Lo specchio

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    Ero di poco distante.
Avrei voluto essere molto più distante di così, ma tutto lo spazio del mondo non sarebbe servito a farmi sentire al sicuro.
    Lui ancora adagiato sul letto, quasi non volesse più alzarsi, quasi non volesse, sollevandosi, far scivolare il poco piacere che gli era ancora rimasto vivo nelle vene, come un veleno che cominciava a stemperarsi, mescolatosi al suo terribile sangue, battito dopo battito.
    Aveva gli occhi chiusi, le labbra salate dal sudore che compivano movimenti appena percettibili esalando nell'aria gli ultimi sospiri affannosi rimasti. Odiavo quando si leccava le labbra come stava facendo in quell'esatto istante.
    Cercavo di estraniarmi, immedesimandomi in qualcuno che guarda un'immagine dipinta e vi vede un uomo che giace in un letto, all'interno di una tenda in chissà quale terra lontana.
Lo guardavo, ogni volta tentavo di convincere me stessa di essere soltanto la sfortunata spettatrice di un dramma volgare, perverso e violento.
    No, io ne ero la protagonista. Ero la causa dei suoi sospiri e del suo piacere malsano, quel piacere che gli inumidiva la pelle di sudore, quel piacere che era capace di inebetirgli ancor di più lo sguardo. Un piacere che solo una donna prigioniera può dare; il piacere che una schiava minacciata di morte ogni momento riusciva a generare in un uomo che, dopo averle puntato un pugnale al collo tanto da farle sentire la gola stringersi, non riusciva a far altro che violentare lo scrigno inaccessibile di quel gioiello così prezioso e delicato che è la donna.
    Mi voltai distogliendo lo sguardo da quella fiera esposta sulle lenzuola che fino a poco prima erano il luogo del continuo movimento, e ora erano diventate un rifugio di riposo e falsa quiete.
    Si era addormentato e il respiro rauco che emetteva allo svuotarsi dei polmoni lo rendeva sempre più dissimile a un umano e sempre più simile a una creaura selvaggia, a un animale che ha rincorso la preda per metri, e l'ha catturata.
    La stanza era calda e l'aria era palpabile tanto l'umidità era concentrata, arrivava persino ad appannare leggermente lo specchio che si trovava di fronte a me.
    La superficie che aveva il potere di riflettere ogni cosa materiale, ma che non permetteva di scrutare il fondo di un animo a chi non sapeva osservare davvero, lasciava intravedere le immagini ai lati e agli angoli dove la condensa non si era addensata. Il mio volto si trovava al centro ed era una macchia indistinta e opaca color della pelle circondata da una folta massa di ricci del colore della terra scura bagnata dalla pioggia.
    La ragazza nello specchio avrebbe potuto essere chiunque:
    Non io, non tu,
    Non tu, ma io.
    Io che cercavo di intavedere il mio volto imparato a memoria per diciannove anni di vita ed ora in via di trasformazione.
    Non potevo interpretare la mia espressione riflessa, avrei potuto illudermi di essere felice almeno nell'immagine di uno specchio appannato; avrei potuto, concentrandomi meglio e passando i polpastrelli sulla pelle, riconoscere nei miei tratti somatici quelli di mia madre che non vedevo ormai da settimane.
Nessuna notizia della mia famiglia, della mia gente, del mio villaggio.
    Non riuscivo più a sopportare quella sensazione d'ignoto.
    Sollevai dunque una mano e tracciai con un dito una linea retta sulla superficie umida cancellando così ciò che mi impediva di vedere me stessa.
    In quel piccolo tracciato lineare si riflettevano i miei occhi.

    I miei occhi erano particolari, il sinistro era di un marrone scurissimo, come il fondo di un lago di notte, mentre l'altro, il destro, conteneva un'ampia esplosione di verde, a partire dalla pupilla si dilatava per quasi tutto l'iride lasciando non molto spazio alla colorazione bruna.
    Ho sempre pensato che gli occhi fossero la parte di me che più mi rappresenta:
    Io sono quell'esplosione verde al centro del marrone, quel verde che lotta per espandersi. Sono quel verde speranza che spinge contro l'oscuro. Sono quel verde che lotta per dominare, per riempire lo spazio che è suo, la sua vita.

    Sono sono schiava, lotto per la libertà, questa è la mia storia.

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