Depressione

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Erano settimane che non andavo a scuola. Non ce l'avrei mai fatta a sopportare di vedere i miei compagni ridere di me, di essere di nuovo al centro dell'attenzione senza avere dalla mia un alleato come Will o Lily, ma sapevo che prima o poi avrei dovuto accettare di ritornare a scuola, perché sennò sarei rimasto sempre nel letto a piangere.
Eppure altre settimane volarono senza che me ne accorgessi, finché, un giorno, non arrivò mia madre in stanza a svegliarmi; ero sorpreso: lei non lo faceva mai, erano passati anni dall'ultima volta in cui mi aveva svegliato, perché tanto io ero sempre puntuale.
Questo significa una sola cosa: c'era qualcosa di importante che doveva dirmi.
Comprese ciò che stavo pensando e mi sorrise.
Nonostante ciò, non capivo ancora; ad illuminarmi le idee arrivò un signore giovane, mai visto in vita mia, che allungò la mano per conoscermi.
Gliela strinsi e gli dissi il mio nome, non ascoltai neanche il suo: volevo solo che se ne andasse. Perché ormai sapevo chi era, o almeno, cosa faceva.
Era uno psicologo. Io odio gli psicologi, mi fanno sentire impotente e stupido.
Mentre io ci pensavo , loro parlavano probabilmente del fatto che io fossi pazzo, della mia depressione o di cose peggiori.
Ma non potevo andare avanti così. In fondo mia madre aveva ragione: non ce la avrei mai fatta; nonostante ciò, non avrei mai accettato il suo aiuto. Mai.
Mi alzai di scatto e dissi a mia mamma che non serviva a nulla chiamare uno psicologo, che ce l'avrei fatta e che non si doveva preoccupare per me.
Fu allora che scoppiarono a ridere. Notai che le loro mani erano strette l'una all'altra. Stavolta lo ascoltai, disse di chiamarsi George, di aver una relazione con mia madre, che lui la amava più d'ogni altra cosa, che volevano sposarsi e che si sarebbero sposati solo se avessero avuto il mio consenso. Stavo per scoppiare a ridere pure io, quando mi ricordai in tempo della mia disastrosa lezione di biologia.
Ero con Lily, sempre in quell'aula, stavamo parlando, quando il professor Maurice ci scoprì e ci disse che ci avrebbe portato dal preside perché non ci sopportava più. Subito Lily gli disse che stavamo parlando a riguardo della lezione, allora lui, credendo di averla colta in flagrante, le chiese cosa lui stava esponendo alla classe. Rispose subito "semplice, stavamo parlando degli antropodi, in particolare del loro esoscheletro, fatto di Chitina". Era sbigottito: non era mai successo prima d'ora che lui venisse fregato davanti a tutta la classe; anzi, lui era il solito tipo astuto ed attento su ogni cosa. La ringraziai e lei mi disse:"Non devi ringraziarmi, per gli amici si fa di tutto; tra amici ci si aiuta, sempre". Al ricordo di quelle parole caddi a terra, in preda al dolore.
Tutto si fece buio, nel senso letterale. Le luci si spensero, fuori arrivarono nuvoloni che mai avevo visto e la temperatura si fece gelida. Ma non successe solo questo: pure George e mia madre caddero a terra, in preda al mio stesso dolore.
Poi svenni, e così pure loro due.

L'inverno: Peter HowardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora