Il libro preferito

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Eravamo in cima alla collina. Sotto di noi la città si distendeva in un manto di lucine e il fiume era una lingua scura che separava di netto la città nuova da quella antica.

Più in alto, alle nostre spalle, si ergeva il castello.

Era lì che eravamo diretti ma, prima di salire, ci eravamo fermati in un piccolo spiazzo per cercare di vedere le nostre case dall'alto. La primavera era arrivata quella notte e mentre parlavo, sentivo il sapore dolciastro dei fiori fermarsi sulla mia lingua. Tutto era nitido, io mi sentivo presente e viva e i mesi precedenti, l'inverno rigido e senza luna, erano diventati  in quegl'istanti di pausa, una preparazione alla conversazione con lui, Riccardo Moliterni.

L'avevo conosciuto a lavoro qualche mese prima. Era un fotografo free-lance ed era di passaggio nel nostro ufficio per un reportage. Occhi scuri, barba incolta, il pensiero sempre altrove, sorrisi improvvisi nel volto serio, il parlare distratto.

Da quando l'avevo incrociato nei corridoi, immaginavo quello che avrei detto una volta sola con lui e, in tutte le fantasie ad occhi aperti, le mie frasi mi facevano apparire molto intelligente. Anzi io ero proprio perfetta.

Fino a quella notte, avevamo scambiato poche parole alla macchinetta del caffè. Conoscevo le abitudini del suo gatto nero che alle tre del mattino si svegliava in cerca d'amore. Sapevo che viveva in un casolare nella città antica. Aveva fatto lui tutti i lavori di ristrutturazione perché usare le mani e i materiali lo aiutavano a tenere a bada i pensieri. Sapevo anche che non riusciva a vivere senza caffè.

Lui di me sapeva che vivevo nella città nuova, che mi piacevano le giornate di nebbia e che usavo le matite fino a quando non riuscivo più a tenerle in mano, tanto erano consumate. Quando una mattina mi aveva chiesto di accompagnarlo al castello per una mostra fotografica, avevo accettato senza esitare. "Il momento è arrivato. La ruota della solitudine finalmente gira". Questo avevo pensato.

E quindi eccoci lassù, a cercare nel panorama le fila della nostra conversazione.

"Ecco, la mia casa è quella" indicò con un dito una macchia scura. La mia non si vedeva, era là, in mezzo a qualche altra casa, indistinta e buia.

Gli raccontai di come mio nonno l'aveva costruita ormai cinquant'anni prima, mattone su mattone, un po' come lui aveva fatto con la sua. Riccardo però pareva distratto, la sua attenzione andava e veniva. "Faceva lo scrittore, era anche discretamente famoso, ma poi smise di scrivere. Costruì quella casa e lì visse il resto della sua vita lavorando un piccolo orto. Non ne poteva più di parole."

Questo racconto ridestò l'attenzione di Riccardo che allora volle saperne di più. Mi pentii subito di averne parlato, mio nonno era uno scrittore mediocre. Scriveva piccoli gialli commerciali e aveva smesso di scrivere così come aveva cominciato, per indolenza. A Riccardo raccontai un'altra versione, quella in cui mio nonno figurava come un anziano Jean-Paul Sartre assalito dalla noia di vivere e tormentato dall'esistenza.

"Qual è il tuo libro preferito?"

Finalmente mi stava guardando, il suo sguardo mi indagava il volto ed ero grata alla luna che quella notte si mostrava solo per uno spicchio. Ero certa che quella sua vicinanza si sarebbe presto trasformata in un bacio. Mi stava addosso con tutto il corpo e gli era esploso in volto uno di quei sorrisi che sapevano di primavera.

La sua domanda, però, mi lasciò senza parole. Potrebbe sembrare semplice ma è tra le più insidiose. E' una di quelle domande che mira a conoscere bene la persona che si ha davanti, a studiare il grado di affinità. Pensai al libro che avevo in borsa, l'ultimo della Mazzantini, ed esclusi di poterlo citare, anche se mi stava prendendo molto. Allora provai a cercare nella memoria il libro che più mi rappresentasse. Ma niente. Mi venivano in mente titoli inconfessabili. "Le notte bianche" di Dostoevskij, "Ferie d'agosto" di Cesare Pavese, "La freccia azzurra" di Gianni Rodari. Tutti libri dell'adolescenza o dell'infanzia. Il mio cuore si accendeva ancora per Pinocchio...Eppure di libri ne avevo letti ma neanche un titolo in quel momento affiorava con naturalezza sulle mie labbra. Alla fine ne sparai uno, giusto per levarmi dall'imbarazzo di quel momento. "Il tropico del cancro" di Miller, dissi.

Lui annuì e distolse lo sguardo da me. Accese una sigaretta e poi fece un'altra domanda. "E la musica? Che tipo di musica ti piace?"

Era un incubo. Anche a questa domanda non avrei mai voluto rispondere. Frugai mentalmente nel mio I-pod, c'era il concerto per violino e orchestra di Cajkovskij, i Radiohead, i System of a down, i R.E.M., i New Trolls, Gianni Bella, John Coltrane ed Eminem, qualcosa dei Dream Theater, un pezzo degli Angra, Umbrella di Ryhanna.

"Ascolto un po' di tutto" dissi, sperando di avere un'altra occasione in seguito per mostrargli l'estrema varietà dei miei gusti musicali.

"E tu? Qual è il tuo libro preferito? Che musica ti piace?".

Lui gettò la sigaretta. "E' ora di andare". S'incamminò sull'irta salita e appena arrivati al castello si perse tra amici e conoscenti che non mi presentò. Per tutta la sera scambiammo pochissime parole.

Poi verso le 11 mi disse che lui andava perché il mattino dopo si sarebbe svegliato presto e mi salutò con due baci sulle guance. Tu resta, stai tranquilla. No, non c'è bisogno che vieni con me, ho bisogno di fare quattro passi da solo.

Aspettai dieci minuti, poi m'incamminai verso casa anch'io. Mi fermai ancora a guardare la città ormai spenta, bagnata solo dalla fioca luce dei lampioni. Chiesi scusa nella mente a mio nonno per averlo descritto come non era, feci qualche riflessione sulla verità, su quello che riusciamo a dire e quello che invece rimane intrappolato al fondo delle frasi. Poi fino a casa, cercai di rispondere alle domande che avevano fatto fallire il mio primo appuntamento. Ma ancora oggi non ci sono riuscita.

Il libro preferito non l'ho ancora letto e in questo momento sto ascoltando da YouTube un tizio che suona da solo nella sua cameretta un pezzo di Goran Bregovich con il violino. Mi piace molto ma non mi appartiene.

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⏰ Last updated: Feb 17, 2016 ⏰

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