«Dovresti dirmi grazie» spezzò il silenzio della stanza di Euphemia. Lei si voltò non appena sentì il suono della sua voce.
Felix era poggiato con le spalle al muro e aveva incrociato le braccia tale che i muscoli si erano contratti e ingrossati alla pressione contro il suo petto. I capelli neri risaltavano sulla pelle chiara, il sorriso malizioso evidenziava la mascella squadrata. I suoi occhi scuri la penetravano, mettendola ancora una volta in imbarazzo.
Euphemia abbassò lo sguardo concentrandolo su Tullia che già dormiva.
«Io.. Forse..» balbettò. Si schiarì la voce e cercò il coraggio di fronteggiarlo.
«Devo ringraziarvi, siete stato buono con me» disse apaticamente guardandolo dritto negli occhi.
Felix si staccò dal muro, disincrociò le braccia e le si avvicinò.
«Pensavo mi avresti ringraziato diversamente» le sussurrò all'orecchio mentre con le dita sfiorò la sua spalla. Un brivido le percorse il corpo ed Euphemia si paralizzò. Temeva che Tullia si sarebbe svegliata e avesse visto la sua debolezza, non l'avrebbe sopportato.
«Mi accontenterò di queste tue parole» sussurrò accarezzandole il viso. I suoi occhi percorsero tutta la figura di Euphemia. Non l'aveva mai desiderata così.
Ritornò in sé ed uscì senza dire altro.
Euphemia sospirò e ringraziò gli dèi benevoli che l'avevano salvata da un'ulteriore sottomissione, da altra vergogna e da una bella manciata di sdegno. Si sdraiò sul proprio letto e chiuse gli occhi. Però i pensieri, che risuonavano contemporaneamente nella testa cercando di sovrastarsi a vicenda, non la fecero dormire.
Si chiedeva perché Felix dovesse tormentarla, in fondo non aveva fatto qualcosa che potesse offenderlo. Eppure lui da qualche mese continuava a stuzzicarla. Aspettava una reazione? Stava cercando un pretesto per ucciderla?
Forse tutte queste domande non avrebbero trovato mai risposta; forse Felix si stava soltanto divertendo. O magari era normale che venisse violata dal suo padrone.
«Tutto bene?» la voce impastata di Tullia riportò Euphemia sulla terra.
«Sì, perché?» chiese stupefatta.
«Ti rigiri da ore in quel letto!» rispose come se quella fosse stata una domanda retorica.
«Torna a dormire» le disse.
«Che c'è?» insistette.
«Non ho sonno, tu dormi» ripeté e l'altra si rigirò e si riaddormentò senza fare altre domande.La mattina seguente Euphemia si alzò presto. Infatti Lucius Manlius aveva invitato un suo caro amico conosciuto in un viaggio a Roma e quella sera avrebbe cenato nella sua casa.
Lasciò Tullia riposare, mentre lei, con Marcus, iniziò a pulire e rassettare cercando di far luccicare ogni singolo angolo della casa. Sapeva che sarebbe stata una lunga ed interminabile giornata.
Quando il sole fu abbastanza alto, la casa si animò: gente che entrava, gente che usciva, urla, litigi.
«Tullia!» la voce stridula di Clodia tuonò. Euphemia vide Tullia correre verso la stanza della sua padrona. Non sapeva con quale forza Tullia riuscisse a sopportare ogni singolo capriccio di quella vipera che si impreziosiva con oro e argento. Questi non l'avrebbero resa cordiale e socievole. Anzi, ne mostravano l'ipocrisia.
«Eccomi» riuscì a dire nonostante il fiatone.
«Devi prepararmi i capelli: voglio la stessa pettinatura che quella stupida di Letitia Cornelia portava il mese scorso per i Veneralia.» disse con una punta di invidia.
«Ma io non c'ero..» sussurrò Tullia.
«Ah, vero, sei una schiava!» esclamò guardandola con superiorità. Tullia avrebbe voluto strangolarla, ucciderla. Sarebbe stata più simpatica da morta.
«Ti dirò com'era: aveva delle trecce incrociate sulla testa e qualche ciocca che le spuntava liberamente su quella sottospecie di faccia che la mamma le ha dato» le spiegò non potendo non offendere la povera Letitia. Tullia era a conoscenza della ragione di tale odio. Esisteva, infatti, una "competizione" tra Clodia e Letitia: erano tra le più belle e ricche di Speluncae. Ma, naturalmente, ognuna voleva avere la soddisfazione di essere considerata più bella dell'altra. Una competizione inutile, uno stupido modo per passare le giornate.
Tullia si fece coraggio e iniziò ad intrecciare i capelli di Clodia. Sapeva che sarebbe voluta essere perfetta per l'arrivo di quest'uomo, ma non ne capiva la ragione, in quanto Clodia era già promessa ad un altro.
Dopo aver raccolto i capelli in due grandi trecce, seguendo le indicazioni di Clodia, Tullia riuscì a ricreare, seppur in maniera imperfetta, l'acconciatura voluta dalla sua padrona.
«Ecco, lo sapevo!» esclamò guardandosi allo specchio «A me sta meglio!»
Tullia sospirò pregando che quella giornata finisse velocemente.
Intanto, Euphemia era, come suo solito, in cucina e stava preparando il pesce per quella sera. Ancora non riusciva a spiegarsi tutto lo sfarzo che si voleva ricreare e l'entusiasmo che aleggiava in casa. Altre volte avevano preparato cene per uomini importanti, ma non si erano mai comportati così. Non capiva il perché volessero apparire perfetti ad un uomo di cui conoscevano solo il nome e le gesta. Forse era solo la sua ricchezza ad attirare tutti, era quella a muoverli e animarli.
Spezzò le foglie di lattuga e preparò i carciofi. Accese il fuoco del forno, il cui calore iniziava ad essere insopportabile. D'estate era un vero tormento cucinare.
«Ho comprato le fragole, le più dolci!» urlò Marcus entrando in cucina entusiasta di quell'acquisto.
«A che serve tutto questo cibo!?» chiese perplessa guardando le cose che l'uomo aveva da poco preso al mercato.
«Per stasera, abbiamo un ospite» le rispose perplesso poggiando la futura cena sul tavolo.
«A cosa serve tutto questo per un solo uomo!?» richiese smettendo di tagliare i gambi dei carciofi.
«Ma lui non è "un" uomo, è "l'uomo"!» le si avvicinò «È uno dei più ricchi di tutta Roma, appartiene ai Flavi! Inoltre dicono sia anche di bell'aspetto e cordiale. Lucius vuole fare affari con lui, e metterebbe in vendita anche la figlia, se necessario»
«Preferisce arricchirsi piuttosto che sapere al sicuro la figlia? Che gente!» disse allibita. Più sapeva e più non capiva. Roma sarebbe stata perduta se persone del genere avessero continuato a vivere.
Marcus alzò le spalle e andò via. Proprio mentre questi usciva, arrivò Tullia.
«Qui sono tutti pazzi!» esclamò portando le mani alla testa. Euphemia sorrise al gesto dell'amica.
«Ma è normale: sta arrivando Zeus» disse ironicamente. Euphemia riprese il proprio lavoro restando sempre più sconvolta man mano che le ore passavano e l'arrivo di quell'uomo si avvicinava.
STAI LEGGENDO
Euphemia
Historical FictionNonostante Roma fiorì durante l'impero di Augusto, la sua decadenza sociale viveva ancora tra le sue strade ed Euphemia ne fu testimone e vittima. La libertà non poteva appartenerle; non le era concesso amare, non sarebbe potuta essere felice. Trop...