Capitolo 6

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-Figlia mia, tu non sarai mai sola- ne ero sicura, ne ero consapevole eppure non riuscì a digerire ad elaborare quella voce. Il tono era come me lo ricordavo, gentile e serena ma con una punta di nostalgia, di paura che io potessi respingerla e credermi matta.

-Mamma!?- mi sembrò di pronunciarlo in un sussurro impercettibile con un tono tremante, avevo paura che fosse solo un allucinazione.

-Credi in te stessa e diventa un eroi, angioletto mio, tu puoi cambiare ogni cosa...io non ci sono riuscita quindi affido a te questo compito- sembrava lontana miglia e miglia e che cercasse di urlare quelle parole pur di farle uscire, anche se sapevo che avesse un nodo in gola e il cervello in fuoco.

Ad un tratto mi sentì gli occhi pesanti come due massi o due calamite che con una forza madornale non si appiccicavano, avevo un caldo da morire, mi girava la testa, niente si era più infilato all'interno o fosse uscito dal cervello e crollai a terra come un sacco di patate.
L'ultima cosa che ricordo era la sagoma di un uomo alto, piuttosto bello e robusto, anche se lo vedevo sfocato a causa dei occhi innebbiati e della lontananza eppure sapevo che non si muovesse di un centimetro ma che mi guardasse soltanto, incrociai solo per un istante i suoi occhi, non sapevo di che colore potessero essere perchè poi persi totalmente coscienza.

Cos'è questo baccano? Lasciatemi dormire!

Mi pervase la mente, mentre il buio mi circondava e dei rumori fastidiosi mi creavano un bellissimo mal di testa.
A malvoglia aprì gli occhi e vidi mio padre e gli altri che mi chiamavano per nome, come se stessi morendo o cercassero di svegliarmi da un letargo, come quando lo avevo provato con un orso e i miei mi rimproverarono per bene, rinchiudendomi in camera a singhiozzare tutto il giorno.

-Non urlate! Mi fate venire mal di testa!- piagnucolai un pò confusa, tenendo le mani sulle tempie per poi aprire lentamente gli occhi e venire accecati dai raggi del sole che mi fecero imprecare e come me lo aspettavo tutto era ancora abbastanza sfocato.

Di colpo mi sentì sollevata da un braccio possente, forte, come quello di mio padre e venire stritolata come un serpente stritola la sua cena. Per poi accorgermi che non poteva essere altro che Alex, mi stava soffocando e come una bambina piagnucolai, poggiando le mani sulle sue spalle e spingermi via con tuta la forza che avessi avuto in quel momento.
-Papà! Non respiro!-

Lo sentì sospirare, forse di sollievo, rallentò la presa e poggiò la sua guancia sui miei capelli, annusandomi come un cane, sospirò ancora per un paio di volte, un sorriso forzato sentivo formarsi sul suo viso -Scusa tesoro!-

Mi sentivo bene tra le sue braccia, sapevo di potermi lasciar andare solo con lui e di sfogarmi quando ne avevo bisogno. Le domande nella mia testa erano troppe e cercando un modo gentile mi allontanai e gli diedi un bacio sulla fronte, per poi guardarmi intorno e capire che ero nel mio letto in camera mia, agrottai la fronte e osservai tutti nei occhi -Cos'è successo?-

Vidi di colpo formarsi sul viso di Julse un intenzione omicida nei miei confronti e con una voce acidissima, che quasi mi fece paura disse -Dovresti dircelo tu!-

Per poco che non riuscì a soffocare una risata per colpa di quel suo viso e mi salvò solamente la porta che venne aperta violentemente. Isabel in quel esatto istante, mentre tutti la guardavamo perplessi divenne rossa perché eravamo sicuri che non lo avesse fatto apposta ma che si fosse arrabbiata per il tono che usò Julse. Lei era femminile come lo era anche mia madre, un corpo minuto come d'altronde tutte le donne, dei capelli neri, lunghi, ondulati, tenuti sempre legati in una coda alta e la frangia a coprirgli la fronte. Gli occhi invece erano diversi di quello del figlio, erano di un viola scuro. Un colore che ai umani sarebbe stato sovrannaturale, però tutti noi lo eravamo.

Mixed Blood (#Wattys2019)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora