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Da quando ero morto vedevo il mondo da un'altra prospettiva. A differenza di quando ero vivo, adesso non ho più paura della morte, eravamo un po tutti molto ingenui, eravamo cosi tranquilli quando la notte andavamo a dormire, forse in quel caso eravamo sicuri di ritornare alla nostra normalità dopo poche ore o forse eravamo contenti di staccarci da quella singolare monotonia quotidiana solo per qualche momento. Sta di fatto che la morte non è molto diversa dal sonno in entrambi i casi ti estranei dal mondo e stai più con te stesso. Anche da morto riesci ad emozionarti, forse riesci a farlo meglio, forse riesci a piangere meglio cosi che nessuno ti possa vedere, perché tutti abbiamo pianto più o meno, c'è chi, invece, non ha mai pianto con i suoi occhi ma con quelli degli altri, immergendosi nel dolore altrui. Io ero uno di questi, amavo farmi carico del dolore degli altri, si trasformava addirittura in una forma di masochismo,si, perché amavamo farmi del male io stesso solo per non farlo sentire ad altri. Ma era un masochismo silenzioso.. Cioè... Io non facevo capire a nessuno che mi immolavo per loro ma comunque anche se glielo avessi detto nessuno se ne sarebbe accorto lo stesso.. anzi mi avrebbero accusato di presunzione e di fare l'esatto contrario. Ma da quando avevo lasciato il mio corpo non mi preoccupavo di queste stupidaggini perché sapevo di essere solo, quasi mi stavo abituando, tranne quando quella porta dell'ingresso si aprì con il suo solito rumore di ferro arrugginito, poiché da quella porta vidi spuntare mio padre.
Il suo sguardo era perso nel vuoto, quella casa e quei muri ancora impregnati di fumo, sembravano non dirgli niente, sembrava che non li conoscesse nemmeno, ma la cosa che mi fece più paura e quando diede delle chiavi al nuovo proprietario.
Subito mi misi davanti a lui e solo quella volta ebbi la sensazione che lui avesse avvertito la mia presenza, sembrava guardarmi negli occhi, anche se quelli non erano gli occhi di mio padre e lui lo sapeva pure. Dopo quello sguardo, allargò le spalle come segno di rassegnazione, dopodiché avanzò, io mi scostai per farlo passare. Non so se pianse veramente, mi dava le spalle ed io non potevo vederlo, ma una cosa la vidi chiaramente. Quelle spalle che fino a poco fa erano alzate in segno di rassegnazione, adesso si piegarono in modo anomalo, prese dallo zaino che portava dietro un martello, uno di quelli potenti, quelli speciali che vende in fabbrica e cominciò a distruggere tutto come se non ci fosse una fine. Tutti allora cercarono di fermarlo ma era inutile, brandiva quel martello in modo minaccioso anche contro le persone e nessuno poteva permettersi di essere colpito. Voleva ridurre la sua casa come il suo cuore, in frantumi, quelle quattro mura impolverate gli ricordavano ancora il mio profumo e i miei sorrisi gli stessi che mi accompagnarono verso la mia fine e lui non poteva permetterselo non poteva permettere che qualche altro sconosciuto rubasse quei sorrisi che lo avevano fatto vivere fino ad ora.

L'essere in teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora