"Che dici starai ancora lì per molto"
Ero al mio solito angolino a spiare la stanza di mia sorella, quando una voce maschile mi interruppe. Una voce conoscevo benissimo. Era Hamza.
"Mi hai spaventata.." dissi seccata, e mi rigirai a guardare mia sorella.
"Scusa milady"
Non risposi e non mi girai neanche, perché volevo fargli credere non lo calcolassi.
Ad un certo punto scortai un mio riflesso di una finestrella di vestro e vidi una ragazza felice e sorridente.
Mi portai la mano alla bocca, quasi incredula di star sorridendo in quel modo. Era grazie a lui, ne ero convinta.
Nel frattempo non lo sentivo più, sapevo fosse ancora dietro di me perché vedevo la sua ombra, ma non parlava. Era semplicemente lì fermo.
Il mio flusso di pensieri venne interrotto da un caos circostante. Era partito un suono assordante e tutti avevano cominciato a correre.
"Permesso signorina" mi urlò un'infermiera trascinando un cartello.
Per un po' rimasi solo lì impalata, incosciente di ciò che stesse accadendo.
Ad un certo punto, Hamza cominciò a scuotermi e mi ripresi dal mio stato di trance.
Era mia sorella. L'allarme era di mia sorella. Stavano entrando in camera sua.
Corsi quel tratto di corridoio che mi separava dalla sua stanza e mi sembrò infinito.
Ero sulla porta della stanza, quando vidi una donna premerle il petto ritmicamente. C'era una confusione in quella camera, o forse era solo nella mia vita.
"Dovete uscire tutti fuori" urlò una signora trascinando vicino a mia sorella il carrellino di prima.
"Signorina deve uscire" mi disse un infermiera, prendendomi da un braccio. Ero confusa, sembrava stesse andando tutto a rilento. Non capivo. Perché dovevo uscire? Era mia sorella. Perché non la aiutava anziché parlare con me.
"No.. No.. Lei.. Lei è mia sorella. Io posso stare.. Sono.. Sono un famigliare. Posso stare. Si.." non riuscivo a parlare. Non riuscivo a formulare una frase di senso compiuto. Cominciarono a riaffiorare nella mia mente le immagini della notte in cui era morto mio fratello. Non volevo. Non dovevo perdere qualcun'altro.
Hamza si mise davanti a me, mi prese la faccia tra le mani, si piegò leggermente all'altezza del mio viso, e, con un tono dolce che non gli avevo mai sentito usare mi disse "Dobbiamo andare a sederci adesso. Non ci allontaniamo okay? Ci sediamo solo là". Con gli occhi seguii il suo dito che indicavano delle sedie di fronte alla stanza di Omaima.
Mi sembrava una buona idea, ma tanto non ragionavo. Mi fecii semplicemente trascinare dalle sue braccia.
Ci sedemmo vicini, e lui mi fece passare la mano dietro le spalle e mi tirò a sé.
Per un po' rimasi in silenzio, poi mano mano che mi rendevo conto dellla situazione cominciai a piangere.
Lui mi mise una mano sotto al mento e mi alzò la testa verso di lui. Mi guardò negli occhi per un po'.
Allungò la mano e mi pulì le lacrime. " Andrà tutto bene" mi disse con un tono di sicurezza tale che per un po' nei fui davvero convinta anche io.
Sentii di non potermi tenere dentro quello che pensavo e che mi stava distruggendo, allora, non so perché, ma mi rivolsi di nuovo a lui.
"Io... Io ho paura. Ho tanta paura. Sono venuta qua tutti i giorni da quando lei è qui. Ero sempre lì, dietro quell'angolo. Sono rimasta lì tutto il giorno tutti i giorni, ma lei questo non lo sa. Non voglio che se ne vada pensando che sua sorella non sia venuta a trovarla. Non voglio che se ne vada perché ha ancora così tante cose da fare nella vita. Lei deve vivere. Io ho bisogno viva. Mamma ha bisogno viva. Mio fratello ha bisogno viva. Lei ha bisogno di vivere. Non può morire. Non così. Non nello stesso ospedale di mio fratello. Non in questo modo. Voglio mia sorella. Vorrei fosse stato un sogno, vorrei chiudere e aprire gli occhi e ritrovarmi a tavola con mamma, Jawad, Omaima e Imad, insieme e felici. Dimmi che posso farlo. Ti prego. Ti supplico Hamza. Io non posso. Non riesco a superare anche questo..."
Le mie emozioni e i miei pensieri uscivano come un fiume. Sentivo di dovermi sfogare con qualcuno e lui era lì.
"... Io ho bisogno di un miracolo, ho bisogno di Allah. Tii preg.."
"Signorina sua sorella è sveglia, vuole vederla". Inizialmente quella frase si confuse con gli altri rumori circostanti. Poi elaborai e mi resi conto. Corsi da mia sorella.
Mi catapultai in camera e le saltai praticamente addosso.
" Sono felice tu sia viva" borbottai mentre i suoi capelli mi entravano praticamente in bocca.
"Ci voleva questo perché abbandonassi il tuo angolo e ti facessi vedere? "
"Cosa? Quale angolo?"
"Smettila Nadia", si interruppe per fare una risatina, quasi, anzi direi malefica, " le infermiere sono mie amiche".
"Da quando lo sai?" dissi con fare colpevole.
"Dal primo giorno hmara" mi confessò lei roteando gli occhi.
Fui davvero felice stesse bene e, anche, che sapesse fossi sempre stata al suo fianco.
"Ehm.. Cosa mi sono persa?" mi chiese lei indicando con gli occhi Hamza, che era rimasto sulla soglia della porta
"Su cos.. Ah.. Ma niente. Figurati" le feci uno sguardo accusatorio, come fosse stato un insulto alludere a una possibile relazione. Lei aveva sempre scherzato su una possibile coppia Hamza-Nadia, diceva che 'ci stava" troppo, e che lui fosse un ragazzo davvero carino.
"Ragazzi, ora dovete uscire però. Deve riposare. Tornate domani" un'infermiera aveva appena fatto capolino nella stanza e, per grazia divina, mi aveva salvata da altre domande di mia sorella.
Uscimmo dalla stanza e ci dirigemmo verso l'uscita dall'ospedale.
"Hai pranzato?" mi chiese Hamza uscendo.
"No, ma non ho fame" risposi io fredda.
Lui si fermo, si guardo un po' le scarpe, poi alzò la testa verso di me.
"Bhe hai voglia di fare qualcosa? O vuoi tornare a casa?"
Inizialmente, la risposta a quella domanda mi parve quasi palese. Ovviamente, avrei detto di voler andare a casa, nonostante volessi stare con lui. Allora in quel momento cominciai a chiedermi quali fossero le mie reali ragioni per avercela con lui.
Insomma davo più peso alle cose negative, che comunque non sono dipese da lui, come trasferirsi, che alle cose positive. Io ero felice quando stavo con lui. Mi sentivo a mio agio, sentivo di potermi confidare. In quell'istante, guardandolo che era lì ad aspettare una mia risposta, capii cos'era il vero amore. Bhe constatai che il vero amore non era un "Ti amo" detto dopo due mesi, non era un anello da fidanzamento. L'amore non era una proposta di 'fidanzamento'. L'amore non era mille rivelazioni e mille parole dolci. L'amore era l'abbraccio in garage alla morte di mio fratello. L'amore era l'abbraccio all'angolo al ricovero di mia sorella. L'amore era quel "supererai anche questo". L'amore era quel " Andrà tutto bene". L'amore era silenzioso. L'amore, il vero amore, non aveva bisogno di essere detto, l'amore non era un parola. L'amore, per me, era una persona. Ed era davanti a me.
"Sono tutta tua. Facciamo quello che vuoi" risposi.
Ci incamminammo. Non sapevo dove stessimo andando, ma non mi importava.
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Segnali Da Un Mondo Nascosto
RomanceHo sempre letto tantissimi libri. Ho letto di persone di fantasia. Ho letto di persone realmente esistite. Ho letto gialli, romanzi rosa, fantasy, biografie. Ho letto tanto, ma non ho mai potuto immedesimarmi. Mi mancava qualcuno che raccontasse qua...