Il tempo, di solito, corre. Corre, scappa e scivola via per non lasciarsi prendere. In quel momento, invece, il tempo sembrava essersi fermato, come se un uomo grande e cattivo avesse premuto il tasto pausa, semplicemente per vederla lì, immobile avanti ad un marciapiede gremito di persone.
Eryn teneva le braccia lungo il corpo ghiacciato, mentre le persone che le stavano davanti continuavano a parlare, a sussurrare cose incomprensibili alle sue orecchie. Il mondo attorno a lei si era fermato ed Eryn si domandava perché il giorno prima era stata così sconsiderata. Non avrebbe mai dovuto andare fino a lì. Non avrebbe dovuto farlo nemmeno quella mattina.
La polizia andava avanti e indietro, facendo domande a destra e a manca per capire chi avesse visto qualcosa. Ovviamente le risposte si limitavano a monosillabi, detti a bocca appena socchiusa e a voce bassa. Nessuno avrebbe mai parlato perché farlo significava mettere in pericolo la propria vita e rischiare di fare la stessa fine di quella povera ragazza.
Eryn avrebbe voluto muoversi, camminare tra la gente e raccogliere le poche notizie che poteva apprendere, ma il sangue le si era gelato nelle vene, impedendole di compiere qualsiasi movimento. Il freddo di quella mattina le stava attraversando i vestiti e la pelle, raggelandole i muscoli e le ossa. I suoi occhi verdi erano fissi nel vuoto, mentre l'immagine della ragazza insanguinata, stesa sul marciapiede innevato di quel quartiere di Chicago, le si era impressa nella mente. I capelli biondo cenere le incorniciavano il bel viso, invadendo una buona parte del marciapiede. Una bellezza congelata, che sarebbe rimasta intatta in eterno.
La posizione in cui si trovava il suo corpo era innaturale e, automaticamente, il suo sguardo si spostò verso l'alto, osservando il grande palazzo di mattoni che si innalzava proprio lì, di fronte a lei. L'avevano spinta giù ma, a quanto pareva, non era stato l'impatto con il suolo ad ucciderla. La sua mente era lontana, ma le sue orecchie, adesso, stavano apprendendo delle notizie che avrebbe, però, voluto ignorare.Un poliziotto, poco più lontano da lei, stava parlando con un collega. -L'hanno stuprata e strangolata.- disse con voce sommessa e scuotendo la testa. -Poi l'hanno buttata giù dal tetto.-
Eryn si strinse nel suo cappotto, cercando del calore che non avrebbe trovato. Sentiva le tempie pulsare e la testa girare, così fece per allontanarsi dalla scena del crimine, ma una figura fin troppo familiare, le andò incontro.
Camminata fluente, sguardo pregnante e giacca di pelle. -Perché sei qui?- fu la prima cosa che le domandò quando le fu abbastanza vicino.
Eryn guardò Zayn con i suoi occhi verdi spaventati, senza dargli una risposta. Era sconvolta. Zayn la guardò confuso per qualche secondo, poi qualcosa attraversò i suoi occhi ambra. Strinse le braccia della rossa e l'accompagnò lontano da quel posto, lontano dai sussurri e dall'odore del sangue.
-Eryn, cosa è successo?- Zayn parlò lentamente, guardando una Eryn visibilmente scioccata che si stringeva nel suo cappotto color crema. Sembrava una bambina e avrebbe tanto voluto abbracciarla, stringerla al suo petto e darle quel calore che sembrava cercare disperatamente. -Ho bisogno che tu mi dica cosa hai visto.- continuò a sussurrarle poiché lei non rispondeva.
-Non ho visto nulla.- ed era la verità, ma Zayn non ne era convinto.
-Eryn, ti prego devi...- ma la rossa lo interruppe, inchiodando il suo sguardo a quello del ragazzo. -Sono arrivata quando la polizia era già qui.- affermò. -È colpa mia.- ammise, tirando su con il naso e stringendosi nelle braccia. Scosse più volte la testa. -Sono venuta qui, ho fatto domande che non avrei dovuto fare, mi sono impicciata troppo e una ragazza è morta.- il solo pensiero che quella povera ragazza giaceva, ancora, sull'asfalto la faceva rabbrividire.
Zayn poggiò la sua grande mano sul braccio della rossa, stringendolo e guardandola con i suoi grandi occhi color ambra. -Non è colpa tua.- le disse e voleva che lei ci credesse davvero.