L'Inizio.

96 8 5
                                    

Sarà mai capitato a tutti di avere un brutto periodo.
Be', io sono in questo tipo di periodo da ben cinque anni; cinque anni in cui la gente normale ride, gioca, scherza e... vive.
Non capisco come facciano: io non ricordo neanche come si faccia a ridere, giocare e scherzare; tantomeno a vivere come una persona normale.
In compenso so fare altre cose, cose che mi mettono in cattiva luce, cose che nemmeno io so il perché accadano quando la gente mi sta accanto. Queste "cose" sono molto varie: posso immobilizzare la gente; posso far in modo che le persone vicino a me sentino i dolore; far rivivere a coloro che odio i momenti peggiori della loro esistenza.
Sono una specie di 'essere maligno' che cammina; l'unica cosa che mi sprona a continuare questa futile esistenza è l'affetto che poche, se non rare, persone hanno per me. Tra queste ci sono mia madre, la mia professoressa di matematica e un mio amico: Will.
È un ragazzo tozzo, tranquillo e spesso taciturno. In sette anni di amicizia non abbiamo mai litigato, ma non abbiamo neanche fatto una chiacchierata normale. Eppure, lui è l'unica persona che mi capisce. Sa capire il mio silenzio, sa comprendere e dare senso a ciò che faccio, pur non essendo d'accordo. È l'unico che non mi ha abbandonato: tutti gli altri, subito dopo l'arrivo all'adolescenza, mi abbandonarono, perfino mio padre. Sì, perfino lui non sopportava l'idea di avere un figlio strano ed inquietante.
Ma so di certo che Will non lo farà. Lui ed io non ci parliamo quasi mai, però siamo molto legati... Inoltre c'è pure la scuola a rovinare sempre, giorno per giorno, la mia esistenza. Infatti, perché fu proprio da lì che tutto cambiò.
Rinunciavo a qualcosa di così straordinario, ossia l'amico fedele, per andare in contro al nulla. Anzi, alla mia fine, se non anche il mio inizio.

Ero sull'autobus, come al solito assieme a Will.
Stavamo sui nostri posti fermi ed in silenzio. Non so il perché, ma il silenzio mi rilassa, mi fa star quasi bene.
Mentre pensavo a questo, arrivò il solito idiota, Rian, e mi gettò la sua bibita contro. Stavo per alzarmi, arrabbiato, quando Will mi fermò e pensò "non ora...vuoi finire dal preside?!".
Dovevo ancora, dopo anni, lasciar perdere: tanto sapevo già che sarebbe stato una delle mie tipiche giornate di merda.
Andai a biologia, sempre seguito da Will, ma quando stavamo per entrare disse che stava male: lo portai in infermeria.
Dopo andai a biologia e mi scusai per il mio ritardo.
Il prof. di biologia, un anziano signore di nome Maurice, non si era neanche accorto della mia assenza; tipico dei professori.
Oggi dovevamo riconoscere i vari tipi di roccia, a coppie.
"Ed ora che faccio?!" pensai disperato. Non volevo stare a coppia con nessuno, se non con Will.
Eppure non ci potevo far nulla; quindi decisi di sedermi accanto alla persona che mi pareva meno fastidiosa di tutte: una ragazza della mia età, con occhiali enormi, lentiggini su tutta la faccia ed un'acne mostruosa. Aveva occhi verdi scuro, capelli biondi che teneva in una coda semplice e un'espressione amichevole. Non pareva la solita 'biondina stupida', però non mi sembrava, fortunatamente, troppo intelligente. I suoi vestiti erano molto semplici: una maglietta bianca e dei jeans.
Non era carina: mi sembrava una tipa a posto, non troppo popolare.
Appena seduto, allungò la mano: voleva conoscermi.
Gliela strinsi e ci presentammo. Si chiamava Lily Gray.
Già dal nome mi sembrava simpatica.
E non solo: lo era pure a parlarci.
Chiacchierammo (senza farci scoprire) di molte cose. Lei veniva da Jacksonville e si era quindi trasferita da poco qui, a Chicago.
Stavamo ancora parlando, quando il signor Maurice mi disse di star zitto.
Fu allora, che per la prima volta dopo anni, risi di gusto.
Non fu una risata falsa, di quelle che la maggior parte delle persone tirano fuori tanto per apparire dolci e simpatiche: fu qualcosa che mi avvolse e che mi ricopri di gioia e serenità, seppur per poco.
Eppura la mia "risata" non era uscita come volevo: tutta la classe cadde mi stava fissando, stupita dalla mia risata.
Il professor Maurice cadde a terra: non riusciva a respirare.
Fu allora che smisi di ridere e mi concentrai su tutto tranne che sul continuare a ridere, perché non era la prima volta che io, inconsciamente, facessi del male ad una persona. Funzionò: il pover'uomo si alzò e disse alla classe di restare in silenzio mentre lui andava in infermeria, mentre Emma, una bidella, ci controllava.
Usciti da lezione io e Lily continuammo a parlare, tantoché ignorai pure Will tutto il giorno dopo.

L'inverno: Peter HowardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora