Capitolo Nono

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Angelo della Morte.

Mi avevano affibbiato molti soprannomi, nei miei sedici anni di vita. Ma Angelo della Morte, quello mai... E mai pensavo me ne avrebbero dato uno simile.
Spalancai gli occhi, sorpresa.

-Angelo... Della Morte...? Che significa?-

-Che finalmente ti abbiamo trovata! Hai passato il test di I., sei la Predestinata!- il ragazzo sorrideva, quasi con gioia.
Mi ero quasi dimenticata del test.

-Cosa...?- sussurrai, sbattendo le ciglia due o tre volte.
No, stavo sognando. Per forza.
Evan spostò lo sguardo, e la sua voce riempì il silenzio.

-Usciamo, è difficile da spiegare a stomaco vuoto.- esclamò, ridacchiando.
Si avvicinò, avvolgendo le sue dita ruvide al mio polso, e mi condusse fuori dalla stanza attraverso una porta nascosta.
Davanti a me, c'era un corridoio vuoto e deprimente, con arazzi rovinati e quadri distrutti alle pareti.
Il tutto aveva un qualcosa di nobile, anche se la disperazione e la decadenza regnavano sovrane in quel posto.

Mi rendevo a malapena conto della mano di Evan stretta attorno al mio polso che mi costringeva a camminare.

Ad un tratto, il ragazzo deviò bruscamente, prendendo uno stretto e nascosto corridoio: ci volle tutta la mia forza di volontà per non schiantarmi contro il muro.
-Dove stiamo andando?-
Non ottenni risposta. In compenso, il ragazzo si mise a correre, costringendomi a farlo a mia volta.
-Evan! Odio correre!-

-Vedi di fartelo piacere!- esclamò, ridendo.
La sua presa era scivolata dal mio polso alla mia mano. La stringeva talmente forte che potevo sentire il mio povero dito mignolo implorare pietà.

Continuammo a correre per qualche minuto attraverso alcuni piccoli corridoi, fino ad arrivare a una grande e maestosa portafinestra.
Non so in quante lingue lo maledissi, quando ripresi fiato. Probabilmente me ne inventai anche qualcuna.
Il ragazzo rise di gusto, e non potei fare a meno di osservare il suo viso illuminarsi e la sua gola rovesciarsi mentre dalla bocca prorompeva quel magnifico suono.
Arrossii e spostai lo sguardo.

-È qui che volevi portarmi?- chiesi, fermando la risata del ragazzo. Lui sorrise, e aprì la portafinestra.
Il mio sguardo cadde per la prima volta sul panorama meraviglioso che mi si parava davanti.
Diluviava: la pioggia si riversava, brusca ma meravigliosa, sul vasto prato incolto. C'era anche un lago, abbastanza vicino, con qualche piccola barchetta di legno ormeggiata malamente.

-Quella è casa mia.- esclamò Evan, indicando una piccola abitazione al di là del prato.
-Ti va di correre di nuovo?- chiese, socchiudendo gli occhi e mettendo su un sorrisetto divertito.

-Evan Tyler, giuro che...-

-Ho i biscotti al cioccolato- sussurrò. Aveva una luce diversa, negli occhi. Ma non ci feci molto caso, dato che la mia attenzione era focalizzata sui biscotti.

-Oh beh, in questo caso...- corsi via prima che potesse anche solo aprire bocca.

-Ehi!- urlò, iniziando a corrermi dietro.

La pioggia era penetrata fin nelle ossa, ormai, ma non mi importava.

In pochi secondi Evan mi aveva già raggiunta, ma non mancavano gli spintoni, né le risate.
I miei occhiali erano coperti di goccioline di pioggia, e non riuscii a vedere ciò che mi stava aspettando, a terra, alcuni metri davanti a me.
L'erba era talmente scivolosa, il rumore della pioggia era talmente forte che non riuscii a fermarmi in tempo.

Mi voltai: avevo messo un po' di distanza tra me e Evan... Ma non fu quello, a sorprendermi. Fu la faccia sconvolta del ragazzo, che stava urlando qualcosa di incomprensibile. Continuava ad indicare la terra, di tornare indietro, di fermarmi... E quando volsi lo sguardo davanti a me, era troppo tardi.

Una mano cadaverica spuntata dal terreno iniziò a stringere la mia caviglia.
Ricordavo quella mano, eccome se la ricordavo.

Era la stessa mano che aveva rapito Ael.

Sconvolta, cercai di liberarmi dalla presa agghiacciante di quel mostro sconosciuto, ma le sue unghie affondavano ancora di più nella mia carne.

Evan era lontano ed immobile, paralizzato da non so quale sentimento. Paura? Rabbia? Dolore? Chissà.

La mano mi trascinò in profondità, sempre più in profondità.

Sentivo la terra avvolgermi.

Ormai mi arrivava ai fianchi.

La paura di venire sepolta viva si fece strada nella mia mente, spingendomi a scalciare e cercare di tirarmi su. Le unghie di quella orribile mano iniziarono a graffiare affondare sempre più in profondità.
Stavo perdendo sangue, tanto.
Sentivo una voce gridare, probabilmente qualcuno mi stava chiamando. Evan, certo. Non poteva essere che lui...

La mia mente sfuggì al mio controllo, annebbiandosi.

Fui costretta a socchiudere gli occhi.

La terra mi arrivava al mento.

Respirai un'ultima volta.

-VICTORIA!-

Con la voce di Evan che ancora mi echeggiava nella testa, svenni.


Spazio autrice: Ehi! Spero che il capitolo vi sia piaciuto. Mi dispiace non aver aggiornato per così tanto tempo, ma greco e latino mi amano talmente tanto da non volermi lasciare andare! XD
A presto, e grazie per la lettura!

-Reyna

Midnight: Death is coming.     _Sospesa._Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora