Quel giorno pioveva, lei come sempre prese una delle sedie in cucina, la mise vicino alla finestra e ci si sedette.
Le gambe chiuse in un abbraccio, ginocchia al petto e la testa poggiata su di esse.
Lo sguardo fisso verso l'esterno.
Contemplava sempre quelle gocce che incessantemente cadevano e si disperdevano su ogni superficie che incontravano alla fine del loro percorso.
Era quello il momento più bello, dove si sentiva in pace con se stessa, dove era lei ad avere il controllo, dove la mente era libera di spaziare senza indugi.
In casa non c'era nessuno a parte lei, quel silenzio era ristoratore, quel leggero rumore dello scrosciare impetuoso della pioggia era la sua sinfonia di sottofondo.
Era libera, finalmente sola con se stessa e i suoi mille pensieri, che talmente tanto erano intersecati tra loro da non potergli dare una forma effettiva.
Le bastava pensare, dare quel libero sfogo alla sua mente di potersi esprimere senza proferir parola.
La sola cosa importante era che lei potesse liberarsi di quei pensieri, dandogli vita e lasciandoli uscire fuori solo ed esclusivamente pensando.
Lei piangeva.
Lei era viva.