|Capitolo 1|

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Mi fermai a prendere respiro, avevo corso troppo.

"Che fai sorellina, ti arrendi già?" Odiavo quando mi chiamava così, era nato solo 5 minuti prima di me e me lo rinfacciava sempre. Raccolsi il pallone da terra e glielo lanciai addosso con più forza possibile ma non sembrò preoccuparsene più di tanto. "Okay, facciamo così, chi fa il prossimo canestro vince tutto." Avevamo una fissazione con la pallacanestro, ogni weekend uscivamo da casa alle 15 per andare al campetto della scuola e finchè non era buio non rientravamo.

Mi concentrai, in quel momento c'eravamo solo io, la palla e il canestro. Feci qualche palleggio e respirai, quel canestro valeva la gloria di un giorno intero. La regola era semplice: chi vinceva aveva il comando della televisione in camera e io di certo non volevo guardarmi quegli stupidi programmi che piacevano a lui. Senza neanche accorgermene stavo correndo verso il canestro, era una sensazione fantastica, correvo e correvo, il campo sembrava non finire mai più. Arrivai sotto il canestro e con un abile mossa tirai. La palla rimbalzò sul tabellone e iniziò a girare vorticosamente sul ferro e quando stava per entrare, come per incantesimo, uscì. Non era possibile, non credevo ai miei occhi, quella palla doveva entrare, non poteva essere davvero uscita! Mentre io mi capacitavo di quello che era appena successo, lui prese la palla e con un salto fece canestro. Cavoli, non poteva essere vero, quella sera c'era pure "2 broke girls" e me lo sarei perso, che odio. "Non vale, non può valere, era dentro e poi PUFF, fuori. Io, io non so come..." Stava ridendo, mio fratello stava ridendo di me, certamente lo sapeva che era stata solo fortuna la sua.

Raccolsi la palla da terra, la misi dentro l'Eastpak e me ne andai. Sentii Nicolò corrermi dietro, "Non sai proprio perdere sorellina." Lo aveva detto di nuovo. Mi girai e gli tirai un calcio nello stinco, ero arrabbiata e di certo non mi sarei fermata a chiedergli scusa.

"Senti Matilde, se sei sfortunata non è colpa mia. Ti potrai rifare sabato prossimo, anche se dubito che vincerai contro una leggenda come me." Idiota. Tirai fuori il telefono e le cuffiette e mi isolai per un po' dal mondo esterno. La fastidiosa suoneria del telefono mi riportò alla realtà, era mia madre. "Venite a casa, veloci. C'è Nacy che non sta b..." Non l'avevo neppure lasciata finire la frase, mi ero messa a correre con le lacrime che mi rigavano il viso. Sentii Nicolò urlarmi qualcosa, ma non capii. Quel nome mi rimbombava nel cervello "Nacy, Nacy, Nacy..." Nicolò mi aveva raggiunto e mi guadava, non aveva ancora capito cosa stesse succedendo. "NACY!" Si fermò di colpo.

Avevamo passato 16 anni insieme, forse per un cane sono tanti, ma noi non eravamo ancora pronti per lasciarla, non ora. Era un enorme terranova nero con la zampa destra posteriore bianca. Tutto il quartiere la conosceva, la facevamo circolare liberamente, non si sarebbe mai allontanata. I nostri vicini la chiamavano Miss per la sua eleganza e tutti la amavano.

Incredibile come un 'per sempre' possa essere distrutto in un attimo.



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Hello everybody! Sono Anna e ho scritto una storia (MA DAI?! NON MI DIRE...) se ti piace votala e lascia un commento :3 BYEEE

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