"Cosa sta dicendo?" disse il poliziotto a quello che ero sicuro fosse mio padre.
"Niente. Non ascoltarlo: probabilmente se lo è inventato ora per scappare. Pivello, ne ho sentite di migliori" disse l'altro
"Papà, sono io, Pete; non ti ricordi di mamma? Non ti ricordi di Lorelai?"
"Senti, io non ti conosco. So solo una cosa di te: sei un ricercato; questo mi basta per sapere che devo arrestarti. Quindi smettila di cercare di attardate l'inevitabile".
Lasciai che mi mettessero le manette, che mi portarono in centrale e che mi facessero un interrogatorio.
Ma niente. Cosa potevo dir loro?
Certo, potevo fuggire, ma avevo l'estremo bisogno di aver la certezza che lui fosse mio padre.
Ciò che non sapevo è che avrebbe cominciato lui a parlarmi, e non io.
"Allora... "figlio"... cosa ti ha spinto a pensare che io fossi tuo padre?" esordì lui.
"Niente. Era solo un modo per fuggire, non avevo idee: così ho inventato la prima balla che mi è venuta in mente" mentii io.
"Sai, mi ricordi una persona che conoscevo molto tempo fa" continuò lui.
"Davvero? Capelli neri, occhi grigi, bassa e magra? Aveva gli occhiali e teneva i capelli sempre con uno chignon? Era una tipa tranquilla, scherzosa e gentile? Le piaceva molto la musica classica, la letteratura e l'arte classica? Infine, faceva l'insegnante di filosofia all'Università?" domandai io.
"Oddio, ragazzo, è lei!" rivelò stupito lui.
"Ma voi due...?" non volevo. Tutto tranne chiedere quello...
Fortunatamente la sua risata fu la risposta a quanto stavo per chiedere.
Fu così che cominciammo a parlare. Avevamo molto in comune: eravamo entrambi persone silenziose e "asociali"; entrambi odiavamo le persone che scherzano su tutto e che credono che ogni cosa sia sotto il loro potere. Ogni giorno veniva alla mia cella e ogni giorno parlavamo di ogni cosa. Tuttavia, un giorno, arrivò e mi disse:"Ci sono dei tipi strani là... chiedono di te... Pete, li conosci?"
"Oh no... non loro... papà, devi fare una cosa importante, perché senza quella loro potrebbero pure uccidermi."
"Ci sono io per proteggerti; io sono il poliziotto, non tu".
"Tu fidati di me".
Ci rifletté ed infine annuì.
"Ok...ti ricordi il vicolo? Ecco, devi andare là e prendermi un elmo".
"Un elmo?" la sua espressione era oltre lo sbalordito.
"Ti prego, fidati"
Annuì nuovamente e corse verso l'uscita.
Non rimaneva che aspettare.
Intanto, sentivo loro due che parlavano... sentii"Ma lui è mio figlio! Devo poterlo vedere!"
"Ma lei non sa nemmeno il suo nome!" rispose furioso l'uomo.
"Certo che lo so!".
"Allora mi dica ora come si chiama!" grido l'agente.
"No, prima voglio vederlo".
"Allora non credo di non poter far nulla per aiutarla..."
Sentii degli spari e un corpo che cadeva a terra.
"Bene bene... dove sei? Non avere paura... uscirai di prigione!"
"Hey, Pete, non ho trovato nulla..." presi in culpo: ma in realtà era solo lui, mio padre.
"Allora liberami!"
"Non posso"
"Si che puoi. So che sei mio padre. L'unico problema è che non vuoi ammetterlo; mi sta bene, basta che ora tu mi aiuti".
"Ok...lo ammetto... IO SONO TUO PADRE.."
Mi liberò e corsi ad abbracciarlo.
Finalmente.
"Papà, io devo fuggire: quei due non sono semplici malintenzionati" esordii io.
"Lo so. Però prima di andartene, prendi questo" mi porse uno zainetto il cui contenuto erano soldi, cibo ed un telefono bellissimo, uno di quei telefoni che i miei vecchi compagni di classe avevano ogni volta e che cambiavano non appena passati di moda.
"Io ne ho un'altro; è salvato come 'Telefono Lavoro', ogni volta che avrai bisogno d'aiuto, chiedimelo." continuò lui
"Grazie papà" non avevo parole: mai nessuno mi aveva fatto un regalo così meraviglioso: in casa non avevamo mai un soldo.
Era tempo di andare: sentivo Rascall essere vicinissimo
"Posso chiederti un'ultima cosa?" mi domandò lui
"Spara" risposi io
"Mi potrai mai perdonare per quello che ho fatto?"
"Io l'ho già fatto da molto tempo, ora è venuto il momento che tu faccia lo stesso con me".
Mi mostrò un'uscita anteriore e la usai.
Andai al vicolo e cercai, disperato, l'Elmo.
Controllati per molto tempo, ma non trovai nulla. Così mi incamminati verso l'uscita della città.
Ero ormai arrivato alla periferia.
Mi si avvicinò un'uomo, che mi disse:"Non puoi vincere"
"Come?"
"Hai vinto solo perché io ti ho aiutato. Ma ora, sono io che comando: non hai speranze contro Rascall e Randall. Sei un debole"
In un lampo, tutto mi fu chiaro.
"L'Elmo!" urlai e mi lanciai, invano, contro di lui: purtroppo era già sparito nel nulla.
"Addio. Senza di me non hai speranze".
STAI LEGGENDO
L'inverno: Peter Howard
FantasyVi piacerebbe avere poteri... 'speciali'? Be', a Peter Howard no. Lui non ha mai chiesto di far soffrire coloro che gli stanno vicino. Lui non ha mai chiesto di saper congelare chi lui vuole. Lui non ha mai chiesto di distruggere ciò che pensava fos...