Capitolo 36.

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Quando la mattina seguente mi svegliai, sorpresa di essere riuscita a dormire almeno un'oretta, trovai tutti ancora incastrati nel mondo dei sogni, Newt compreso.
Come vorrei avere il sonno pesante come loro. Pensai uscendo lentamente dal mio sacco a pelo e stiracchiandomi nella speranza di far passare l'indolenzimento.
Uscii dal Casolare senza fare rumore e volsi il mio sguardo al cielo.
Era ancora dannatamente grigio e del sole non c'era traccia. Le Porte invece erano ancora aperte.

Andai a farmi una doccia veloce e poi mi diressi in Cucina a prepararmi la colazione.
Dopo mangiato andai alla Torre per riuscire a schiarirmi i pensieri. Nessuno sembrava essersi svegliato e non li biasimavo. Dopo la notte passata probabilmente erano tutti stanchi.
Mi obbligai a non pensare, ma nonostante tutti i miei sforzi alla fine la mia mente finì sull'unica domanda che avrei preferito non pormi.
E se Minho e Thomas non riuscissero a trovare un'uscita?
Quell'interrogativo persisteva nella mia mente come un chiodo su una trave.

Avrei voluto correre dentro il Labirinto e cercare da me un'uscita, ma sarebbe stata una cosa alquanto stupida e inutile. Mi sarei persa subito e probabilmente la mia resistenza alla corsa era paragonabile a quella di un bradipo con una gamba di legno. Eppure rimanere rinchiusi nella Radura senza poter fare nulla per contribuire a quella ricerca era frustrante.
Era meglio lasciare fare quel lavoro a chi, a differenza mia, conosceva il Labirinto come le proprie tasche.
È possibile che non possa fare niente per aiutarli a tirarci fuori di qui? Pensai sbuffando.
"Ehi, bambolina." mi richiamò una voce, facendomi sussultare per lo spavento.

Non ebbi bisogno di girarmi per capire chi fosse. Solo una persona mi chiamava con quel nomignolo fastidioso. 
"Minho, ho un nome, sai?" brontolai, fingendomi scocciata. Per quanto odiassi sentirmi chiamare con quei soprannomi buffi, dovevo ammettere che iniziassero a piacermi: erano pur sempre una dimostrazione di affetto, anche se particolare.
"Okay, bambolina." mi punzecchiò, sedendosi accanto a me. "Che hai?"
Scossi la testa e gli rivelai semplicemente la verità: "Sarà egoistico da parte mia rimanere focalizzata su di me con tutto quello che sta succedendo alla Radura, ma non riesco a non pensare che tra tre giorni sarò il pasto di un Dolente."

"La tua vita e quella di Thomas sono nelle mani giuste." mi rassicurò l'asiatico, dandomi delle pacche sulla coscia. "Non vi darà in sacrificio. Noi troveremo un'uscita. Ci siamo così vicini." spiegò, mostrandomi un piccolo spazio tra l'indice e il pollice.
"Questo non significa che la troverete." ammisi.
"Ouch, mi fa piacere vedere che hai fiducia in me." rise lui. "Viva il pessimismo!"
Abbozzai un sorriso e iniziai a giocare con una ciocca dei miei capelli.
"Ehi, dico sul serio." continuò, dandomi una leggere spinta con la spalla. "Vi faremo uscire da qui. Thomas ora sta mangiando, ma appena ha finito usciamo nel Labirinto."
Annuii e lo ringraziai per quelle parole incoraggianti, poi lo guardai calarsi giù dalla Torre e dopo diversi minuti sparire con l'altro Velocista nel Labirinto.

Rimasi a fissare le Porte per un altro po', poi vedendo che i Radurai iniziavano a svegliarsi, mi calai dalla Torre e andai in Cucina per aiutare Frypan.
Lo aiutai a servire la colazione e a cucinare le uova, dopodiché andai a sentire se Jeff avesse bisogno di aiuto. Con la scomparsa di Clint doveva essere dura tornare ad animare quegli spazi che fino al giorno prima aveva condiviso con il ragazzo. Non sapevo quanto fossero vicini i due, ma contando che facevano lo stesso lavoro da praticamente due anni, potevo scommettere che fossero buoni amici.
Non mi sorpresi affatto quando lo vidi armeggiare triste con un paio di barattoli nell'armadio. Quando mi vide non cercò nemmeno di nascondere la tristezza e di questo gli fui grata. Sottolineai che mi sarei occupata io di tutti, che avrei curato chiunque avesse collezionato ferite la sera prima e che se aveva bisogno di un giorno libero non si sarebbe dovuto preoccupare.

Ma le mie parole non sembrarono portargli alcun sollievo dal dolore, perché il ragazzo si limitò a ringraziarmi e a tornare con lo sguardo sui barattoli e la testa da chissà quale parte. Quando uscii dall'edificio alla ricerca di potenziali pazienti, notai come tutti si fossero già attivati e si stessero preparando per affrontare i Dolenti la notte che sarebbe venuta.
Mi diressi verso il Casolare e trovai Gally che impartiva ordini a destra e a sinistra, mentre distribuiva a tutti delle assi di legno. Vidi che fossero tutti intenti a chiudere il buco nella parete creato dai Dolenti e pensai che sarebbe stato carino da parte mia aiutare.
Nessuno era stato portato d'emergenza nell'edificio dei Medicali, perciò supposi che tutti se la fossero cavata con un paio di graffi o meno.

The Maze Runner - RememberDove le storie prendono vita. Scoprilo ora