Amore di testa

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"Allora come va con Issam" mi chiede Sara mentre salivamo sul pullman per il centro. Faceva quel suo solito sorrisetto. Sapete no, quello che ti fa l'amica quando si tratta di questioni d'amore.
Quando le dissi di essermi messa con Issam, un mese prima, lei rimase meravigliata. Mi aveva sempre detto che non avrei mai avuto coraggio di mettermi con qualcuno. Secondo lei avevo tendenza talmente tanto masochiste, che sarei stata disposta a mettermi solo con chi non mi avesse voluto.
"Ieri mi ha mandato un messaggio sdolcinato per il nostro primo mese.. Ehm.. Mi ha detto ti amo"
"Ah.. Wow.. Veloce il tipo. Tu che hai detto?" anche lei rimase stupida. Forse era quello il motivo per cui eravamo migliori amiche. Nessuna di noi credeva davvero nell'amore a prima vista, né tantomeno nel potere impazzire per una persona. Avevamo una visione prettamente pessimistica dell'amore.
"Niente.. Ho fatto finta di non averlo letto" dissi con tono disinvolto.
"Poverino. Non lo meriti!" sentenziò Sara sorridendo.
Una signora marocchina, suppongo, ci fulminò coon lo sguardo. Bah, sinceramente non capisco perché ci sia gente che ha questo strano vizio di commentare e farsi i fatti altrui. I MAROCCHINI poi, lanciano certi sguardi di fuoco che sogni la notte. Un po' come quando camminando per strada mi capitava di incrociare uno di quegli uomini con barba e jallaba, allora mi guardava, scandiva attentamente il mio abbigliamento ed esclamava "A3ozo bi Allah mina a'shaytan rajim".. Manco avesse visto una zoccola. Scusate il francesismo.
Arrivate in centro girammo un po' per i negozi.
Per qualche attimo rimasi incantata davanti alla vetrina di Zara. Il manichino, ovviamente magrissimo, aveva addosso dei jeans larghi con le bretelle. Erano favolosi quei jeans.
" ou mi ascolti?" mi urlò Sara scuotendomi. Probabilmente mi aveva detto o chiesto qualcosa che non avevo assolutamente sentito.
"Eh? Scusa.. Dimmi"
"Mamma mi ha chiamato devo scappare via.. Sai com'è lei no?"
"Bah.. Vai"..
Sinceramente ci rimasi un po' male mi volesse abbandonare, ma conoscevo sua mamma. Era un sergente di ferro, quando chiamava bisognava correre da leei.
Decisi allora di tornare a casa e feci la solita strada.
Passavo sempre davanti ad una gelateria artigianele " Grom", molto buona e conosciuta, perché una delle poche che fa gelato sena glutine.
Poco dopo la gelateria passavo vicino ad un cinema. Il più conosciuto della città. L'entrata era delimitata da dei portici.
Passando da lì, mi fermai davanti all'entrata per vedere quali film dessero quella settimana.
In quel momento mi venne in mente l'estate prima. Ricordo ancora quando Hamza era fermo anche lui davanti a quel cinema. Ricordo come Ilham fosse contrariata alla scelta del film da vedere, ma lui si era imposto. Ricordo, peerò, anche quando dopo avermi stretto la mano, si alzò di scatto e se ne andò. Un sentimento di rabbia cominciò a perversare dentro di me.
Improvvisamente qualcuno mi chiuse gli occhi da dietro.
In un primo momento fui spaventata e cominciai a calcolare le vie di scampo.
Le mani erano fredde e robuste.
"Indovina chi sono?" mi sfidò la voce maschile dietro di me. Mi tranquillizzai nel sentire quella voce, perché sapevo benissimo di chi fosse.
"Cos'è, giochi le partite davanti ai cinema?" chiesi ironica al bel ragazzo davanti a me, togliendogli le mani e girandomi.
"Auguri amore" disse Issam sorridendo. Si avvicinò e mi abbracciò.
In quel momento non fui granché felice di vederlo. Insomma poteva essere unaa sorpresa, oppure poteva avermi semplicemente mentito.
Mi staccai dall'abbraccio e feci unaa faccia perplessa, senza però proferire parola.
"Ho chiesto a Sara di portarti qui, volevo farti una sorpresa.." confessò lui. Rimasi a fissarlo perché ero indecisa. Non capivo se la sorpresa fosse la sua presenza, oppure c'era dell'altro.
Ad un certo punto mise le mani in tasca ed estrasse fuori la mia sorpresa.
Rimasi impietrita e con tutte le mie forze sperai non fosse quello che immaginavo.
Lui era imbarazzato ed era evidente. Gli tremavano le mani tanto che ci volle qualche tentativo prima di riuscire ad aprire la scatoletta.
L'involucro era bordeaux con una scritta dorata. All'interno c'era una spugnetta ricoperta da una stoffa bianca luccicante, su cui poggiava un ... Beh si, un anello.
Non era un anello qualunque, era un anello da fidanzamento. Era in oro bianco o in argento, non me ne intendevo abbastanza da capire quale deii due, con un diamantino.
Alla vista di quell'anello mi ricordai la settimana precedente quando lui, giocando con un mio anello, si era dimenticato di ridarmelo. Ora collegavo che l'avesse fatto di proposito, per avere la mia misura.
Rimase lì in piedi a fissarlo, con la scatola in mano.
Probabilmente si aspettava una qualche reazione da me. Non sapevo che fare. Non volevo deluderlo né tantomeno illuderlo.
Sorrisi e senza dire nulla, lo abbracciai, in questo modo evitai di dover rispondere.
Prese l'anello e me lo infilò nell'anulare della mano destra.
"So che forse ti sembrerà molto frettolosa come cosa, ma ritengo che in amore non ci sia una tabella di marcia prestabilita. Sentivo di doverti regalare qualcosa che ogni giorno ti facesse pensare a me e, soprattutto, qualcosa che rappresentasse il nostro rapporto. Non devi dirmi niente né mi aspetto che tu lo faccia. Ti amo e questo non cambierà se tu mi rispondessi 'anche io' adesso o decidessi di farlo tra qualche settimana o mese. Io voglio stare con te e farò qualsiasi cosa per renderti felice".
Piegai la testa in basso, guardai la mia mano. Il mio sguardo rimase fisso su quell'anello per un po'.
" È davvero bellissimo.. Comunque si è fatto tardi e devo scappare a casa" fu l'unica cosa che riuscii a dire.
Con quell'anello mi aveva messa a dura prova. Era davvero troppo per me, sentivo crescermi dentro una voglia matta di scappare da quell'impegno che lui voleva mi prendessi.
Per un attimo lo odiai anche perché era talmente perfetto che non mi veniva in mente neanche un motivo per cui non dovessi accettare questo impegno. Accettare quell'anello, che oramai non potevo ridare, mi sembrò come firmare un contratto prematrimoniale.
Desideravo che lui avesse fatto tutto molto più lentamente, ma ero cosciente che un ragazzo così non avrebbe mai aspettato i miei comodi. Non potevo metterlo in standby fino a che non avessi imparato a prendermi impegni e responsabilità.
Così presi la decisione che sarebbe dovuta essere della mia vita. Decisi di accettare quell'anello con tutti gli impegni e le responsabilità che portava.
Decisi di voler essere felice e che dovevo smettere di negare a me stessa una stabilità.
Mi incamminai verso la fermata del pullman.
Dopo aver fatto qualche passo lontana da lui, mi fermai, mi voltai e gli urlai "TI AMO ANCHE IO".
Poi mi girai e corsi a prendere il pullman.

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