Stydia

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Quasi mi ero dimenticato di quella parete color rosa nella sua stanza, che avevo raramente visto. La ragazza che amorevolmente avevo soprannominato "Ragazza Biondo Fragola" non mi ci aveva lasciato entrare molte volte. Non era solita invitare gente a casa, per quanto
ricordassi-, e sapevo molte cose sul suo conto: come prendeva il caffé, il suo colore preferito ed altre piccolezze. Eppure io ero lì, seduto comodamente sulla sedia girevole davanti la sua ordinata scrivania, a guardare il grande letto ben fatto e la parete perfettamente pitturata. I miei occhi si posarono sullo specchio davanti la scrivania. Cominciai ad esaminare il mio volto. Ero bianco cadaverico, le occhiaie circondavano i miei occhi color nocciola. L'espressione esausta. Forse sarebbe stato meglio non guardarsi. Ero diventato complicato da comprendere. Nel mio gruppo, ero stato sempre io quello sempre attivo, quello sveglio e fiducioso. Ma da un anno a questa parte era cominciato il mio notevole cambiamento -, psichico e fisico. Quasi mi sentivo un peso nei riguardi dei miei amici. Ero sempre preoccupato, quasi da non riconoscermi. Pensai di nuovo a lei. Mi avevano sempre fatto capire che ero l'unico a conprenderla, ma forse ero l'unico ad ascoltarla sempre. Ad esempio mi veniva naturale, durante il primo anno, di starle dietro, anche se venivo continuamente respinto.
Ed era strano pensare che grazie a questo maledetto sovra naturale ci siamo trovati più uniti che mai. Lei era sempre stata essenziale per me, ma anche io ero diventato essenziale per lei. Era una bella sensazione, all'inizio. Poi cominciò a rischiare la sua vita, proprio come ora. Ovvio, io avevo rischiato numerose volte di superare il confine tra vita e morte, tra umanità e pazzia totale. Ma vedere l'amore di una vita ridotto in un corpo inerme era straziante. Ed ora non l'avrei potuta guardare neanche in quelle condizioni, vista la sua fuga. Mi ero torturato otto mesi interi sul perchè lo avesse fatto, avevo seguito piste e cercato indizi, ma nulla di reale ne uscì. Non che mi fossi arreso, avevo solo esaurito le idee. La madre di Lydia mi aveva ordinato di non toccare nulla in quella stanza. Eppure avrei solo voluto buttarmi su quel letto e abbracciare le polverose coperte. La madre non aveva avuto neanche il coraggio di spolverarla. Mi alzai lentamente; ormai il mio cervello andava a rallenting, non recepiva bene. Era una tortura stare in quel modo, eppure non ero ancora riuscito a piangere davvero. Una frase da me detta mi rimbalzava per la testa
"Ma tu lo sai cosa proverei? Sarei devastato. E se tu morissi? Andrei letteralmente fuori di testa."
Queste parole le aveva pronunciate il vecchio Stiles ad una Lydia sconvolta. Lei voleva andare anche incontro alla sua stessa morte pur di salvare Jackson ed ovviamente io ero contrario. Lo ero sempre. La frase proseguiva con
"La morte non colpirebbe solo te, Lydia,ma tutti quelli che ti sono vicini." Mi sentii un egoista in quel momento, perchè pensai solo a me stesso. Ma continuai
"Tutti al tuo funerale cercando di immaginare come poter continuare una vita senza di te. E guarda la mia faccia, credi che questo fosse per colpire me?" Ricordavo tutto. Un Argent mi aveva appena picchiato.
Eppure il suicidio mi sveva sfiorato i pensiere delle volte.
Dovevo smetterla di pensare a quelle cose e concentrarmi su quello che avevo intorno. Quando ero sulle traccie della Ragazza Biondo Fragola appena scomparsa, non avevo potuto accedere a questa stanza. Magari potevo ricavarne qualcosa di utile, mi bastavano anche semplici ricordi. Ce ne erano pochi che ormai riaffioravano la mia mente.
Il mio cervello, ancora non abbastanza lucido, cercava di decidere dove andare. Vagai un pò per la sua stanza, osservando ed ammirando ogni singolo oggetto all'interno. Quandi decisi di aprire l'ampio armadio ed un'ondata di polvere mi investì. Mi coprii per un attimo il naso, poi cominciai a passare in rassegna ogni sua cosa là dentro. Abiti, cassetti con i vestiti e l'intimo, elastici, cerchetti, trucchi ben custoditi e scarpe. Era più immenso di quanto immaginassi. Toccai un vestito che ricordavo bene. Era un abito azzurro chiaro, non molto lungo. Quel giorno aveva i capelli accuratamente legati, ed il segno ancora visibie che il Darak le aveva lasciato intorno al collo. Volevo che quel giorno tornasse e ne custodivo gelosamente il ricordo.
"Vorrei tornare a quel giorno" sussurrai,  forse all'abito. Quel giorno lei mi baciò per placare il mio attacco di panico, ma la sua espressione la ricorderò per sempre. Forse era stato un errore, ma per me era stato come salire dall'inferno e vedere un angelo. Smisi di passarmi la leggera stoffa tra le dita e mi voltai. Dovevo uscire un attimo da quella stanza, ma non ne avevo il coraggio. Fui però costretto a sedermi sul letto per evitare di sentirmi male.
"È tutto okay, Stiles" mi sussurrai per convincermi, stringendo le lenzuola tra i pugni. Strizzai forte gli occhi. Capitava, delle volte, che non stessi benissimo. Quella perdita mi faceva sentire vuoto. Sentii un leggero spostamento d'aria, così mi alzai di scatto. La madre mi avrebbe cacciato. Ma non vidi nessuno. Ero solo nella dolce stanza contenente ancora un pò del suo profumo. Raggiunsi l'armadio per chiuderlo. La mia stanca mente non potè catturare tutti i dettagli, notai solo che mancava qualcosa. Ma non mi ci soffermai. Poteva essere una semplice impressione, uno scherzo della mia testa. Ma in quel momento sentii un profumo particolare. Il profumo di Lydia. Mi girai per controllare da dove venisse, ma non ne avevo idea.
Mi poggiai alla parete con la mano sugli occhi. Stavo finendo di impazzire? Dovevo andarmene da lì. Ma non potevo. Le lacrime finalmente uscivano. Era solo la seconda volta che mi succedeva, di solito avevo la mia nuova spessa armatura senza sentimenti, solo menefreghismo. Ma quel dolce profumo era un'accettata nello stomaco. Il mio viso si rigò. Sussurrai nuovamente
"Perchè" e singhiozzai. Alzai la voce
"Perchè!" In quel momento mi sentii uno psicopatico, perchè sentii una voce dire dolcemente
"Shh". Ma non era una voce qualunque, era la sua fantastica voce. Mi sentii sprofondare nell'oscurità. L'avevo immaginata più volte, ma ora era così reale... . Chiusi gli occhi bagnati e restai così un altro minuto. Mi ero deciso ad uscire, così aprii gli occhi. In quel momento mi poggiai involontariamente su uno stereo e partì della musica. Cercai di capire perché stesse lì invece che sulla mensola ancora prima di sentire la canzone. Spensi lo stereo immediatamente. Avevo dei dubbi ed avevo intenzione di riaprire l'armadio, ma poi lo riacceai e rimasi ad ascoltare la canzone, alzando lo stereo. Cosa diamine succedeva? La canzone che risuonava per la stanza era molto rappresentativa riguardo noi due. La ascoltai tutta, mi fece riflettere. Mi sarei dovuto preoccupare, ma non potevo proprio allontanarmi da quell'aggeggio appartenente a lei neanche per un secondo. La canzone terminò. Mi misi al centro della stanza, con gli occhi chiusi. Strinsi i pugni e desiderai di rivederla. Quando li riaprii la porta era spalancata. Mi ci avvinai un pò. A che gioco stava giocando la mia mente? Tutto mi fu chiaro, poi, quando dissi
"Ti voglio solo viva" e da dietro le mie spalle la sua voce mi rispose
"Solo se tu resti con me". Sobbalzai a quelle parole, terrorizzato. Non era la mia testa, era davvero lei. Rimasi pietrificato. Per otto mesi avevo pensato al nostro incontro, ed ora non avevo idea riguardo al da farsi. Mi misi ad osservarla. Abito celeste e scarpe marroni, le stesse cose del nostro primo ed unico bacio. Come aveva fatto? Lo avevo sotto gli occhi fino a poco prima. I capelli erano accuratemente legati. Sulla sua bellissima caviglia c'era una specie di cicatrice e mi spaventai al pensiero che lo avessi notato nonostante la stanchezza
"Ciao, Stiles" disse. Si sentiva che cercava di tenere la voce ferma. Vedevo nei suoi occhi quel luccichio che avevo spesso, ormai. Il suo sorriso tirato sulle labbra era più bello di quanto ricordassi. Feci un passo avanti. Ora eravamo ad un metro l'uno dall'altro.
"Dove caspita eri?" Investigai, cercando di essere almeno un pò arrabbiato.
"In giro. Dove mi sentivo e dove ero utile, immagino." La sua voce era come un vortice
"In giro come banshee o come Lydia?"
"Banshee, per lo più" Espirai ed ispirai lentamente. Non capivo quel 'Per lo più'. Mi aveva forse abbandonato?
"Stiles, mi dispiace così tanto" La voce ora tremava. In un centesimo di secondo scattai in avanti e la presi tra le mie braccia, come per dire che non l'avrei più lasciata andare. Qualunque cosa avesse fatto, non mi importava. Lei ricambiò
"Mi dispiace" sussurrò ancora con la testa sprofondata nel mio petto, con la voce spezzata. Quella scena ci era già capitata
"Shhh. Abbiamo tempo per parlare"
"Spero di si. Ti vedo stanco" prese il mio volto tra le sue mani, passando le dita sulle occhiaie. Annuii e feci quello che non avevo mai avuto il coraggio di fare in troppi anni. Avvicinai la sua vita a me e la baciai. Non più di un semplice bacio a stampo, ma aveva un significato che nessuno, a parte noi, avrebbe mai compreso pienamente. Un bacio più o meno veloce, nostalgico. La guardai e finalmente con l'animo completo, il cuore aggiustato e un sorriso vero tirato sulla labbra le sussurrai
"Bentornata a casa".

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⏰ Ultimo aggiornamento: Dec 06, 2016 ⏰

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