12. Addio

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Ci ha lasciato qui.
Non so cosa fare. Mi sento in colpa. Sofia é davanti a me, stesa per terra. Non si muove. Non so se dorme, o se non riesce a muoversi dal dolore. È immobile, ed io non so cosa fare.
"S-s-sofia... stai bene?"
Non mi risponde. Che domanda stupida. Come può stare bene? Quel mostro me la pagherà. Non doveva trattare così mia sorella. Quel mostro me la pagherà.

"Andrà tutto bene Sofi, non ti farà più del male." Te lo prometto.

Non so che ore siano. Qui sotto non ci sono finestre. Il buio è perenne. Mamma non tornerà nemmeno domani. Ci aspetta un'altra giornata così? 

Ho dormito, non so come ho fatto, ma ci sono riuscita. Deve essere passata la notte. Sofia non si è mossa. E' ancora immobile sul pavimento freddo. La luce entra nella stanza. Stanno aprendo la porta. Papà scende. Sofia non si muove. Apre la gabbia.

"Prendi tua sorella."

Esce di nuovo.

Corro verso Sofia, ha gli occhi aperti. Guarda il vuoto, lo sguardo è perso. Nonostante tutti questi anni di palestra non riuscirò a portarla su da sola. Deve almeno tentare di camminare. 

"Sofia, aiutami. Andiamo via di qui."

"Non riesco a muovermi"

La violenza con cui l'ha violentata. 

"Ti aiuto io, ma non ce la faccio da sola."

Provo a farla alzare.

"Mi fai male Alice, non ce la faccio"

Inizia a piangere.

"Andiamo via di qui Sofia. Ci penso io a te, ma mi devi aiutare"

Tento di nuovo. Stavolta si aiuta con le braccia, e piano piano riesco a metterla in piedi. 

Saliamo le scale lentamente. Non riesce quasi a muoversi. Papà è in cucina, sta leggendo il giornale. Non ci degna nemmeno di uno sguardo. Porto Sofia in bagno e chiudo la porta. Le levo la maglietta, ha il seno e la schiena piene di lividi. Le gambe sono graffiate. Mi sento svenire. Una striscia di sangue le percorre tutta la gamba, fino ad arrivare alle natiche. Non può averle fatto una cosa del genere. 

La faccio entrare nella vasca. L'aiuto a sedersi, il dolore è talmente forte da urlare. Scoppia a piangere. Tento di essere forte, devo essere forte. Per Sofia. Apro l'acqua calda. La vasca si riempie. La insapono. Prima il corpo poi la testa. Quando è finalmente pulita, la aiuto ad alzarla. Le metto addosso un asciugamano, non voglio che si veda così allo specchio. Le asciugo i capelli, pettinandoli delicatamente, come faceva mamma quando eravamo piccole. Sofia ha sempre avuto dei capelli fantastici. Biondi, lisci e morbidi. Il suo viso non ha cambiato espressione. Il suo sguardo è spento.

La porto in camera e la metto a letto. Ha bisogno di dormire. Spero che domani stia un pochino meglio. Rimango finché non si addormenta. Con la sua mano intrecciata alla mia.

"Non ti farà più del male. Non ci farà più del male. Ci penso io sorellina."

Quel mostro ha superato il limite. Corro in cantina. A lui è sempre piaciuto fare le cose da solo, per questo tiene sempre la cassetta degli attrezzi ben visibile sullo scaffale. Prendo la prima cosa che trovo. Non so come si chiama, ma mi sembra adatto.

Papà è ancora in cucina. Mi avvicino.

"Ti sembra giusto?"

Abbassa il giornale e mi guarda.

"Fai provare questo piacere a lei e a me no? Pensavo di essere la tua preferita"

Mi guarda perplesso. Sul suo viso nasce un sorrisino irritante.

"Allora hai capito come funzionano le cose, Alice"

Si alza e esce.

"Seguimi"

"No, voglio andare giù. Voglio farlo come lei."

Gli brillano gli occhi. Si avvia verso la cantina. Apre la porta...

E' in fondo alle scale. Nella mia mano l'utensile sporco di sangue. E' caduto giù. Non sembra respirare. Devo pulire le impronte. Devo mascherare tutto.

I telefilm mi hanno insegnato questo ed altro, perciò non è stato difficile eliminare le impronte. Appoggio l'oggetto pulito in terra davanti alla porta della cantina. Devo buttarmi giù. Farà male, ma è l'unico modo. 

Lasciami andareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora