguardo per il locale prima di rispondere.
Eravamo in un ristorante poco lontano dalla facoltà di psicologia, ovvero quella che frequentava lui, dove solitamente andava a mangiare con i suoi amici ma per quella giornata aveva fatto un'eccezione, preferendo passare un po' di tempo da solo con me. Comunque non era l'unico studente universitario nelle vicinanze e la cosa era evidente dai lunghi tavoli occupati da ragazzi che ridevano e parlavano tra i loro ad alta voce di esami e lezioni, inoltre in angoli più appartati c'era anche qualcuno con un libro aperto sulle ginocchia o accanto al piatto, dal quale mangiava distrattamente.
«A che cosa ti riferisci?» chiesi infine facendo finta di niente con una scrollata di spalle, tagliai un pezzo di carne dalla bistecca che avevo nel piatto me lo portai alla bocca per poi masticarlo lentamente, fingendomi disinvolta.
James alzò entrambe le sopracciglia e strinse le labbra scuotendo la testa, ovviamente non se la sarebbe mai bevuta e infatti stavo soltanto cercando di prendere tempo per inventarmi qualcosa di plausibile che non implicasse raccontargli delle strane quanto equivoche attenzioni dei ragazzi che mi piacevano o degli atteggiamenti fraintendibili delle amiche che mi andavo a scegliere.
«Jessie» mi richiamò fermamente, usando quel nomignolo che solo lui mi dava da quando eravamo bambini «sono tuo fratello, ti conosco praticamente da tutta la vita e so esattamente quando qualcosa non va. Quindi ti conviene parlare, lo sai, posso esserti d'aiuto» roteai gli occhi al cielo, ormai era entrato in modalità "psicanalista".
Fin da ragazzino aveva sempre avuto questa tendenza ad analizzare gli altri e cercare di aiutarli -anche se c'era stato un periodo buio della sua vita in cui aveva smesso di preoccuparsi praticamente di tutti, ma a nessuno di noi piaceva parlarne-, comunque questa sua innata qualità gli faceva onore, ma a volte era davvero fastidioso perché sapevo che avrebbe indagato fin quando non sarebbe risalito "all'origine del problema" -come diceva lui- e io al momento volevo soltanto dimenticarmi del suddetto problema che, tra l'altro, aveva un nome ed un cognome.
«James sul serio, mi andava di staccare la spina.» sospirai quando lui appoggiò la schiena alla sedia ed incrociò le braccia al petto per niente soddisfatto «ti ricordi del professor Castro no?» allora riprovai.
«Come potrei dimenticarmene, è grazie a lui se sono qui no? A proposito, come sta?! Non posso crederci che insegna ancora lì! È un grand'uomo, potrebbe facilmente ottenere una cattedra prestigiosa in qualsiasi università, lo sapevi che è abilitato? Ne parlammo un po' di tempo fa. Non capisco perché si ostini a rimanere in quel buco pieno di adolescenti!» sbraitò contrariato.
«Si, comunque. Il grand'uomo ha avuto la brillante idea di proporre un esperimento sociale alla preside» gli spiegai brevemente in cosa consistesse e quale fosse lo scopo finale «e niente, mi ci ha trascinato dentro! E così devo passare il mio tempo con ragazzi che avrei preferito continuare ad ignorare, questo è tutto.» risposi sperando che fosse davvero abbastanza.
Lui alzò gli occhi al cielo e sapevo già cosa stava per dire, Andrew Castro era stato un faro nel buio per James e l'ammirazione che provava per lui avrebbe solo fatto vedere il progetto ai suoi occhi come una buona cosa.
«E non pensi che questo possa aiutarti a socializzare? È ora che tu ti dia una svegliata sorellina, senza esagerare ovviamente» rispose appunto «è proprio una bella idea, puoi farti dei nuovi amici! Ma fa' attenzione a chi frequenti e-»
«Sul serio James, non ho più cinque anni» risposi stizzita interrompendo la sua paternale.
Ci fu un breve silenzio dove lui si prese un sorso d'acqua osservandomi attentamente, io intanto ripresi a mangiare ancora nervosa e lanciando un'occhiata verso di lui lo vidi serrare appena gli occhi azzurri.
«Sicura che sia solo questo il motivo?» ripartì alla carica, io sbuffai.
«No, non posso anche avere voglia di vedere mio fratello?» ribattei, la sua espressione si ammorbidì e sorrise lasciando cadere l'argomento, almeno per ora.
«Certo che si, e sono contento che tu sia qui» rispose facendo cenno alla cameriera di avvicinarsi per ordinare un dolce dal nome esotico «vedrai che ti piacerà» disse strizzandomi l'occhio.
La ragazza portò via i nostri piatti e a me tornò in mente la notizia che mi aveva dato appena il giorno prima «pensi che sia una cosa seria? La relazione di papà intendo» gli chiesi, lui parve rifletterci per alcuni istanti.
«Da come me ne ha parlato penso di si, e poi si frequentano da quest'estate» m'informò.
«Che cosa?!» sbottai.
Questo era davvero assurdo, erano passati mesi da quell'estate e io ero rimasta totalmente all'oscuro della cosa nonostante condividessimo gli stessi spazi e fossimo a stretto contatto in diverse ore della giornata.
Certo, nei mesi estivi ero andata a Brighton con Nina ed Isabel dove i nonni di quest'ultima abitavano in una casa che affacciava praticamente sul mare e quindi non c'ero stata per quasi tre settimane, ma che diavolo avevo fatto il resto del tempo?
«Non essere egoista, ha diritto ad avere una sua vita» commentò James interpretando male la mia reazione.
«Non è questo!» precisai immediatamente «è che non capisco perché non me ne abbia parlato o come abbia fatto io a non accorgermene»
«Papà è molto discreto lo sai» fece una pausa «e, anche se ti voglio bene, vorrei farti notare che spesso e volentieri te ne stai richiusa nella tua camera immersa nel tuo mondo, non ti curi quasi mai di chi ti sta intorno» rispose con sincerità. Io annuii con aria affranta e sospirai, aveva proprio ragione!
«E come rimedio adesso?» gli chiesi in consiglio.
Lui fece una ristata passandosi una mano tra i capelli e colse immediatamente l'occasione di fare l'occhiolino alla cameriera quando ci mise i dolci di fronte come per ringraziarla, questa si dileguò con un piccolo sorriso e le guance rosse, sicuramente tra i due c'era stata una tresca o qualcosa del genere.
James era sempre stato consapevole del suo bell'aspetto e del fascino che aveva sull'altro sesso, infatti molto spesso se ne approfittava e sapevo che quando era in giro con i suoi amici a feste ed eventi mondani dell'università, era un vero e proprio donnaiolo e non se ne vergognava affatto, anzi se ne vantava addirittura. Non con me, questo è ovvio!
«Perché non cominci a rispondere "e tu?" quando qualcuno ti chiede "come stai?" o avanzare la domanda per prima?» rispose alzando un sopracciglio come se fosse scontato.
Il fatto era che doveva essere così, ma io avevo sempre il vizio di dimenticarmi di porre domande come quelle, anche perché le trovavo leggermente inutili visto che genericamente le persone avevano preso l'abitudine di rispondere sempre "bene" anche se non era realmente così, quindi mi chiedevo che senso avesse. Ma magari, per i miei famigliari e per le persone a cui tenevo, potevo cominciare a fare uno sforzo.
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PROJECT || H.S.
FanfictionCosa succederebbe se sei persone completamente diverse tra di loro si ritrovassero faccia a faccia, a doversi confrontare, a doversi immedesimare nei panni dell'altro quando è già difficile essere se stessi? Incastrati in un esperimento sociale qua...