PROLOGO

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Due giorni fa, il 30 febbraio, si è svolto il funerale di mia mamma.

Aveva solo 104 anni, quella povera donna.
Ripenso alla cerimonia, avvenuta in una chiesetta situata al termine di un vicolo buio, in una piccola e sconosciuta città di periferia.
Per questo evento avevo invitato: la zia Mariolda, sorella minore di mia madre; mia cugina di quarto grado Pirmenia; la vicina di casa Clorigona; il giardiniere Gianpierindo e il barbone che si appostava sempre sotto casa nostra, Bob.
Sfortunatamente hanno avuto tutti un impegno all'ultimo minuto e non sono potuti venire.
Perciò a occupare la navata c'eravamo solo io e Zuccherom, il mio camaleonte.
Il prete non si presentò, quindi pagai un signore che passava di lì per celebrare il funerale.
Dopo la cerimonia -dovendo seppellire mia madre- mi incamminai trascinando il sacco della spazzatura (non potendomi permettere una bara vera e propria e un becchino disposto a portarla al cimitero) contenente il suo cadavere.
Arrivai, 5 ore di cammino più tardi, a un campo disseminato di buche.
Presi il sacco e, facendomi aiutare da Zuccherom, la buttai dentro una fossa e ricoprii il tutto di terra.
Quando ebbi finito, ci infilai un ramoscello trovato lì affianco.
Restai per un attimo a guardare la "tomba", riflettendo.

Dove sarei andata a vivere ora?

Non credevo di essere abbastanza matura per riuscire a vivere da sola: non capita tutti i giorni a una ragazza di 73 anni di perdere la madre.
Decisi comunque di tornare a casa, così mi sarei potuta stendere a letto e pensarci meglio.
Il ritorno è durato un giorno e mezzo di cammino, sono appena arrivata.
Davanti a me una casetta degli attrezzi, fatta di travi traballanti e ammuffite, si erge imponente.
Faccio per aprire la porta, ma è chiusa dall'interno.
Quindi mi avvicino all'unica finestra, che si affaccia sul retro e osservo.
Ciò che sto vedendo è riluttante: un uomo con occhi piccoli e barba folta, di media statura, spalle larghe, pancia prominente e sette dita per piede, si sta pulendo i peli delle ascelle con il mio adorato spazzolino da denti.

Ho deciso: me ne vado.
E, dato che mi è appena tornato in mente che mia zia Lubizia mi ha lasciato in eredità la sua casa in campagna, concludo istintivamente che mi trasferirò là.

Cammino per qualche altro giorno al fianco di Zukky (è il soprannome del mio Camaleonte) fino a quando, finalmente, arrivo a casa di mia zia.
È una casetta di color verde marcio scolorito, con edera che si arrampica sulle pareti.

La porta mogano è aperta.
Entro.

Qualche barattolo e qualche lattina sono ancora sparsi per terra, perché dopo la morte di mia zia Lubizia nessuno è più entrato qui o si è preoccupato di ordinarla (per me obv😉).

Il fatto che la ereditassi io non era in programma: sul testamento ha fatto scrivere che l'avrebbe lasciata al suo gatto siamese di nome Tartufinocucciolino (per gli amici Tarty).
Purtroppo il giorno dopo la morte di mia zia il gatto è scappato e nessuno è più riuscito a trovarlo, e io ero la parente più vicina a lei, dato che era la sorella di mio padre.
Beh, meglio così, almeno ho un posto dove stare.

Mi butto sul letto da una piazza e mezzo con lenzuola floreali è uno strato di polvere sopra.

"Devo andare a comprare le crocchette per Zukky. Bah, lo farò domani" penso, mentre mi si accoccola sul petto.

Fisso gli occhi sul soffitto, sicura che prima che io mi rialzi sarà passato un bel po' di tempo.
E questo per due semplici motivi: 1)una dormita è ciò che mi serve, dato che non dormo da giorni e 2)la schiena mi si è momentaneamente bloccata.

Intanto, mentre la mia testa rievoca vari episodi della mia -seppur molto breve- vita, le palpebre si fanno pesanti e io cado in un sonno profondo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 20, 2016 ⏰

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