Parte senza titolo 2

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Sento suonare la sveglia.

«Cavolo, già è ora di alzarsi» brontolo cercando di prendere il cellulare sul mio comodino. Spengo la sveglia e mi concedo altri cinque minuti prima di dover lasciare il mio dolce letto.

«Erica forza alzati! Sono già le sei e quaranta!» urla mia madre dal piano di sotto.

Raccogliendo un po di energie riesco a rispondere a mia madre in un tono decisamente incomprensibile.

Ancora devo abituarmi a svegliare a questi orari del mattino; da quando mi sono diplomata ho passato le mie giornate a leggere, disegnare e guardare serie tv fino a tarda notte, insomma, relax più totale.

Decido finalmente di alzarmi e, camminando come uno zombie, scendo le scale per dirigermi in cucina.

«Finalmente sei riuscita ad alzarti, pigrona» dice mio fratello masticando a bocca aperta facendomi vedere tutto il contenuto al suo interno.

«Ma che schifo! Almeno chiudi la bocca mentre mangi!» urlo schifata.«Com'è sei già in piedi?»

«Sveglia Erica, oggi è lunedì e devo ritornare a Trigoria per gli allenamenti.»

«Giusto, devi già ripartire» rispondo mentre cerco nella dispensa qualcosada mettere sotto i denti «Quando ritornerai?»

«Pensofra due settimane, che c'è per caso già senti la mia mancanza?»

Cerco di trattenere una risata «Ma figurati»

«Dite invece mi mancherà la tua dolcezza» risponde in modo offeso incrociando le braccia al petto.

Per risposta gli faccio una linguaccia e iniziamo a ridere.

In realtà mi mancherà molto. Riusciamo a vederci ogni due settimane, e rimane a casa solo per il weekand per poi ripartire e tornare a Trigoria, dove insieme a dei suoi compagni di squadra, dividono un appartamento. Sono contenta per lui, sta realizzando il suo sogno:giocare nelle giovanili della A.S.Roma. Ha sempre avuto una passione per il calcio fin da piccolo, e la trasmessa anche a me. Mi ricordo che giocavamo sempre insieme e continuiamo a farlo tutt'ora. La cosa strana è che lui è un tifoso della Roma, mentre io sono una Laziale accanita.

Finito di mangiare corro in camera mia e mi preparo per uscire. Cerco nell'armadio qualcosa di carino da mettermi, ma alla fine opto per una canottiera grigio chiaro con dei pantaloncini jeans scuro e un giacchetto sportivo blu. Mi raccolgo i capelli in una mini treccia laterale e mi trucco mettendomi una striscia di eyeliner sulle palpebre mobili, un po di mascara e del lucidalabbra.

Scendo le scale e vedo riuniti mia madre e mio padre sulla porta insieme a Mirco.

«Buona fortuna Mirco, e fatti valere!» dice mio padre dandogli una pacca sulla spalla.

Mia madre intanto lo abbraccia. «Mi raccomando, chiama quando arrivi e non correre troppo con la macchina! »

«Si maa tranquilla, ti chiamo appena arrivo » sbuffa e si volta verso di me.

«Ehi e tu non saluti il tuo talentuoso fratellone!»

«Non vantarti troppo» gli rispondo mentre mi avvicino a lui «ricordati di ieri, che non sei riuscito a segnare neanche un goal!»

«Solo fortuna» risponde e mi solleva per abbracciarmi.

Ricambio l'abbraccio.

«Devi smetterla di alzarmi ogni volta che ci abbracciamo!» mi lamento «Mi fai sentire una nana»

«Bhe, non sei così alta in effetti» ride mettendomi a terra.

«Sei tu che sei troppo alto!» rispondo innervosita e per dispetto,mettendomi in punta di piedi, gli strofino la testa, spettinando i suoi capelli castano scuro.

«Basta voi due» ci sgrida nostra madre «o farete tardi entrambi!»

Subito smettiamo di bisticciare.

Mirco si passa la mano tra i capelli nel tentativo di sistemarli.

«Giusto Erica, oggi inizi il tuo lavoro al centro sportivo della Lazie» mi dice cercando di stuzzicarmi. Sa che odio quando la chiama così.Come risposta allora mi giro di lato e incrocio le braccia al petto.

«Dai scherzo» mi dice « e buona fortuna!»

Sento la sua mano sui capelli e me li scompiglia tutti.

«Ehi!»grido girandomi, mentre osservo Mirco allontanarsi per dirigersi alla sua macchina.

«Buona fortuna anche a te» sussurro salutandolo con la mano.

Perfetto ora devo rifarmi la treccia. Bhe, me la sono cercata in effetti.Chiudo la porta e vado davanti allo specchio per sistemarli e, dal riflesso, vedo mio padre che si avvicina.

«Erica,il mio amico Giacomo dovrebbe aspettarti all'entrata secondaria del centro» mi dice «Te lo ricordi Giacomo, no?»

«Si pà, alto, moro con gli occhiali e anche abbastanza in carne » mi lamento.

Giacomo è un carissimo amico di mio padre, è lui che mi ha offerto di lavorare come sua assistente, conoscendo la mia passione per la fotografia e per la Lazio.

«Perfetto,mi raccomando anche te, fa tutto quello che ti dice»

«Ovvio pà, non sono mica una bambina, ho quasi diciannove anni! » sbuffo.

Mio padre risponde ridacchiando sotto i baffi.

«Ma se mancano ancora cinque mesi al tuo compleanno»

«Dettagli»rispondo mettendo l'elastico alla fine della treccia.

Torno in camera mia per recuperare le ultime cose. Prendo il mio zaino nero dell'eastpak e decido di portarmi anche il mio blocco da disegni, non vado in giro quasi mai senza portarmelo appresso. Mi infilo delle superga blu e torno in salotto pronta per partire. Prendo il mio casco azzurro e le chiavi del mio motorino, una vespa tutta azzurra,intonata al casco.

«Buona fortuna, e soprattutto divertiti!»urlano i miei dalla porta mentre io sono già sul motorino e con un cenno della mano li saluto.

Non ci metto molto ad arrivare, venti minuti all'incirca.

Parcheggio,mi tolgo il casco e rimango li ferma come un palo. Sento il cuore battere a mille.

«Ecco,ci siamo».

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