Parte 1

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HARRY...

Caro Louis,
Ho deciso di scriverti questa lettera perché questo è tutto ciò che non ti ho detto. Quelle parole che ho sempre avuto timore di dirti, quei sentimenti che ho sempre provato e che ho tenuto nascosti agli occhi del mondo, invano. Sono sempre stato così geloso del mio diario, quello che tu mi hai spronato a tenere, il luogo sacro dove custodivo i miei pensieri, dove il vero Harry usciva fuori. Nessuno ha mai letto queste pagine, solo tu ne hai avuto accesso, anche se per poco, ma tu mi sei entrato dentro come nessun altro aveva mai fatto. Perciò questo è il mio ultimo regalo per te, l'ultima dimostrazione che ti ho amato veramente, e che non ci sarà più nessun uomo nella mia vita che amerò con la stessa intensità.
Ti amo e dal momento in cui incrociai i tuoi occhi capii che tu saresti stato l'unico. Questo diario è per te.

Per sempre tuo, e di nessun'altro amore mio,
H.

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Novembre

Se guardavo attraverso la mia vita vedevo solo nero. Il nero era sui miei vestiti, dentro e sopra la mia pelle. Il nero era dappertutto, persino la mia intera esistenza era macchiata di nero, un colore indelebile, impossibile da lavare via. Non c'era nessun altro colore a popolare i miei giorni, era come se vivessi guardando attraverso un vetro appannato e spesso. Tutto appariva sfuocato, tutto era apatico, non c'era via di uscita.

L'aereo atterrò a Londra, la città che più preferivo al mondo dopo la mia Manchester, ma non provavo nessun tipo di sensazioni, non ero felice di iniziare una nuova vita lontana dall'egoismo dei miei genitori, non ero spaventato dall'ignoto che mi aspettava. Non provavo niente, e io ero solo stufa della mia continua apatia. Osservai Niall, nel sedile accanto al mio, guardare video stupidi su YouTube e ridere a crepapelle, senza coinvolgermi nella sua attività, lasciandomi lo spazio per riordinare i miei pensieri e buttarli su un foglio bianco. Sa bene come sono fatto, sa che quando mi chiudo in me stesso, siamo io, il diario, l'iPod e nessun altro, lo capisce e mi lascia libero. È quel ragazzo biondo dal sorriso contagioso la mia vera famiglia, non quegli estranei che si proclamano miei genitori, che si occupano della loro vita, lasciandomi indietro, fermo allo stesso punto, al giorno in cui la mia intera esistenza si è macchiata di nero, al giorno in cui ho cominciato a vivere per inerzia.

Il paesaggio inglese, scorreva velocemente fuori dal finestrino del pullman diretto a Cambridge, era una macchia indistinta di verde e grigio, ed era difficile riconoscere le forme al di là del vetro a causa dell'elevata velocità.

La macchia verde lasciò il posto a una cittadina, e il pullman rallentò fino a fermarsi di colpo nei pressi della celebre università di Cambridge. L'edificio era imponente, circondato da un enorme giardino verde e ben curato, pieno di ragazzi vestiti allo stesso modo, impegnati nelle attività più disparate. Fui l'ultimo a scendere dal pullman, l'ultimo a prendere le valigie e ad addentrarmi a fianco di Niall nell'enorme edificio che avrebbe segnato l'inizio del mio futuro. Osservai le persone intorno a me e notai che i loro sguardi erano quasi tutti concentrati sulla mia insolita figura e da un lato non li biasimai: capelli lunghi con sfumature nere, risultato ottenuto da un precedente tentativo di tingere i miei capelli con quel colore, skinny jeans leggermente strappati al ginocchio, una camicia nera dalla stampa improbabile e stivaletti neri. Decisamente non era l'outfit perfetto per entrare nel mondo dei viziati figli di papà con le divise stirate e perfette, le camicie inamidate e la cravatta azzurra annodata in un perfetto nodo Windsor.

Niall accanto a me, per quanto fosse a disagio, mi sorrise, elencando le varie cose che avremmo potuto fare dato che eravamo finalmente lontani dai genitori. E fu ancora una volta lui l'unica persona che riuscì a strapparmi il primo sorriso della giornata, dato che fulminò un ragazzo accanto a me solo perché mi aveva osservato per qualche secondo di troppo con un'espressione disgustata stampata in faccia.

Il biondo era così diverso da me, aveva sempre voluto esprimere la sua allegria, la sua voglia di vivere con le sue continue battute, e il suo perenne sorriso. Io venivo facilmente definito "acido come una ragazzina con il ciclo e depresso" forse anche a causa del mio aspetto molto simile a una versione diciannovenne dell'intera famiglia Adams, con i capelli scuri, la carnagione pallida tipicamente inglese e i vestiti poco allegri.

Ma come tutti i ragazzi adolescenti, nonostante l'apatia perenne, mi ritrovavo delle volte a sognare una vita felice, dove ero un fotografo, laureato in Arti Visive, capace di svolgere il mio lavoro con professionalità e con sentimento, ma soprattutto con un marito e qualche bambino che attendeva il mio ritorno a casa. Un futuro nel quale la mia omosessualità era accettata senza problemi, e le persone mi amavano per ciò che ero realmente.

Era la speranza che tutto ciò che desideravo si realizzasse, l'unica corda che mi ancorava al suolo ma io sentivo quella corda sgusciarmi via lentamente dalle mani. E temevo ciò che sarebbe successo una volta che mi sarei ritrovato alla deriva. Ci sarebbe stato di nuovo Niall a salvarmi o sarei affogato in un oceano di insicurezze, completamente solo?

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Ciao sono Diana ho 15 anni e sono una ragazza simpatica(almeno credo) ...non so più cosa dire vabbeh vi lascio al prossimo capitolo

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jan 19, 2016 ⏰

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