«Ti prego non abbandonarmi»

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La mattina seguente mi svegliai abbracciata a Newt.
'Chissà come ci sono finita...'
Quel pensiero mi fece sorridere e sono sicura che le mie guancie si arrossarono un po'. Newt si girò e cominciò ad aprire gli occhi dapprima con un espressione confusa poi, quando mi vide, cominciò a sorridere.
Cavolo, il suo sorriso. La cosa più bella del mondo.
Minho era poco distante da noi e ci guardava sghignazzando.
«quando avete finito di osservarvi con quelle faccie da pive, io sono pronto per andare a fare colazione»
«sempre la tua solita finezza, Minho» risposi «ci sarà mai una mattina in cui non mi sveglierai con il tuo sarcasmo?»
«Ne dubito, Kate»
La colazione era monotona.
Non so come ma noi tre ci alzavamo sempre prima di tutti.
Piano piano cominciarono ad arrivare i Velocisti, che si prepararono e appena le porte si aprirono si addentrarono nel Labirinto.
Una volta che tutti cominciarono le loro attività Newt mi portò nel boschetto e mi annunciò la nuova entusiasmante (ironicamente) attività del giorno: cuoca.
«mmmm...io non credo che Frypan mi voglia come aiuto cuoca, quindi credo che mi chiuderò nel Casolare a non fare niente»
«Ti piacerebbe, Kat. Tu oggi lavori a costo di bruciare la cucina»
«potrei esserne capace»
«se non ci provi non ne avremo mai la conferma»
«sai che potrei riempirti il tuo piatto di pepe o peggio farti digiunare»
«uh-uh ma che paura»
«guarda che io non scherzo»
«neanche io»
E con la mia linguaccia la conversazione finì.
Passai la mattinata con Frypan a tagliare pomodori finchè un urlo agghiacciante mi attirò fuori.
Quell'urlo.
Lo stesso che avevo sentito la prima mattina.
«Dolenti…» fu l'unica parola che sussurrai.
Fuori dalla cucina lo spettacolo era orrendo: i Velocisti cercavano di rientrare nella radura, mentre tutti i Radurai correvano spaventati verso il Casolare.
Il mio istinto mi diceva di tornare dentro, di andare nel Casolare, ma le mie gambe dicevano tutt'altra cosa.
Una massa informe di Radurai correva verso il Casolare e io avrei fatto lo stesso se non fosse stato per ciò che i miei occhi vedevano.
Il piccolo Chuck era incastrato in un albero e implorava, invano, aiuto.
Istintivamente mi diressi da lui per aiutarlo, ma subito un Dolente entrò nella Radura. Ormai tutti i Radurai erano 'al sicuro' nel Casolare.
Arrivai da Chuck e lo liberai il più velocemente possibile. Il poverino stava piangendo e non riusciva a dire una parola concreta.
Purtroppo i suoi singhiozzi attirarono il Dolente.
«Chuck corri più veloce che puoi verso il Casolare. Lo distraggo io.»
Chuck fece come gli avevo detto. Cominciò a correre, ma per spostare l'attenzione del Dolente da lui a me, presi il mio coltello e cercai di colpire la gamba del Dolente.
Quest'ultimo sfoderò le sue armi e cercò di colpirmi. Cercare di schivarlo fu quasi inutile. Mi colpì in pieno la spalla destra.
Sentivo in lontananza la voce di Newt che urlava.
Cercai di ignorarlo il più possibile, anche se era una cosa straziante.
Cercai di colpire di nuovo il Dolente alla gamba per farlo cadere, ma purtroppo l'unica cosa che ottenni fu di farlo vacillare un po'.
Il dolente estrasse un coltello dalla sua vasta serie di armi e mi procurò un taglio profondo alla gamba, urlai di dolore.
Era straziante. Non riuscivo più a fare un minimo movimento senza procurarmi un male atroce.
Il Dolente estrasse tre siringhe con degli aghi molto lunghi e robusti.
Non sapevo cosa fossero ma improvvisamente mi venne un'idea. Presi il mio coltello dalla parte del manico, pronto a lanciarlo. Quando il Dolente era ormai a pochi centimetri dal colpirmi, lanciai il coltello contro il legamento del braccio meccanico, ovvero quella parte che collega il braccio al corpo. Quel coltello, provocò scintille e saette e finalmente il Dolente cadde a terra, ma non prima di avermi colpito con le siringhe e di aver riversato in me tutto il loro contenuto.
Me ne accorsi quando sentì un dolore fortissimo allo stomaco: avevo le tre siringhe conficcate in profondità.
Non riuscivo a capire molto di quello che mi circondava ma riuscì a vedere Newt che si accasciava sul mio corpo e che mi parlava ma l'unica cosa che capì fu:
«Ti prego non abbandonarmi» immerso nelle sue lacrime.

||She's the last one. Ever.|| Maze runnerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora