Un altro Colpo (Cap. 9)

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Chissà come stava Monika...
Era il mio pensiero fisso, nonostante fossimo in quella situazione terribile riuscivo a pensare solo a lei.
Questi corridoi sembravano tutti uguali ma Minus sembrava sapesse dove andare, avevamo superato il reparto dei malati di corpo e adesso ci trovavamo in un piccolo salone, sulla parete c'era la grossa scritta Mensa, in effetti addossati alla parete c'erano molti tavoli, vicino a questi una porta con i vetri sfaccettati era coronata dalla targa cucina, dal lato opposto del salone c'era una rampa di scale di pietra; Minus richiuse il portone da cui eravamo appena entrati... Ma Monika come stava? Avrei voluto sentire la sua voce prima, quando Gianlu ci aveva chiamato...
"Ehi Mirko svegliati, Minus lì ci sono delle scale, c'è scritto altri reparti, dobbiamo salire" disse Henry.
"Chiama gli altri prima" proposi io, "Li chiameremo dopo" controbatté Minus, Dio quanto lo odiavo.
Mi avvicinai alla porta appena chiusa per guardare attraverso le inferiate, per vedere se qualcuno ci seguisse, mi sentivo osservato; lasciai così quell'idiota e Sanders nel centro del salone, non c'era nulla nel corridoio che avevamo appena attraversato, mi girai per prendere il walkie a Henry, lo vidi correre verso di me, mi afferrò e mi lanciò verso il lato destro della sala, vicino ai tavoli.
Quando caddi sul pavimento pancia in giù la polvere mi annebbió la vista, girandomi sulla schiena vidi una strana figura avvicinarsi a Minus ed Henry, mi strofinai gli occhi per vedere meglio, il walkie squilló e sentii la voce elettronica di Gianluca, guardai senza più il fastidio della vista appannata, vidi la figura sbucata dalla porta da cui eravamo appena entrati con più chiarezza...Urlai.

Un altro colpo, la porta cominció a cedere, i cardini arrugginiti non avrebbero retto ancora per molto e la sbarra che avevo usato per sigillare il portone si era contorta ormai oltre i limiti del metallo.
Monika mi afferrò la mano e cominció a correre verso le scale, arrivammo alla porta che ci avrebbe condotto agli altri reparti in pochi secondi.
Chiusa a chiave, non sarei riuscito a buttarla giù neanche con la mazza da baseball...un altro colpo si accaniva sul portone. "Cos'é che sta cercando di entrare?" chiesi fissando la porta, "Non ho visto bene dato che era molto buio, sembrava un uomo, sdraiato, aveva gli occhi chiusi, pareva dormisse, quando si è girato verso di me sembrava che gli occhi fossero ancora chiusi, ho pensato fosse cieco".
Un altro colpo, guardai la sbarra di metallo piegarsi, poi notai una cosa, uno dei più grandi errori della mia vita (ovviamente meno grave dell'essere entrato in quel teatro degli orrori), un piccolo mazzo di chiavi giaceva davanti al portone, probabilmente era attaccato alla sbarra ed io l'avevo lasciato cadere per terra. Un altro colpo.
Monika seguendo il mio sguardo vide le chiavi, scattò senza esitazione giù per le scale, era già metà del salone quando i cardini cedettero, un altro colpo, la barra si spezzò e il nostro inseguitore sbucó dalle tenebre mostrandosi alle fredde luci della sala.
Un uomo, di media statura, portava solo dei pantaloni neri, sgualciti e polverosi, l'addome incavato lasciava vedere le costole, qualche cicatrice colorava il bianchissimo ventre, le braccia altrettanto magre mostravano pulsanti vene violacee, era completamente pelato, la bocca disegnava un fioco sorriso.
Gli occhi erano chiusi, cuciti con ago e filo.

Monika non c'è Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora