CAPITOLO 9

66 5 0
                                    

Il weekend mi sembrò molto confuso, come se lo stessi vivendo terribilmente ubriaca.

Sabato pomeriggio ero collassata sul divano sulle gambe di Dimitri.

-Cos'hai?- mi domandò.

-Mhm. Non lo so- sussurrai.

Aveva chiamato papà allarmato, ma l'latro aveva deciso che non avevo nulla, tutto a posto. Polso (leggermente accelerato), temperatura corporea (più alta della media di un umano ma po' più bassa di un lupo purosangue) e respiro, tutto nella norma.

Nella notte tra sabato e domenica sognai Logan che mi dava un panino avvelenato e quando mi svegliai sudata e agitata, con Dimitri di fianco a me che dormiva, mi tornò in mente quadno mi aveva detto di non mangiare nulla.

Mi sforzai di ricordare cosa avessi mangiato per stare male. Ma cosa c'entrava Logan e il suo avvertimento con un'intolleranza?

Sotto costrizione, passai domenica a bere tè verde per depurare l'organismo (da non si sa cosa e con conseguenti visite al bagno) e a stare a letto. Riuscii a convincere i maschi di portarmi almeno sul divano davanti alla tv, ero stanca delle pareti della camera, ma Dimka fu costretto a portarmi in braccio perché mi sembrava di camminare su un doppio strato di cuscini.

Mi rigirai nel letto.

-Yuki?-.

-Ame- balbettai.

La sua voce era più addormentata della mia.

-Stai bene?- sentii che si stiracchiava.

Mi girai verso di lui. -Non lo so-.

-Alziamoci- disse con un filo di voce e gli occhi chiusi.

Sorrisi e feci leva sulle mani e le ginocchia per alzarmi. Poi saltai sul suo letto e sopra di lui.

Lanciò un piccolo urlo e tentò di nascondersi sotto le coperte.

La porta della nostra camera si aprì, lasciando filtrare la luce e facendo comparire papà.

-Cuccioli. Ma che fate...?-.

Dimitri tolse lo strato protettivo di coperte e alzò la testa per guardarlo. -Sembra che Yuki stia meglio- sorrise, poi mi guardò e fece un sorriso furbo -e ora me la paga-.

Strinsi i denti e spalancai gli occhi. Maledizione.

Veloce, scesi dal letto e corsi via. Dimitri riuscì quasi a prendermi nel corridoio, mentre mi correva dietro.

Mi rifugiai in cucina, dove papà era seduto a tavola a bere caffè (un'abitudine presa e mantenuta dopo essere stati in Italia). Lo vidi alzare gli occhi al cielo e fare finta di nulla.

Fissai Dimka dall'altra parte del tavolo. Poi cominciammo a prendere una direzione e cambiarla, anticipando le mosse dell'altro e girando intorno al tavolo come idioti.

Papà mise fine al nostro gioco quando ci azzuffammo per terra e io sbattei la testa contro la sedia.

Trattenendo una risata, Dimka mi aiutò a rialzarmi. -Ti sei fatta male?-.

Mi toccai il punto dolorante e poi sbuffai. -Non sono fatta di cristallo-.

Papà sorrise.

Passai la mattinata con uno strano ronzio in testa: la botta contro la sedia oppure postumi del weekend?

Mary, all'intervallo, scese alle macchinette e tornò reggendo un pacchetto di taralli e un bicchiere di cioccolata che mi mise sul banco. Io non ero riuscita al alzarmi.

-Ecco- disse con un sorriso.

La guardai: sembrava molto preoccupata e agitata.

-Tranquilla, sto bene- la rassicurai.

Cuccioli di AlfaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora