7 Aprile 1986 11:36
Mi trovo nel mio studio e sono letteralmente sommerso da carte, marchingegni e attrezzi di cui non ho nemmeno bisogno. Sto progettando qualcosa di grandioso e sono immerso in calcoli che mi stanno portando via parecchio tempo prezioso. Einstein è fuori, sta facendo la guardia come ogni singolo giorno, e qui regna un silenzio che quasi mi distrae e mi assorda. Sento piccoli rumori, ridotti al ticchettio dell'orologio appeso al muro e ad una gocciolina d'acqua che dal rubinetto, picchia contro il lavello senza sosta e a ritmo regolare facendomi innervosire. Sto svolgendo uno dei calcoli più difficili della mattinata, quando ad un tratto sento un forte rumore e mi ritrovo disorientato, con il cuore che batte a mille per lo spavento. Le mie carte sono sparse ormai dappertutto ed esplodo dalla rabbia cercando però di contenermi e di non causare ulteriori danni.
È tornato Marty e quello sbattere della porta è l'ultimo rumore che ho sentito, perché ora c'è quasi più silenzio di prima, se non per alcuni piccoli rumori che provengono dall'altro lato del laboratorio. Così mi alzo dalla mia sedia e raccolgo alcune schede che sono cadute a terra, così raggiungo piano l'altra stanza e capisco che quei rumori erano dei singhiozzi: Marty sta piangendo e se prima tentava di farlo silenziosamente, ora che ho appoggiato una mano sulla sua spalla ha iniziato a farlo in modo isterico. Mi siedo a terra accanto a lui e circondo le sue spalle con un braccio in modo protettivo, ma subito lui si getta a capofitto tra le mie braccia e sento il suo viso caldo sul mio petto. Gli accarezzo i capelli lentamente per farlo calmare, senza riuscirci troppo bene.
《Bontà divina, Marty, cos'è successo?》
Gli domando cercando di mantenere un tono di voce basso, non sapendo sussurrare e aspetto che lui smetta di piangere per ascoltare il perché di quel suo comportamento.
《Jennifer mi ha lasciato, Doc. E sai perché? Perché sono un idiota e non mi sono ricordato dell'appuntamento》.
Non mi sarei mai aspettato di sentire qualcosa del genere, ma purtroppo è già la quarta volta che Marty mi dice di essersi scordato qualche appuntamento con la sua ragazza. Mi dispiace vederlo così, il mio migliore amico che piange come non lo avevo mai visto fare prima di ora. E proprio perché io conosco un Marty differente da quello, appoggio le mani sulle sue spalle e le stringo un po', senza fargli male e lo convinco a guardarmi dritto negli occhi. A quel punto, mentre sto per parlare, lui mi pone una domanda e mi crolla letteralmente il mondo addosso; mi alzo in piedi di scatto e mi porto le mani tra i capelli, pensando sia una cosa davvero pazza.
《Ti prego, Doc. Prestami la DeLorean. Io ci tengo a Jennifer, ci tengo davvero tanto》.
Continua ad insistere con quella voce lieve e strozzata che mi avverte: "sto per rimettermi a piangere" ed io non voglio che pianga ancora, non davanti a me.
Perdo la pazienza.
《E va bene, Marty! Però io verrò con te》.
Allarga un piccolo sorriso e scatta in piedi avvicinandosi a me; si alza sulle punte costringendomi ad abbassarmi un poco e ci scambiamo un abbraccio affettuoso mentre lui continua a ringraziarmi ed io sbuffo per l'ennesima volta.
Non c'è tempo da perdere, anche se di tempo ne abbiamo quanto vogliamo: Marty mi afferra per un braccio ed inizia a correre verso l'uscita per aprire il cancello. Nel frattempo scopro la macchina del tempo da quel telo verde e polveroso e ci butto dentro qualcosa che ci potrebbe sempre servire, come l'hover board che ci è risultato utile la maggior parte delle volte in cui abbiamo intrapreso un viaggio nel tempo.
È tutto pronto, quindi la accendo e la guido fuori dal mio laboratorio stando attento a non sfasciare nulla; chiedo al ragazzo di entrare mentre mi sbrigo a cercare dei rifiuti da usare per farla funzionare correttamente e quando tutto è in regola salgo di nuovo dalla parte del guidatore per impostare la data.
《D'accordo, Marty. 7 Aprile 1986, ore 10:30. Avrai tutto il tempo di prepararti e di andare all'appuntamento con Jennifer》.
Annuisce, gli do una pacca sulla spalla e inizio a guidare l'automobile finché non prende il volo; calcolo la distanza/tempo e spingo sull'acceleratore il più forte possibile, raggiungendo in una decina di secondi le ottantotto miglia orarie. Ed ecco che veniamo avvolti da saette di un colore biancastro e blu e ci ritroviamo dispersi in un cielo grigio soffocante. L'aria è pessima ed è tutto terribilmente strano; sentiamo dei rumori forti, assordanti ed uno di questi è il rumore di una sirena d'incendio. Cosa sta succedendo?
Stiamo ancora volando ed io cerco di darmi qualche spiegazione, perché quello non mi sembra affatto il clima che c'era poco fa a Hill Valley. Guardo il mio orologio sul polso e mentre tento di arrivare al dunque, Marty attira la mia attenzione e mi chiede di dare uno sguardo al monitor, così faccio come mi dice.
《Grande Giove!》
Esclamo guardando ad occhi sgranati davanti a me. Ora ricollego tutto quanto e mi rendo conto che se solo mi fossi ricordato di quel dettaglio, non ci saremmo cacciati in questo pasticcio. Marty mi chiede spiegazioni e dopo aver preso un respiro profondo, gli dico di osservare.
《Sono esattamente le 11:54, 7 aprile 1986. L'orario esatto in cui siamo partiti. Sai cosa vuol dire questo?》
Mi guarda con aria spaventata e da questo posso intuire che abbia capito, per cui so di non star parlando a vuoto.
《Significa che non siamo tornati indietro nel tempo, Marty, bensì siamo stati catapultati in una realtà alternativa.》
Sbatto le mani sul volante e tento in qualche modo di fare atterraggio, ma quello che vedo mi inorridisce.
《Fermo, Doc. Aspetta un attimo. Vuoi dirmi che abbiamo rotto il continuo spazio temporale ed ora la macchina del tempo è guasta?!》
Finalmente riesco a trovare un posto dove sarà difficile che qualcuno trovi la DeLorean; la parcheggio con cura e mi rivolgo un'altra volta al ragazzo seduto di fianco a me, iniziando a gesticolare con le mani come mio solito.
《Proprio così, Marty! Dannazione, mi ci vorranno mesi per ripararla e in più non sappiamo nemmeno in che tipo di realtà ci troviamo》.
Proprio in quel momento mi accorgo che Marty è sceso dalla DeLorean, per cui lo seguo richiudendo lo sportello; mi guardo attorno spaesato e non la riconosco per nulla. È davvero la nostra Hill Valley, quella? Ogni locale raso al suolo e una totale assenza di energia: nessuno è qui, sembra quasi una cittadina fantasma. Ma che cosa sta succedendo? Mi vengono i brividi e non è assolutamente per il freddo, anzi, c'è una certa afa che rischia di soffocarmi. Tutto l'ambiente ha preso un colorito grigio spento e non passa nemmeno un raggio di sole da quelle fitte nubi di fumo che si sono formate nel cielo. Getto uno sguardo più in lontananza e rimango a fissare quella che un tempo era la torre con l'orologio, ma che ora è solo un cumulo di macerie. Ho una forte fitta al petto, proprio all'altezza del cuore e sento di non aver mai provato così tanto dolore nel vedere qualcosa di a me caro, andare distrutto in quel modo.Ad un tratto qualcosa mi distrae, anzi, qualcuno.
È successo in pochi istanti: si sono sentiti dei forti spari e mi sono immediatamente gettato a terra dando per scontato che anche Marty lo abbia fatto. È durato qualche minuto e un istante dopo è tutto tornato pacifico come prima; mi alzo lentamente controllando che più nessuno abbia in piano di sparare e dopo essermi rimesso in piedi mi guardo attorno per cercare il ragazzo. Quando poi lo vedo a terra, inizio a farmi prendere dal panico e ad urlare il suo nome per accertarmi che stia bene, ma lui non mi risponde. Gli corro incontro e quando gli sono vicino noto che un rivolo di sangue scorre sul terreno scivolando dalla sua gola.
Non è possibile, non può essere vero.
Mi inginocchio distrutto accanto a lui e non perdo tempo, perché ora ne abbiamo davvero molto poco; lo avvolgo tra le mie braccia ed inizio a singhiozzare ripetendo il suo nome per tentare di tenerlo sveglio, anche se so che non servirà a nulla.
Gli accarezzo i capelli e in quel momento gli faccio capire quanto davvero io gli voglia bene.
Non se ne deve andare, ho ancora così tante avventure da vivere a spasso nel tempo e vorrei che lui fosse il mio compagno di viaggio per sempre, anche se ora ho dei forti dubbi. Mi tolgo il giaccone e glielo infilo per non fargli sentire il freddo della morte addosso, poi gli accarezzo il viso e scopro che quel ragazzo è più forte di quanto si possa immaginare.
《Marty, resta. Resta, ti prego》.
Stringe debolmente le sue piccole braccia attorno al mio collo ed io lo tengo a mia volta stretto al petto, reggendogli la testa con una mano. Mi sta per dire qualcosa, posso toccare con mano lo sforzo che sta facendo e deduco che sia immane. Lo allontano leggermente, giusto per poterlo guardare negli occhi.《È stato un piacere viaggiare con te, Doc.》
Mormora lui mentre una lacrima mi riga il viso e scende senza che io possa fermarla. Si abbandona su di me, le sue braccia non mi stringono più e i suoi occhi si chiudono in un istante, in quest'istante si chiude anche il mio mondo.
Getto un urlo straziante che si mescola al silenzio del mio migliore amico e alle sirene che scoperchiano il cielo.
《Ci rivedremo, Marty. Te lo prometto》.