Tutto per colpa di un futile 'scusa'.

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Forse la mia vita non faceva così schifo, in fondo. Probabilmente il problema ero io, una piccola diciassettenne che si credeva già grande. Eppure cos'ero in confronto a un vecchio di ottanta? Niente, assolutissimamente niente.

-Dalila Ellen Roses Chowski, svegliati oppure sarà l'ultima volta che uscirai di casa!- ed ecco le urla di mia madre a svegliarmi di prima mattina, se il buongiorno si vede dal mattino, cosa mi devo aspettare per il resto della giornata?

16 settembre 2013, primo giorno di scuola, Holmes Chapel.

Preferisco svegliarmi che non uscire più, stanne certo. Sospirai e mi tirai sul letto con le gambe incrociate; osservai la mia camera. Era in ordine, era rimasta come la sera prima, dopo che la mamma l'aveva obbligato a mettere a posto, se non fosse per la colazione che c'era sul comodino blu accanto a lei che probabilmente gli ha portato Ginevra. Ginevra è la nostra servetta, niente di più, niente di meno, ma in fondo è simpatica; ad esempio la mattina non vuole svegliarmi, ma succede solo nelle vacanze dato che il resto del tempo c'è mia madre a casa quindi mi sveglia quella donna che mi ha dato la vita. Ebbene si, mia madre e mio padre andavano a fare i loro viaggioni super costosi per tutte le vacanze, che fossero di Natale, di Pasqua o quelle estive. Mentre invece lasciavano me e mio fratello Sam in balia a Ginevra, ma non dispiaceva poi così tanto a nessuno dei tre. Presi il vassoio e notai che c'era anche un mini pacchetto di nutella, ma neanche, era di cioccolata di una strana marca tedesca, wow si era data da fare oggi la mamma eh. Fatto sta che dopo aver mangiato i tre biscotti e bevuto il the che mi era stato concesso per colazione, mi vestii. Avevo preparato i vestiti la sera prima, sapendo che sarei stata in ritardo come tutte le mattine. Una camicia di jeans smanicata con del pizzo sulle spalle e un paio di pantaloncini bianchi accompagnati dalle mie stupende vans azzurre cielo con le borchie dorate. Come tutte le mattine, presi lo zaino e misi un po di cose a caso dentro: in primis, astuccio e diario, poi qualche libro, forse di francese e inglese o di storia ma non me ne preoccupai molto. Lo misi in spalla e senza farmi sentire, scesi al piano di sotto, passai davanti alla cucina e quando iniziò il corridoio verso l'uscita gridai un sonoro 'Io vado, ciao mamma!' verso la cucina e corsi fuori. Mi piaceva correre, è vero, ma in realtà il motivo era ben diverso: mia madre voleva che mi vestissi con gonna, tacchi e camicia, ma non è il mio genere, insomma non sono ne una quarantenne, ne una brava ragazza, credo. Fatto sta che presi appena in tempo, meno male che ero veloce, se no sarei stata fregata ogni santa mattina. Salita sul mezzo che odiavo piu di me stessa, osservai le persone che c'erano dentro. C'era puzza di fumo e alcol, ma soprattutto di benzina, in piu il sudore dei trentenni che facevano la loro corsa mattutina (il ritorno in autobus) non era certo una bella cosa. James. Dov'è James? Non scorsi nessun ragazzo dai capelli biondi sull'autobus, ne tantomeno degli occhi azzurri che si vedevano anche al buio. Niente da fare, non c'era. Mancavano due fermate e sarebbe arrivata a destinazione, quando inciampai in uno zaino nero, quasi uguale al mia se non fosse che quello aveva una scritta 'Hazza' tutta decorata con diversi colori, 'Chi l'ha fatto dev'essere davvero bravo' pensai. Un ragazzo dai capelli castani, si avvicinò -Scusa, non volevo metterlo in mezzo ai piedi-.

Rimasi stupita dalle sue parole, forse non proprio le sue parole ma forse il suo sorriso, sincero e semplice. -Tranquillo, scusa se l'ho schiacciato- era l'unica cosa che ero riuscita a dire. Mi fece l'occhiolino e ritorno dal suo gruppo di amici, insomma, io, Dalila Chowski, avevo chiesto scusa a uno sconosciuto che non avevo mai visto? Dalila, tranquilla è il the di stamattina troppo caldo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 26, 2013 ⏰

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