Sentimenti Repressi

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Ero nascosta dietro un angolo. Sembravo una ladra e la gente che passava mi guardava male.
Chissà cosa pensavano, probabilmente che fossi una terrorista che voleva far saltare in aria l'ospedale.
Comunque non ci feci molto caso e continuai a spiare. Da quell'angolo vedevo, attraverso la finestra di vetro, la stanza di mia sorella. Lei aveva la testa rivolto dall'altra parte, perciò non poteva vedermi. Aveva il camice dell'ospedale e, da quel che riuscivo a vedere da lì, i capelli spettinati. Era circondata da macchinari, ma da quel che vedevo non erano vitali, faceva tutto da sola.. Era sveglia e stava molto meglio. Non riuscii a capire di cosa stesse parlando con la mamma, ma la cosa la rendeva triste. Forse parlava di me.
Ci avevo messo tre giorni di giri e giri a trovare quella posizione strategica.
Soono sempre stata convinta di essere una ragazza seriamente disturbata, ma oh ero fatta così e non ci potevo fare nulla. Le volevo troppo bene per non venire a controllare che stesse guarendo, ma ero troppo arrabbiata e orgogliosa per presentarmi in camera. Lei aveva fatto un enorme torto nei nostri confronti. Si era operata e non ce l'aveva detto.
Mamma ovviamente cercò anche di capire il motivo dell'operazione, ma è una donna d'altri tempi e, purtroppo analfabeta, perciò capí solo che aveva una massa nel seno.
Ci misi un'intera giornata a convincere l'infermiera di reparto a dirmi il motivo per cui si fosse operata: tumore benigno al seno. L'infermiera, di cui divenni praticamente amica e compagna di turni, mi rassicurò che il tumore era stato completamente rimossi e che, tanto, era benigno.
Mio fratello si arrabbiò molto quella mattina quando gli dissi che non sarei andata con lui in ospedale da Omaima, ma lui non sapeva che erano tre giorni che venivo qua e fissavo quella stanza per ore. Lui si limitò a dirmi che ero un insensibile e che mettevo l'orgoglio prima della famiglia.
Beh forse un po' aveva ragione, in fondi andare e stare lì ore era una cosa che serviva per tranquillizzare me, quando lei invece si sentiva abbandonata dalla sorella.
Ci avevo provato ad entrare mentre dormiva, ma proprio non ci riuscivo. Avevo sempre questo immane bisogno di dimostrare a me stessa di valere qualcosa, e lei non dicendomi della sua patologia, mi aveva privato dell'unica sicurezza che avevo: valere qualcosa almeno per la mia famiglia.
Finito l'orario di visita tornavo sempre a casa per preparare la cena a mamma e Jawad. Per la seconda volta, stavo passando un estate da dimenticare.

Driiiinn driiin
Qualcuno suonò il campanello. Mi sembrava troppo presto perché fossero Jawad e mamma.
Guardai dall'occhiolino.
Hamza.

"Assalam 3alaikom" disse lui, simulando un inchino. Che personaggio.
"Wa 3alaikom salam " risposi io roteando gli occhi. Lui aveva sempre questo atteggiamento di sotuttoio, ma Madonna quanto era sexy.
"Mamma mi ha detto di portarvi la cena". Mi porse una teglia coperta da dell'alluminio. Dal buon profumo che emanava sembravano lasagne. Ahh avevo già l'aquolina in bocca.
" Grazie mille, dille che la amo e che la sposerei fosse un Homo"
"Di niente". Rimase lì fermo un po' a guardarmi, poi sorrise e si girò.
Prenotò l'ascensore e non seppi se richiudere la porta o aspettare che gli arrivasse l'ascensore al piano.
Nel dubbio rimasi lì con la porta aperta. Ad aspettare. Non sapevo esattamente cosa aspettassi, ma sapevo non fosse l'ascensore. Mi aspettavo qualcosa. Volevo dicesse qualcosa.
Quando l'ascensore arrivò e lui ci entrò, qualsiasi mia speranza crollò. Di nuovo.
Non capivo perché continuassi sempre a sperare in qualcosa. Dovevo togliermi questo strano vizio.
Feci per richiudere la porta, quando lui la fermò con una mano.
Rimase lì fermo un po', poi si girò e tornò di nuovo verso l'ascensore.
" ehm.. Io.. " disse di spalle schiarendosi la voce.
Non dissi nulla. Rimasi lì ad aspettarlo. Del resto, lo avevo aspettato 13 anni, potevo resistere ancora qualche minuto.
Si girò verso di me.
"Ehm.. Vuoi uscire con me domani? Cioè.. Mmm.. Così per uscire un po'". Si vedeva fosse impanicato. Vedevo nei suoi occhi la paura di un no. La sua era una supplica, come se un mio no avesse potuto far crollare la sua montagna di sicurezze.
" Mi dispiace, domani sono da mia sorella. Chiama la prossima sulla lista playboy" risposi con il tono più antipatico possibile. Chiusi la porta.
In realtà nessuno mi aveva mai detto che lui fosse stato con tante tipe, in realtà nessuuno mi aveva mai detto nulla sulla sua vita sentimentale, ma insomma è un 19enne marocchino, si sa come sono fatti. Era inutile illudermi che lui fosse l'eccezione alla regola. Che fosse un imam mancato.
Perciò, io non avevo intenzione di essere una delle tante. Io non ero una delle tante. Io non meritavo di essere una delle tante. O almeno queste furono le argomentazioni che il mio cervello cercò di usare a sostegno dellla mia risposta a Hamza.
Il mio cuore, invece, era infuriatissimo e mi supplicava di riaprire la porta, scendere di corsa le scale, raggiungerlo e urlargli "Si. Si. Si. Si. Esco con te. Domani. Dopodomani. E quello dopo ancora. Perché ti amo."
Io, però, il cuore lo avevo ascoltato già abbastanza, e per il principio della democrazia, dovevo dare voce anche al mio cervello.
Sapevo benissimo quanto fosse orgoglioso, o comunque lo supponevo, quindi ero sicura che qualsiasi rapporto tra noi si potesse dire concluso dopo quel mio "no". Una vicina dentro di me, però, mi comunicò che infondo speravo ci fosse una seconda volta, ma la soffocai in fretta.
Mi guardai attorno e l'unica cosa in cui trovai conforto in quel momento fu la teglia di lasagne che avevo posato sul tavolo.
Mi sedetti e feci per mangiare, quando suonò il telefono.
Solo in quel momento mi tornò in mente che Issam non aveva ancora risposto.
Erano passati oramai tre giorni e io me ne ero completamente dimenticata. Pensavo di cavarmela così facilmente, senza una risposta piena di insulti.
Presi il telefono ed era effettivamente un messaggio di Issam.

"Certo che sei proprio una testa di cazzo. Ma ok. Ciao."

Wow.
Breve diretto e conciso.
Ci sta dai, mi aspettavo di peggio. Pensavo mi bruciasse la casa o riempisse la mia strada di fili trasparenti così da cadere ogni 3x2.

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