Stand By Me

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"Dillo alle parole. Se i tuoi occhi potessero parlare, cosa direbbero?"


Era questo il suo problema. Per quanto si sforzasse non riusciva ad esprimersi, le parole si materializzavano nella sua mente formando fili interminabili e sconnessi, si era resa conto che nemmeno lei riusciva a capire tutto quello che pensava. Sperava che fosse una cosa normale, nonostante tentasse di parlarne con qualcuno, ogni volta che cercava di dare voce ai suoi pensieri così fitti, nella sua mente si creava un vuoto incredibile. Un vuoto cupo, spazioso, inebriante. Così passava per una ragazza asociale, forse frivola, un po' psicolabile. E in effetti due di quegli aggettivi le si addicevano perfettamente: si sentiva a suo agio soltanto con sé stessa, tra i suoi libri. Così era incredibilmente silenziosa, quel poco che diceva era totalmente insensato, un commento su un caffè e nulla di più. In tutti i suoi problemi, però, si sentiva l'unica davvero viva. Perché quel suo mutismo l'aveva resa un'ottima osservatrice. Durante il tempo che passava a non seguire le lezioni e a non parlare aveva osservato i suoi coetanei, li aveva raggruppati, classificati. Si era detta che era come trattarli da animali, poi aveva pensato che erano animali, infine si era sentita in colpa nei confronti degli animali. Le capitava di svegliarsi alle tre di notte, con la testa straripante di pensieri, ognuno che prendeva la sua strada, tutti che si mescolavano, dando inizio ad altri. Si sentiva in subbuglio, non riusciva a pensarne ad uno che un altro la distraeva, tenendola in quella situazione di stallo per ore. A scuola era evitata, gli strani fanno quell'effetto. Nonostante non studiasse aveva un rendimento scolastico... decente, e sicuramente superiore di quello di molti suoi compagni. E mentre lei si immergeva in libri che la trasportavano in epoche passate, in mondi magici e ribelli, mentre si lasciava trasportare sulle stelle, sperando forse di trovare un uomo ad aspettarla, vedeva ragazzi amalgamati in un mondo commerciale, tutti uguali, senza alcun desiderio di anarchia, di distinzione da quella massa informe fatta di fast food, sprechi e stupidità.

Amava vivere in un paese tanto sperduto, la vicinanza ad un lago, le temperature che le permettevano di indossare felpe pesanti, il silenzio. Era convinta che tutti conoscessero tutti, lì dentro. Un giorno ebbe la conferma di avere torto. Di solito non le piaceva come cosa, si sentiva soddisfatta quando il cuore batteva più velocemente quando qualcuno le dava ragione, come se avesse appena fatto una corsa. Solo quell'errore la faceva gioire, lo stesso sentimento di sorpresa che si prova quando si scarta un pacco e si trova un libro che non avevi chiesto, ma di cui comunque ti innamori. E, forse per ironia, Jude e David si conobbero grazie ad un libro. L'ultima copia del libro che desideri, ed un'altra persona di fronte a te. Il ragazzo si era accorto che la figura che aveva di fronte aveva qualcosa di particolare, come se fosse sperduta in un mondo tutto suo. Passavano del tempo insieme, magari lui leggeva e lei guardava il lago, con aria assorta. In qualche mese David si era accorto che avrebbe voluto esprimere qualcosa che non riusciva a formulare. Le loro conversazioni diventarono fatte di sguardi, nei quali si interpretavano a vicenda. Vedevano l'adorazione per l'acqua limpida, per l'odore di terriccio, per lo scoiattolo tra le fronde degli alberi. Poi Jude compì sedici anni, e David le regalò un diario. Le disse che lì avrebbe potuto scrivere i suoi pensieri senza imbarazzo, che avrebbe potuto dirgli qualunque cosa attraverso quei bigliettini.

Passarono due anni, i diari riempiti erano aumentati, certo, ma il legame che univa i due ragazzi era rimasto. Il loro conversare attraverso pezzi di carta, occhiate, frasi sottolineate. Erano cose abitudinarie per entrambi, familiari, rassicuranti. A novembre cominciava a fare davvero freddo, Jude lo sapeva benissimo, ma nonostante quello quel giorno non indossava niente sopra la felpa nera. Con le mani infreddolite aveva porto un biglietto a David. Diceva semplicemente "Stand By Me". Lui vide quella luce emozionata che si instradava sempre nelle iridi verdi della ragazza quando c'era qualcosa che la eccitava molto, così seguì il suo sguardo. Vide la ferrovia, il vento che le scompigliava i capelli blu, l'espressione determinata. Vide il libro che teneva in grembo, le porse una mano e scattarono in piedi. Lasciando sull'erba il loro piccolo accampamento, corsero in direzione dei binari. Il lago rifletteva le loro sagome, ma ridevano troppo per prestare attenzione a ciò che li circondava. Sentivano l'adrenalina, l'istinto di sorridere, la brezza, lo stridere degli uccelli. In breve tempo erano lì, a percorrere le linee di metallo che univano il paese ed il bosco, sentendosi parte di quel punto di passaggio infinito. Si sedettero sulle assi di legno, guardando piano l'acqua sotto di loro. Jude rabbrividì, cosa che non sfuggì agli occhi di David. Si abbracciarono, guardando il paesaggio che si estendeva di fronte ai loro occhi. Poi ci fu un breve scambio di occhiate fugaci, gettate di nascosto. Quelle espressioni così rilassate fecero nascere un sorriso ad entrambi, senza smettere di guardarsi negli occhi. "Non credi che sia tutto meraviglioso?" avrebbe voluto chiedere Jude. L'espressione attonita dell'altro però la stupì, quasi quanto le parole che disse subito dopo. "Hai parlato. Hai detto qualcosa di tuo, una frase! Jude, ce l'hai fatta!" sussurrò. La ragazza si tastò le labbra, incredula, guardando l'amico. "Dai riprova!" rincarò David, con tono allegro. In un certo senso aveva il terrore di scoprire che quella sarebbe stata la frase più lunga che avrebbe mai detto, nell'altro la felicità per una cosa simile era troppo grande per non farla riprovare. Così pensò a cos'avrebbe voluto dire, e lo pensò ad alta voce: "Credo di essere follemente innamorata di te."






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⏰ Last updated: Jan 16, 2016 ⏰

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Stand By Me ||WATTPAD IN FANTASYWhere stories live. Discover now