Burattino e Burattinaio

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Mi svegliai.
Ero seduto su una sedia in una caverna buia che sembrava non aver uscite. Provai ad alzarmi, ma, come avrei dovuto già capire, ero legato. Nonostante ciò, continuai a tentare di liberarmi, finché non non senti qualcosa: avevo le mani libere.
Ma, non appena mi stavo per liberare completamente, sentii qualcosa.
Passi.
Voleva dire solo una cosa: stavano arrivando.
Così misi le mani dietro la schiena e feci finta di essere ancora svenuto.
"Randall, guarda...non si è ancora svegliato!"
"Non importa: l'importante e che sia ancora vivo. Senti? Respira. Siamo...aspetta un'attimo."
"Cosa?"
"Sento paura, anzi, terrore...."
"E allora? Potrebbe essersi semplicemente addormentato. Magari ora sta avendo un incubo."
"Non credo... ascolta il suo respiro: non sta dormendo"
Riuscii a ghiacciare solo Randall, il quale mi aveva liberato inondandomi di fiamme.
"Dove sei!" urlai:"Dov'è Dusky?" continuai con tono gelido:"Dimmelo".

Non so come, ma riucii a ghiacciare l'elmo, rendendo così vulnerabile Rascall.
Approfittando sull'effetto sorpresa, creai un pugnale e lo gettai contro l'Elmo, facendolo cadere a meno di un metro da me. Corsi a prenderlo.
"

Non farlo! Sei troppo umano e debole!"
Non lo ascoltai nemmeno. Misi l'elmo e sentii qualcosa di gelido scorrermi nelle vene. Subito dopo sentii un dolore atroce al petto.
Caddi.
Poi, nello stesso modo con cui era venuto, esso svanì, portando con sé la mia nuova forma.
Ero un'ombra.
"Finalmente ci incontriamo... era da molto che speravo di poterti parlare... ma sopratutto volevo provare a vedere quanto saresti resistito.."
La mia ombra, ossia io, sfrecciò verso Rascall e iniziò ad avvolgersi attorno.
Il problema è che non stavo muovendo io i miei arti: era come se fossi un burattino che veniva mosso dal burattinaio.
Provai a muovermi, ma ormai il mio corpo sembrava essere già fedele all'Elmo.
"Non hai speranze" bisbigliò "Sei troppo debole" aggiunse "Il tuo corpo lo ha capito...perché te no?"
Tentai di muovere il braccio, senza riuscirci. Allora provai a parlare, ma nemmeno ora ce la feci.
"Posso far fare al tuo corpo tutto ciò che voglio, perfino..."
"Stai mentendo" pensai io
"Non puoi controllare la mia mente"
"Ah, è meglio: così sarai conscio mentre vedrai morire altra gente a causa tua!" rispose lui.
"No, ti prego, piuttosto prendi pure il controllo della mia mente"  lo supplicai
"Non ci penso neanche! Sono millenni che non mi divertivo così" esclamò lui
Prese Frost, la conficcò nel terreno ed evocò l'Orso.
Dopodiché gli ordinò di trovare più persone possibili e di ucciderle. Il bestione stava partendo alla ricerca, quando, involontariamente, mi diede uns zampata, facendomi svenire.

Ero nel letto di casa mia, c'era mia mamma e mio padre.
Mi stavano raccontando una favola; papà sembrava annoiato, ma la mamma pareva molto presa da ciò che raccontava. 
La favola parlava di un lupo e di una volpe, che si odiavano, ma che si alleano per riuscire ad attraversare un lungo fiume. Appena finita la storia, mio padre se ne va, lasciando me e mia madre da soli.
"Pete, caro, ricirdati sempre cio che ti sto per dire: l'amico, pur essendo anch'esso d'aiuto, non lo sarà mai quanto il più odioso tra i nemici."
"Perché me lo dici, mamma?" le chiesi.
"Un giorno capirai, piccolo mio"
Per l'ennesima volta, la scena cambiò: ero ancora sul comodo letto, però non ero nella mia stanza, ma in una che non avevo mai visto. Era tutta nera, con quadri stupendi appesi alle pareti. Accanto a me, c'era mia madre, ma molto più 'avanti' di quel che era nella realtà.
"Peter, sta attento, perché è molto importante che tu afferra il concetto: ora sei bloccato, giusto?" chiese lei.
Annuii.
"Ok, per liberarti devi solo gar ciò che lui non pensa che faresti. Capito?"
"Cre...credo di sì. Mi manchi" dissi
Rispose:"Pure tu, tesoro" e ci abbracciammo.
Quando mi risvegliai, iniziò a muovermi all'istante. Ma subito faccio ciò che sapevo avrebbe fatto: alzarsi.
Non appena mi alzai, sentii di nuovo che ero io a decidere di muovermi.
Quindi ghiacciai pure Rascall, presi Frost e fuggii.
Presto, arrivai ad una città.
Non avevo la minima idea di dove fossi, ma speravo di trovare un posto dove dormire.
Arrivai ad un Hotel economico; stavo per entrare, quando mi accorsi di non avere più lo zaino con i soldi e le provviste.
Ma non fu solo quello il problema: mi ero dimenticato di levarmi l'elmo, e , di conseguenza, il portinaio vide entrare un'ombra.
Immediatamente, lo ghiacciai, ma lui riuscì a gridare prima del congelamento.
Subito delle persone scesero a controllare e mi videro.
Era tempo di fuggire: sspevo che in poco tempo sarebbe partita la polizia.
Uscii dal negozio, girai al primo incrocio ed entrai in un vicolo buio.
Finalmente, mi levai quello stupido elmo.
Solo che....
Ero nudo.
"Divertiti" lo sentii dire.
"Va al diavolo" sbottai, per poi mettermelo.
Andai in un negozio di abbigliamento, rubai dei vestiti e dei soldi e poi ritornati al vicolo.
"Niente scherzi" lo avvertii.
Non rispose.Me lo sfilai e mi misi velocemente i vestiti.
"Niente commenti, ok?" lo ammonii.
"Tranquillo, hai fatto già ridere senza quelli" disse sarcastico.
D'un tratto sentii delle sirene.
In un attimo il vicolo fu bloccato dalle auto della polizia.
"Mani in alto!" ordinò uno di loro. Le alzai, avvicinandomi a mano a mano all'Elmo.
"Fermo! O sparo." mi intimò lui. Stavo guardando il poliziotto, quando notai che aveva un'aria famigliare.
Ne ero sicuro: l'avevo già visto da qualche parte.
"Ora voglio che tu mi lasci metterti le manette, ok? Non osare far stronzate." ruggì lui.
Ne ero sicuro: lo conoscevo.
"Oh, sei sveglio? Ti dobbiamo ammanettare, ragazzo: sei un ricercato." esordì l'altro.
"Come?"
"Ma allora sei davvero stupido! Prima ti fai vedere in un hotel e pure in un negozio di abbigliamento come se nulla fosse, poi vai in un vicolo, cosicché noi ti possiamo bloccare ogni possibile via di fuga ed, infine, non ci ascolti neppure! Sei davvero un'idiota!" continuò l'altro.
"Ci conosciamo?" chiesi.
"No, non ti ho mai visto." rispose rapido lui
"Aspetta..." cominciai.
"Spicciati ragazzo!"
Non lo ascoltai.
C'era qualcosa in lui, che mi faceva star male: sembrava che lui sapesse e condividesse con me quel dolore che era ormai da anni che provavo.
Finalmente capii
"Papà..."

L'inverno: Peter HowardDove le storie prendono vita. Scoprilo ora