La Prima Volta Che L'Ho Vista

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Dove una comune lezione di Storia della Magia si trasforma in un'occasione per prendere atto dei propri sentimenti. Blaise focalizzerà la sua attenzione sui sentimenti provati alla vista dell'ultima nata Weasley.
Spero vi piaccia, buona lettura

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L'orologio da polso ticchetta sommessamente, ricordandomi tristemente che ancora trenta, lunghi ed avvilenti minuti, mi separano dalla fine dell'ennesima lezione di Storia della Magia. Lascio andare il capo sul banco, usurato dal tempo ed in più punti inciso da anonimi aspiranti graffitisti, crogiolandomi nei pensieri più disparati. Mi capita spesso, durante le ore di Storia della Magia, di lasciare briglia sciolta alla mia mente, permettendole di divagare da un pensiero all'altro, senza alcun freno o inibizione. La mia mente, solitamente lucida e perfettamente concentrata, si concede solo in questi casi una meritatissima pausa. Tronco qualunque collegamento vi sia tra i miei occhi e il mio cervello, lasciando che quest'ultimo selezioni il pensiero che preferisce e lo riguardi ripetutamente, quasi fosse una proiezione, di quelle che mandano in uno di quei cinema babbani. Non ho mai perfettamente afferrato il funzionamento di quagli aggeggi, nè tantomento ne ho afferrato lo scopo.
Nel banco davanti al mio, con la grande utilità di celarmi alla vista del professore, si erge Gregory Goyle, un energumeno la cui stazza decisamente ingombrante crea non pochi dubbi sulla reale età del ragazzo. Un vero peccato che le dimensioni del suo cervello non siano direttamente proporzionali a quelle delle sue gigantesche spalle: in tal caso, avrei davanti a me un vero e proprio genio.
Accanto a lui si staglia Draco Malfoy. Altero, di dimensioni decisamente ridotte, se paragonate a quelle della montagna in verde e argento che ha accanto, ma dotato di un'astuzia e di una capacità di trarre il proprio vantaggio da qualunque disgrazia altrui. Intelligente, glielo concedo, un grande calcolatore, un tipo da tener d'occhio. Alla destra di Draco, costantemente assorta in una particolare espressione indagatrice, la ragazza Prefetto della mia Casa, Pansy Parkinson, osserva il professor Binns con fluttuare sulle teste degli studenti, blaterando con voce monotona, chissà quale armistizio firmato durante le Guerre dei Goblin, per le quali nessuno ha mai realmente provato interesse. Osservo il retrotesta bruno di Pansy, ondeggiare seguendo i movimenti del fantasma che ci ostiniamo a definire nostro professore. Un sottile nastrino rosso fa capolino fra le ciocche scure.
Rosso, è il nastrino.
Rossi, sono i suoi capelli.
La prima volta che l'ho vista, i suoi lughi capelli rossi, le danzavano sulle spalle, seguendo l'andatura dei suoi passi tremanti, che si avviavano verso il Cappello Parlante e verso il temuto ed atteso Smistamento. Grifondoro! Aveva proclamato il Cappello, pochi secondi dopo averla sfiorata. Immediatamente, un sorriso raggiante le aveva incurvato le labbra, delle belle labbra, labbra sottili, labbra che, solitamente, stonerebbero sul viso di una ragazza. Sul suo, al contrario, sembravano armonizzare l'insieme.
Lei è bella, e parecchio, peraltro.
La prima volta che l'ho vista, i suoi occhi castani scrutavano indagatori la Sala Grande, spaziando curiosi fra il mare di visi sconosciuti. Sembrava ansiosa di poter prendere parte a quella vita, di cui io già da un anno ero ormai un membro. L'ho osservata a fondo, l'ho seguita con lo sguardo, dai movimenti rapidi con cui si volgeva da una direzione a quella opposta, ho intuito che fosse alla ricerca di qualcosa, o magari di qualcuno. L'idea che stesse cercando qualcuno, un altro paio di occhi, ricordo, mi procuró all'istante una spiacevole sensazione. Come se mi avessero appena comunicato che la mia presenza in questa vita è perfettamente inutile, che i miei servizi non sono più richiesti e che avrei anche potuto cessare di esistere.
La prima volta che l'ho vista, lei mi dava il profilo. Osservavo il suo profilo ben delineato, il suo naso all'insù, puntggiato da una quantitá indefinibile di lentiggini color caffellatte, le dita della sua mano sinistra sfiorarle le labbra, un gesto che, avrei in seguito imparato, segue sempre i suoi momenti d'agitazione. Aveva una bella camminata, una di quelle che ti si stampano nella testa e lì restano, vi abitano, e non c'è modo di mandarle via.
La prima volta che l'ho vista, la mia mente, solitamente così lucida e concentrata, ha per un istante proiettato una fugace immagine, una rapida visione, la visione di due mani, che ho immediatamente identificato come la sua e la mia, intrecciate assieme. Non frequento il corso di Divinazione, tuttavia non credo di averne bisogno, non occorre possedere l'Occhio Interiore, per interpretare il frutto della mia immaginazione.
Me e lei. Nient'altro.
La prima volta che l'ho vista, il mio cuore ha accellerato il suo ritmo ordinario, oppure potrebbe essersi interrotto per qualche istante, non saprei dirlo con precisione. Tutto quel che so è che, improvvisamente, ho avvertito una piacevole sensazione di calore nel petto, una sensazione di appagamento, come nell'istante in cui si vince un premio, si viene elogiati, o semplicemente abbracciati dalla propria madre. Difficile a dirsi, cosa fosse, tuttavia, dalla prima volta in cui ho posato lo sguardo su di lei tale piacevole sensazione ha persistito ad abitare in me, riaffiorando solo e soltanto nelle occasioni in cui ho la possibilità di vederla. Non cerco il suo sguardo, non necessito di spaziare fra la folla indistinta alla ricerca della sua chioma rosso fiamma, semplicemente poso lo sguardo su di lei quando mi capita, e adoro i momenti in cui mi capita.
La prima volta che l'ho vista, ho ardentemente sperato che venisse Smistata nella mia medesima Casa, Serpeverde, tuttavia, doveva esserci qualcuno nel Grifonforo che sperava con più tenacia di me, probabilmente i suoi genitori, i suoi fratelli. Oppure lei. Lei, ha un nome, un nome che, al solo udirlo, la piacevole sensazione di calore smette immediatamente di sonnecchiare, tornando alla vita.
Lei, mi riporta alla vita.
Lei, mi piace. Quando dico che 'mi piace', intendo dire che adoro respirare l'aria che respira, che adoro camminare sulla terra su cui cammina, che amo posare le dita là dove le ha posate.
Il mio non è amore. Il mio è solo desiderio di trascorrere il resto della mia vita affondando il viso fra i suoi capelli rosso fiamma. Ma non è amore, lo giuro. È solo che...bhe...mi piace lei, mi piace il modo in cui strizza gli occhi una giornata di sole, mi piace il modo in cui sferza l'aria sul campo da Quidditch, mi piace il modo autoritario in cui si rivolge alla gente, mi piace la tempesta rosso fiamma che vive in lei.
Mi piace lei.
La restante mezz'ora di Storia della Magia è terminata. Posso fuggire da questa soffocante classe, posso fuggire dai miei pensieri. Torno alla realtà, perchè, in fondo, se non avessi la mente costantemente impegnata, i miei pensieri volerebbero a lei. Ma lei è un pensiero a cui mi piace rivolgermi nei momenti in cui il mondo è secondario, quando non ho null'altro a cui pensare, lei è uno svago, una distrazione. Lei. Lei è qui, in attesa all'esterno dell'aula. La lezione seguente sarà la sua. La osservo entrare, seguita da un paio di sue coetanee. Chissà, forse siederà al mio stesso banco, forse riuscirà ad afferrare i pensieri che vi sono rimasti intrappolati. Forse.
Lei, è una Weasley. L'ultima nata Weasley. Lei, si chiama Ginevra, per gli amici Ginny.
E a me, Blaise, piace Ginny.

#W. G. La Prima Volta Che L'Ho VistaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora