L'aria è ferma. Il fumo che esce dalla sigaretta accesa tra le mie dita si condensa in una nuvoletta compatta sopra la mia testa. Come dovesse essere la mia nuvola personale, come dovesse iniziare a piovermi addosso da un momento all'altro.
Inizio a sentire le prime gocce calde sulle guance e mi copro, ma il gelo che sento sulla pelle si fa strada sotto tutti quegli strati di stoffa penetrando fino alle ossa. Prendo allora un altro fiato, ma paradossalmente anche quello è più freddo dello spazio più profondo, e comincio a chiedermi se sia reale o tutto un sogno.
Le strade sono deserte, non un'anima è presente, e dall'alto sono le stelle, che lentamente vanno sparendo, a farmi da unica compagnia.
È la quarta volta che devo riprendere l'accendino dalla tasca, ma quella bastarda non vuole restare accesa, ed inizio a stancarmi. Sempre lo stesso movimento, che è diventato routine. Sempre la stessa strada, che è diventata routine. Sempre la stessa vita, che è diventata routine. Monotona. Sempre uguale a se stessa, e pare così voglia restare, all'infinito, ma mai a me cara.
Voglio liberarmene, dispiegare le mie ali e spiccare il volo. Ma di quelle bianche piume che sono la mia unica speranza nemmeno l'ombra, ed ombra è tutto ciò che vedo attorno a me.
Siamo a sei ora, e la sigaretta è quasi finita, ed inizio ad avere il terrore che quel movimento meccanico, di cui da tempo mi sono stancata, possa finire, e finisce, ed inizio lentamente a cadere in un baratro più scuro di quelle intangibili figure che ora sono diventate la luce alla fine del mio tunnel.
Il vento passa tra i miei capelli generando fruscii di foglie e mi porto le mani al volto e le sento ruvide come se la pelle si fosse trasformata in spessa corteccia. Mi sento impacciata, rigida, e mi ritrovo ferma in quel burrone mentre come cascata mi scivolano addosso tutti i suoni che prima giungevano alle mie orecchie. Orecchie? Cosa sono? Io non ricordo, e tutto ciò che sapevo pare archiviato in fondo alla mia memoria attendendo di essere definito, di essere associato ad un qualche termine che possa definirlo. Ma nemmeno delle parole sono a conoscenza e mi assale un viscerale terrore che lentamente sfuma in una piatta calma, apatica. E mi sento pesate, sempre più pesante, ma qualcosa mi tiene ancorata a quell'oscura parete. Ed infine, nella solitudine, divento pietra.