He Won't Come Back

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Non era decisamente ciò che la curia napoletana si aspettava da quella missione.
Avevano letto la lettera almeno trenta volte, eppure il contenuto era proprio quello: Don Alessio non sarebbe tornato.
Era marzo quando avevano deciso che avrebbero mandato un volontario nella lontana Nuova Zelanda, perché lì, fin troppi aborigeni non conoscevano la chiesa. E loro volevano permettere a questi selvaggi di praticare la loro religione in un luogo sacro, nella casa di Dio.
Sapevano sarebbe stato rischioso inviare un così giovane praticante, ma nei suoi 23 anni d'età, Don Alessio Iodice, si era sempre distinto per lealtà e convinzione.
Era uscito da poco dal seminario ed era volenteroso di aiutare, quindi perché no?
A maggio, quindi, il giovane volontario era già diretto sull'isola che lo avrebbe ospitato per i seguenti 18 mesi.

Inizialmente non fu affatto facile: nessuna tecnologia, nessun contatto col mondo moderno e nessuna distrazione che potesse farlo sentire il giovane che realmente era, ma in fondo la missione era quella di trasmettere i valori religiosi e non quelli tecnologici.
Ogni sabato insegnava ai selvaggi una nuova preghiera, ogni domenica faceva una piccola messa in cui leggeva loro dei passi dei vari Vangeli e durante la settimana si dedicava alla comunità, aiutando nei vari lavori e sorvegliando i bambini.
Una domenica, però, si ritrovò a doversi imporre come non mai: nessuno prestava attenzione, anzi, un brusio generale si alzava sempre più.
"OH, INSOMMA, COS'È TUTTO QUESTO BACCANO?" disse con un tono leggermente alterato.
"Mi scusi, Don Alessio, ma quest'oggi è tornato il figlio del capotribù. Non lo vedevamo da mesi!" a rispondere fu una giovane donna di nome Alba, ufficiale sposa del loro combattente più fiero: Shorty.
Alex, più tardi, domandò informazioni proprio a quest'ultimo, che era a cacciare con il compagno di ronda Gió.
"Cosa vuole sapere Don?" sorrise il riccio.
"Come mai il figlio del capotribù è stato via tanto?"
"Non si preoccupi, non è stato nel vostro mondo, bensì nella giungla più fitta, alla ricerca di un'erba rara." rispose per primo Gió.
Alessio annuì, poco convinto e pensieroso.
"Probabilmente si sarà scordato persino la nostra lingua, sarà diventato più selvaggio dei selvaggi pellerossa." rise Shorty.
Alex sorrise, quella rivalità fra aborigeni e pellerossa durava ormai da secoli, e l'insulto peggiore era appunto esser definito peggio persino dei propri nemici; quei due scherzavano, s'intende, ma la lontananza dalla tribù per così tanto tempo poteva davvero aver fatto un brutto effetto su questo ragazzo.
"Quanti anni ha?" si lasciò scappare il Don, mordendosi subito dopo la lingua.
I due aborigeni si fermarono a riflettere.
"Credo 20.." iniziò il riccio.
"Ma non siamo sicuri, era tempo di guerre quello e nessuno vi ha prestato attenzione." continuò l'altro.
"Perché per noi la vittoria in battaglia vale più di qualsiasi altra cosa, persino di una nascita." finì il primo.
Alessio capì che questa tribù necessitava davvero il dono della parola di Dio, perché il frutto d'amore non può valere meno di quello dell'odio. In nessun caso. S'impose così di costruire un piccolo altare con battistero.

E lo fece sul serio: nei giorni seguenti fabbricò un piccolissimo battistero, che pose accanto al minialtare, incoraggiando i selvaggi a fidarsi ed avvicinarsi.
Mentre faceva tutto ciò si rese conto che lui, a quel famoso ragazzo, ancora non lo aveva visto, e a farglielo pensare fu una figura ignota che li osservava da lontano.

Alba fu la prima a farsi battezzare, Don Alessio ne fu felice perché quella donna era perfetta per dare l'esempio, infatti dopo di lei tutti i presenti si misero in fila e ascoltarono il giovane che spiegava il significato del sacramento.

La sera era sfinito, aveva battezzato più di metà tribù, e tutto ciò che desiderava in quel momento era un infuso caldo e riposare nella sua amaca, ma un ragazzo biondo non glielo permise, rubandogli la ciotola dalle mani.
"Credi davvero in ciò che predichi?" chiese questo sorseggiando il liquido.
"Chi sei?" Alessio era curioso come non mai.
"Genn Butch, detto Sblurg. Il famoso figlio del capotribù, immagino ti abbiano parlato di me."
Immaginava bene, senza contare l'immenso interesse del giovane prete verso di lui, interesse a livello amichevole, sia ben chiaro.
Siccome il moro taceva, il giovane aborigeno provò a ricominciare un discorso:
"Don Alessio, giusto? O preferisci Alex? Ho sentito i bambini chiamarti così."
"Don Alessio va benissimo."
"Cosa significa Don?"
"Sono un prete, porto e trasmetto la parola di Dio, ed è così che si chiamano le persone che fanno ciò: 'Don'."
Genn non pareva convinto.
"Ma la tua donna come ha reagito quando sei partito?"
"Non ho una fidanzata, né una moglie. I preti fan voto di castità."
Ora Butch era davvero stupito. Una vita intera senza una persona accanto? Ma stava scherzando? E tutte le difficoltà della vita con chi le avrebbe superate? Chi lo avrebbe compianto alla sua morte? Questa cosa non era assolutamente concepibile e la sua faccia sbalordita parlava per lui.
"Ti fa così strano?" ridacchiò l'altro, mentre il biondo annuiva.
"E tu?" chiese allora sempre il giovane Don.
"Io cosa?"
"Hai mai avuto una promessa sposa?"
"Tutte le madri aspirano ad avermi come genero, ma non ho ancora selezionato nessuna."
Alessio si riprese la ciotola con l'infuso e iniziò a berci, senza porsi il problema del fatto che Sblurg ci avesse poggiato le labbra prima di lui.
Erano immersi in un silenzio surreale, ma non imbarazzante, anzi, più del tipo rilassante, e che permetteva ai nervi di distendersi senza pensare a nulla.
Genn fece per andarsene, ma Alex lo bloccò porgendogli un'altra ciotola piena di infuso accompagnata da un sorriso ed una buonanotte.
Il ragazzo selvaggio sorrise a sua volta, ma si stupì di tale gesto, siccome nella tribù ognuno provvedeva per sé ed erano soprattutto le donne ad offrire qualcosa, non gli uomini, ma il prete non era un uomo normale e Genn Butch iniziò a rendersene conto proprio quella sera.

Nei giorni successivi il moro fu piacevolmente colpito dal figlio del capotribù, che si fece battezzare pubblicamente e partecipò alla preghiera ed alla messa, spingendo così chi ancora non era convinto a fare lo stesso.
Iodice vedeva come tutte le donne cercassero di farsi notare dal biondino, che puntualmente le ignorava, risultando quasi una sfida che tutte volevano vincere.

Si ritrovavano quasi ogni sera loro due a parlare e il Don prese a considerarlo il momento migliore delle sue giornate; gli insegnava a leggere e a scrivere, mentre Sblurg gli raccontava di vecchie leggende e tradizioni tribali.
Avevano molto da insegnare l'uno all'altro, ma soprattutto molto da imparare l'uno dall'altro.
Era il tramonto quando Alessio vide l'ennesima donna venir rifiutata da Genn Butch, e ridendo gli chiese:
"Ma perché le rifiuti tutte?"
L'altro scrollò le spalle ridacchiando a sua volta.
"Ehi, sono serio, alla tua età sono già tutti sposati o sbaglio?"
"Non sbagli, ma io potrei avere cinquanta anni, e ancora tutte mi vorrebbero. Non c'è fretta."
"Se ti innamorassi realmente non vorresti aspettare e di fretta ne avresti eccome."
"Parli come se ti fosse successo miliardi di volte."
"E invece non mi è successo manco una, forse anche per questo ho scelto Dio."
"Ma sei giovane! Hai tutto il tempo per trovare l'amore."
Stavolta fu lui a scrollare le spalle senza rispondere.
Genn aveva evitato con cura di dire quanto avrebbe voluto essere lui il motivo di quell'amore, perché ormai ne era praticamente certo: si stava innamorando del napoletano.
Lo aveva capito quando aveva preso ad ignorare qualsiasi proposta che non fosse sua, ed una volta non era così: lui era solito assecondare le donne per divertirsi un poco, ed ora non voleva nemmeno parlarci per paura mandare segnali sbagliati al moro.
E aveva, sì, sentito quella fretta di cui stavano parlando, l'aveva sentita durante quei silenzi imbarazzanti che si creavano quasi ogni sera e di conseguenza la stava sentendo in quel momento.
Alessio guardò il cielo e sentenziò che fosse ora di andare a dormire e col suo solito sorriso salutò l'altro.

I mesi scorrevano davvero veloci, Alex si era integrato benissimo, soprattutto grazie a Genn, Shorty, Alba e Gió: col primo passava le ore prima di andare a dormire, cosa che lo faceva addormentare col sorriso sulle labbra, con la donna si scambiava confidenze e consigli, mente con gli ultimi due imparava molto sulla tribù.
Proprio per questo gli pianse il cuore quando gli giunse una lettera con il timbro curiale che diceva che sarebbe dovuto tornare il prima possibile a causa di gravi problemi interni alla chiesa napoletana.
Lo comunicò alla gente una domenica durante la messa, sollevando diverse proteste, provocando dei pianti nei bambini e facendo alzare Genn Butch, che parlò per tutti:
"Non sei obbligato a tornare là." forse il tono con cui lo disse risultò fin troppo disperato, perché tutti si voltarono verso di lui con uno sguardo stupito.
"Il mio lavoro qui è finito, ho istruito ciascuno di voi con la parola di Dio e vi lascerò la Bibbia ed i Vangeli, in modo che possiate continuare il vostro percorso anche senza di me."
Senza aspettare risposta e senza accorgersi che Alba lo stesse seguendo lasciò il luogo.
Andò fin nella foresta prima di accorgersi della sua presenza:
"Don, la prego, non ci lasci."
Arrivarono pure Shorty e Gió ad implorarlo di non partire, il riccio prese a spiegargli quanto avessero ancora da imparare da lui, mentre l'altro prova a ad offrirgli ogni dono possibile, ma lui parve irremovibile, finché non giunse Genn che fece allontanare gli altri tre.
"Puoi restare, davvero, non sei obbligato ad andare, tutti ti vogliamo qua.",
"Sblurg, siamo onesti, io amo stare qui, e ricevere quella lettera il cuore, ma se restassi probabilmente impazzirei "
"Perché?"
"Non posso dirlo."
"Alé, ormai te ne stai andando, qualunque cosa sia rimarrà sua con me."
Alessio si guardò le mani, indeciso, poi sospirò e rispose:
"Provo dei sentimenti che un prete dovrebbe provare solo verso dio, ma io li sento anche con un'altra persona, ma non dovrei!"
"Se torni non cambierai nulla." Genn Butch alzò la voce.
"MA ALMENO SAPRÒ CHE HO PROVATO A DIMENTICARTI!" ora Alex stava urlando.
"Mi...? Me?" il biondo trattenne il fiato.
"Lasciami partire Genn, lasciami voltare pagina."
"No."
"No?"
"No. E io poi che faccio? Mi tormento per sempre sapendo che tu provavi per me ciò che io provavo per te? Ho una certa fretta di stare tutta la mia vita con te, mio caro Alex."
Ora entrambi sorridevano, e no, Don Alessio non sarebbe tornato.

No Church In The Wild ※ GennexDove le storie prendono vita. Scoprilo ora