"Visto? Sei riuscito da subito a sorprendermi" disse.
Mosse nuovamente le braccia e, al posto della sala, ora c'era un'scuola.
"Fu difficile mantenere il segreto, perché era molto evidente che c'era sotto qualcosa".
Detto questo, schioccò le dita, e tutto mutò finché non avemmo vicino due bambini che stavano litigando per un gioco.
" È mio! Me lo ha dato mio papà, dai!" disse quello dai capelli castano scuro.
"Non me ne importa nulla! Lo ho preso prima io ed era a terra! Dammelo!" disse l'altro, dai capelli più chiari e con gli occhi azzurri.
Ognuno dei due bambini continuò a cercare di prendere per sé il gioco, senza successo, fin quando le dita di uno non divenirono sempre più pallide...
"Ahia! Adesso vado a dirlo alla maestra!" disse il bambino.
Con un altro schiocco di dita la scena si fermò.
Mia madte riprese:"All'inizio, questo succedeva solo quando ti arrabbiavi o provavi paura; purtroppo, poi imparasti a farlo pure quando volevi, anche se questo potere continuava a sfuggire spesso dal tuo controllo".
"Mi dispiace" la abbracciai di nuovo, le lacrime che mi rigavano il viso.
"Come ho fatto ad essere così idiota? Lei aveva bisogno di me..." pensai.
"No, non ne avevo; eri tu quello. Ho sbagliato completamente, perché continuavo a cercar di non farti frequentare la scuola, né altri luoghi pubblici. Tu, per me, eri molto importante. Anche se in realtà lo eri per tutti. Anzi, lo sei ancora, perché tu dovrai, una volta per tutte, sconfiggere Rascall, Randall, Edward ed Everett."
La interruppi:"Chi sono Edward e Everett?"
"Lo scoprirai presto..." svelò sorridendomi, per poi continuare: "Ma ora continuiamo con la tua storia: è piu importante di quel che pensi."
E così schioccò di nuovo le dite e i bambini tornarono a muoversi.
"Tanto non c'arriverai!" gridò il bambino e lo congelò.
Stavolta fui io a 'mandare avanti', perché sapevo bene cosa sarebbe successo: sarebbe venuta la maestra, la quale sarebbe poi stata congelata, e così, uno alla volta, tutti i bambini.
Quando arrivarono le mamme, fu il caos: le mamme, disperate, chiamavano l'ambulanza, urlavano, picchiavano il bambino e lo sgridavano. Nessuno si chiese cosa fosse successo, né perché. Lo minacciarono, dicendogli che se lo avesse fatto un'altra volta, avrebbero chiamato la polizia.
Vedendo cosa stavo favendo, mi sorrise cupamemte e disse:"Ovviamente arrivai, come al solito, in ritardo. Quando ti trovai eri in uno stato pietoso, quasi in fin di vita. Non sapevo che fare, perché ero sicura che se ti avessi portato in un ospedale, sarebbe successo qualcosa. Ma non potevo neanche lasciarti a casa. Tuttavia, ti portai lo stesso a casa" e schioccò ancora le dita, portandoci nella mia vecchia stanza, dove, vicino a me, c'era un uomo anziano. Continuò: "Chiamai un medico privato. Ma non sapeva che fare, diceva che non c'era nulla che lui potesse fare. Così lo feci andar via e aspettai che..." scoppiò a piangere "Scusa, non sai quanto fossi sicura che non ti avrei mai più potuto abbracciare..." l'abbracciai e la tranquillizzai.Quando si fu ripresa, ripartì:"Quando tornò tuo padre, gli raccontai cos'era successo. Facemmo la più pesante litigata di tutta la nostra relazione. Alla fine se ne andò, lasciandoci da soli. Poi andai a controllare che tu stessi ancora dormendo: non volevo che nel tuo ultimo giorno di vita tu vedessi i tuoi litigare...
Ma appena fui lì dentro, vidi che c'era un ragazzino. Lo spirito di un ragazzino. Era bellissimo, portava vestiti neri ed aveva alla cintura una spada. Quando mi vide, appoggiò un dito alle labbra e andò in sala. Lì mi disse chi era e cosa ci faceva da noi: era uno di quei ragazzi che riuscì a sconfiggere l'Elmo. Non solo mi disse che ti aveva guarito, ma anche che dovevo stare attenta, perché era l'ultima volta che ci poteva aiutare. Ad un certo punto, apparve un altro ragazzo, quest'altro di circa sedici anni. Mise una spalla all'amico e gli disse che dovevano andare. Sparirono in un attimo.
Quando ti vidi, non avevi più cicatrici, né tagli né altro. Stavi benissimo.
Il giorno dopo, trovai sul tavolo una boccetta, con su scritto:'lo renderà un normale ragazzo, fino alla fine dei suoi quindici anni. Aveva ragione, diventasti un normale bambino, seppur molto riservato, e facesti amicizia con Will. Ero felicissima, però sapevo che non sarebbe durata molto. Che sarebbe ricominciato tutto, da capo." adesso eravamo in un cortile, nella mia vecchia scuola.
Torno a raccontare:"Al tuo sedicesimo compleanno, durante la notte, mi venni a svegliare, eri spaventatissimo. Il gatto non si muoveva più, ma era vivo: respirava ancora. Da quel giorno i tuoi poteri crebbero enormemente. Fortunatamente, riuscisti a domarli un po' di più, permettendomi di lasciarti andare a scuola.
Poi... be', da lì lo sai tu."
"Oh, scusami..." la abbracciai più forte che potei.
"Peter, quando tornerai indietro, sarai sull'albero. In lontananza, vedrai una casetta rossa, in mezzo ai campi. Vacci, perché lì troverai la ragazza che ti ha rubato la spada. Ci sarà pure Ryan. Ah, a proposito, tieni" apri una piccola fessura dal terreno e ne trasse fuori una collana, con appeso un dente.
"È del suo padre. Ti permetterà di entrare nel corpo del cucciolo. Però ricorda: se lo farai, vi stancherete sia tu, sia lui; così come se morirà lui morirai anche tu.
Ora va' rendimi orgogliosa, come da sempre riesci a rendermi."
"Mi mancherai" fu la sola cosa che riuscii a dire, perché poi tutto si fece sempre meno nitido.
"Anche tu, Pete".
L'ultima cosa che vidi fu il suo sorriso, un sorriso colmo d'orgoglio e di amore.
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L'inverno: Peter Howard
FantasyVi piacerebbe avere poteri... 'speciali'? Be', a Peter Howard no. Lui non ha mai chiesto di far soffrire coloro che gli stanno vicino. Lui non ha mai chiesto di saper congelare chi lui vuole. Lui non ha mai chiesto di distruggere ciò che pensava fos...