Eccoli lì, i due eserciti. Schierati frontalmente sul campo di battaglia, si guardano, si studiano, nonostante si siano affrontati più e più volte e conoscano a menadito le truppe dell'altro.
Di pari numero e di pari equipaggiamento, i soldati ebanici e quelli eburnei attendono lo squillo di tromba.
Si cerca la vittoria, non l'annientamento del nemico: chi riesce a mettere all'angolo l'altro generale vincerà.
I cavalli, di qua candidi, di là corvini, scalpitano.
Il suono dell'ottone echeggia nel silenzio.
I fanti avanzano di uno, due passi. Formano una barriera invalicabile per gli avversari, ma facilmente superabile dai messaggeri inviati dalle retrovie a riferire gli ordini all'avanscoperta e a fare rapporto sulle loro condizioni.
Perché la battaglia è già altrove.
I cavalieri si muovono come solo loro, sui loro destrieri, possono fare, cercano di avvicinarsi al re. Uno eburneo ci riesce quasi, ma non ha tenuto conto del soldato dall'armatura color pece a fianco, che trapassa obliquamente l'animale con la sua lancia. Il manto equino, immacolato, si tinge di rosso.
Frattanto, la regina bianca difende strenuamente il marito, minacciato ora da un messaggero, ora da un fante. Cade, ferita mortalmente alla schiena da un'amazzone dalla pelle scura, nelle retrovie. Il sovrano assiste impotente alla morte della compagna di una vita, la sua fida luogotenente.
Sarà vendicato da una freccia proveniente da una delle torri di guardia dell'accampamento, ai confini dello scontro.
Grida per esser sentito da tutti, e tutti lo sentono: chiunque arrivi nelle retrovie nemiche sarà promosso di grado. Per non essere da meno, Sua Altezza il Nero fa la stessa promessa alle sue truppe.
I soldati, con le loro chiare armature, sono in vantaggio: i loro compagni avevano già assaltato le difese dell'accampamento, le mura sono mezzo crollate e gli arcieri sono fiaccati.
In due raggiungono le retrovie: uno si fa nominare luogotenente, prendendo il posto della regina, l'altro ruba un cavallo color carbone e sostituisce il cavaliere rimasto senza destriero.
Assieme ad un alfiere si dirigono verso il regnante avversario, fintantoché la sua regina è lontana.
Lo prendono in fallo, lo catturano.
Gli eburnei vincono. La partita è finita. I caduti si rialzano, riprendono il loro posto, come sempre. A parte i re, che possono solo essere minacciati, sono morti tutti almeno una volta.
Sono di nuovo nella loro casella, pronti per l'ennesima partita.
Questa è la guerra eterna delle pedine di bianco avorio contro quelle di nero ebano.
Questi sono gli scacchi.
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Guerra di strategia
Short StoryStoria a capitolo unico. E se guardassimo il gioco degli scacchi dal punto di vista delle pedine?