1. Una sera d'estate

604 37 8
                                    



Il rumore nella testa è così tanto che sembra debba uscire da un momento all'altro e alla fine lo fa sul serio. Nel senso letterale del termine. Vomito. E dopo, stranamente, mi sento libera.

Pensare tanto da vomitare.

Per la seconda volta in ben un quarto di secolo mi ritrovo a dover fare i conti con il vomito da stress, o vomito psicogeno. Si chiama così. Può derivare da affaticamento, condizioni di stress, forti emozioni, eccitazione, paura, depressione e altri disturbi psicologici. Ricordo di aver letto qualcosa del genere su un sito web. Un altro dava una spiegazione ancora più scontata, diceva che questo sintomo appare molto spesso nelle giovani donne e dagli psicoanalisti è ritenuto un'espressione simbolica del desiderio di allontanare da sé un'idea o una persona odiata. Devo smetterla di leggere articoli medici su internet, altrimenti mi ritroverò ad autodiagnosticarmi qualche grave e rarissima malattia dalla quale non guarirò mai.

La causa, stavolta, è dell'ennesima relazione andata a puttane. Lui: Mattia. Ventisette anni, la personificazione di un bronzo di Riace in tutto e per tutto. Anche nel cervello: inesistente. Conosciuto a un provino, un cantante con una voce che ti attorciglia le budella nella maniera più sublime mai esistita. Ma una testa di cazzo come pochi altri. Altri con i quali sono uscita, ovviamente. Ci vuole esperienza per riconoscerli, e io ce l'ho. Nonostante ciò continuo ad attirarli come api al miele, ed è una cosa che non mi spiego.

Mi rialzo dal pavimento freddo su cui ero inginocchiata, le piastrelle del bagno mi hanno indolenzito le ginocchia ma mi hanno offerto un appoggio sicuro mentre buttavo fuori tutto. Vado al lavandino e mi sciacquo la faccia con acqua fresca e lavo i denti, poi mi dirigo in camera mia al piano di sopra, dove mi siedo davanti al pc.

Scorro le mie ricerche su Google per trovare qualche annuncio di lavoro ma finisco per guardare se ci sono provini in zona; ovviamente no. Sono le sette di sera quando decido di fare una camminata. Frugo nell'armadio in cerca di un vestito comodo; un paio di shorts e una T-shirt andranno benissimo. Prendo il guinzaglio e chiamo Afrodite, la mia bellissima palla di pelo, alias il mio cane; un meticcio dal pelo bianco, salvata da un fosso dopo essere stata abbandonata da qualche stronzo.

Cammino per circa mezz'ora quando Afrodite comincia ad abbaiare come una pazza in direzione di un campo di granturco nel quale non si vede nulla. Un tuono in lontananza mi fa capire che sta arrivando un temporale come in un perfetto film horror. Cerco di trascinare Afrodite cominciando a correre verso casa ma non ne vuole sapere di muoversi; continua ad abbaiare finché dal mezzo delle spighe esce la mia migliore amica, Olivia, bella come il sole a mezzogiorno. Alta e flessuosa come una spiga di grano, mi viene incontro con i lunghi capelli castani scompigliati e uno sguardo malizioso che le illumina gli smeraldi verdi degli occhi.

«Che ci fai in mezzo al granturco?» chiedo mentre noto che si aggiusta la gonna. E li capisco, nello stesso istante in cui un tipo belloccio sbuca dietro di lei. Ah, ecco.

«Ele, ciao! Ehm, ti ricordi di Luca, il mio compagno dell'università?» dice mentre si sistema i capelli che le ricadono in onde morbide sulle spalle.

«Ciao Luca». Sorrido cercando di non scoppiare a ridere.

«Ciao Electra» risponde lui imbarazzato.

«Liv, non serve che aggiungi altro, ho ben chiara la situazione» sussurro alla mia amica, cercando di non farmi sentire da lui e facendole l'occhiolino. Ride.

«Noi andiamo verso casa, sta per cominciare a piovere. Che fai, vieni?» mi chiede lei. «Casa mia è più vicina della tua. E poi è tornato mio fratello da Londra! Ci ha fatto una sorpresa ieri sera e tra una cosa e l'altra non ti ho avvertito».

Il Respiro della PioggiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora